mercoledì 29 aprile 2020

13) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus

Martedì 21 – Martedì 28 aprile 2020

 Martedì 21 – Sto leggendo, nella versione spagnola, un piccolo ma prezioso volume del monaco Anselm Grün, dal titolo “Noi restiamo a casa. Vivere insieme. Istruzioni per l’uso”. In esso si raccomanda, per vivere bene la quarantena, di farsi un programma di attività giornaliere, al fine di abitare il tempo, senza improvvisazioni né rigidità; di dominarlo, e non subirlo passivamente. Allora mi sono prefissato di fare dello sport, naturalmente senza eccessiva sistematicità, dote che non mi appartiene. Per cui alcune mattine, subito dopo la preghiera, faccio un po’ di cyclette, unico attrezzo della nostra “palestra” conventuale, guardando la televisione. Uno dei programmi che più seguo è “Agorà”, su Rai3. Uno degli ospiti di oggi era Mario Tozzi, noto geologo e promotore di campagne per il rispetto dell’ambiente, visto che domani si celebra la Giornata mondiale della Terra. La quarantena forzata sta facendo riposare il pianeta. Gli effetti positivi sono noti a tutti: la natura è uscita per ora dalla terapia intensiva; vi è una notevole diminuzione di ogni tipo di inquinamento, per cui l’aria è più respirabile, le acque più limpide, il cielo più terso. La domanda e la preoccupazione è: saremo capaci di un nuovo rapporto con l’ambiente dopo il coronavirus? Si tratterebbe di reimpostare i nostri stili di vita e l’economia mondiale, pena la fine della vita sulla terra. Come ci ha ricordato il Papa, è da folli pensare di stare bene in un mondo malato. Dovremmo investire nello sfruttamento sostenibile delle risorse della terra e nella difesa del pianeta, cose che creerebbero numerosi e nuovi posti di lavoro, e ci permetterebbero di continuare a vivere. Purtroppo – ed è una mia opinione personale – la maggior parte dei governanti del mondo, e forse degli uomini, mancano di lungimiranza; sono attratti più dai guadagni e successi immediati, che dalla ricerca di un bene vero e universale. Ma ormai siamo davvero a un bivio che non ammette ritardi né ritorni.
Alle 21.00 ho seguito il film-documentario “Earth”. Immagini bellissime. La natura e la vita sono meravigliose. L’uomo ha la responsabilità di custodire e salvaguardare tali meraviglie, o il potere immenso di decretarne la fine, con conseguenze funeste per lo stesso genere umano, destinato ineluttabilmente a grossissime perdite, se non addirittura alla totale scomparsa.

Mercoledì 22 – 50ª Giornata mondiale della Terra. Mi verrebbe da dire: 50 anni di tempo sprecato e occasioni perse. Ma pare che qualcosa si stia muovendo ultimamente, a opera non della generazione adulta, ma di quei ragazzi stanchi delle nostre non decisioni, che guardano alla vita che hanno ancora davanti, percepiscono la drammaticità di un precipizio sul quale la loro generazione si trova per le nostre scelte, e sentono l’urgenza ultima di un ritorno indietro o di un ponte. In questo giorno ho pensato all’impegno del Papa per il medio ambiente, attraverso la sua lettera enciclica “Laudato sii”. In essa parla della custodia del creato come impegno dato da Dio all’uomo, e della necessità di una ecologia integrale, che comprende anche quella della natura, dandole compimento. Inoltre ho voluto ascoltare qualche canzone che si riferisce a questi temi. Qui riporto “Cantico”, scritta da Eros Ramazzotti nel 1990 (30 anni fa!!); una attualizzazione del “Cantico di frate sole”, del “cantautore” umbro Francesco d’Assisi (vi inviterei ad ascoltare il Cantico di San Francesco musicato dal padre Stella). Poi, per completezza, ho ascoltato anche altre due canzoni “vintage” (come si usa dire oggi…): “Eppure il vento soffia ancora”, di Pierangelo Bertoli; e “Il vecchio e il bambino”, di Francesco Guccini. Splendide!!!

Giovedì 23 – Reazioni bipartisan alle affermazioni di Vittorio Feltri, il quale ieri sera, in una trasmissione su Rete 4, ha affermato che le critiche ai lombardi, soprattutto quelle che provengono dal sud, circa errori nella gestione dell’epidemia, sono fatte da invidiosi con il complesso di inferiorità. Lui non crede che si possa parlare di complessi di inferiorità, perché effettivamente “i meridionali in molti casi sono inferiori”. Penso che la frase si giudica da se stessa, e che non merita una risposta. Sarebbe darle una qualche importanza. Solo un paio di cose. Sono grato ai miei anni in Venezuela, che mi hanno risparmiato certi “opinionisti” (non che là non ce ne siano, e di peggiori purtroppo). Non sapevo nemmeno chi fosse Feltri, e sinceramente non è una ignoranza di cui mi pento, anzi. L’ho “scoperto” guardando il programma satirico di Crozza, l’unico su cui continuerò a sentirne parlare. Plaudo agli edicolanti napoletani, che hanno boicottato la vendita del suo giornale – ma spero anche giornalai di altre parti, nord Italia compreso –, e invito a fare altrettanto con tutte le trasmissioni dove ci sia lui come ospite (se ve ne accorgete al momento, basta semplicemente cambiare canale). Mi è piaciuto, in riferimento a questa uscita di Feltri, qualcuno che ha ripreso una citazione ironica del caro presentatore Corrado, defunto, il quale, forse a uno che lo aveva criticato, disse: “Dicono che la vecchiaia colpisce la testa o le gambe. Vedo che tu cammini perfettamente”.

Sabato 25 – Festa nazionale della liberazione. I canti più gettonati sono stati: Bella ciao e l’Inno nazionale. A me è piaciuto particolarmente un video, realizzato con nostri noti attori, sulle note di “La storia siamo noi”, di Francesco De Gregori. Si è parlato abbondantemente delle analogie tra la resistenza di quel periodo, che ha prodotto la liberazione, e i nostri giorni di lotta al coronavirus. Il presidente Mattarella ha invocato per oggi lo stesso spirito di collaborazione e generosità di quei giorni di fronte a un nemico differente, meno crudele ma più subdolo. Non sono mancate e non mancano scelte eroiche di chi decide di combattere l’epidemia in prima linea. La resistenza richiesta a tutti ha oggi un altro nome, ormai in voga: resilienza.

Domenica 26 – La giornata si è conclusa con un “botto” finale: la polemica presa di posizione della presidenza della CEI nei confronti delle decisioni del governo circa la cosiddetta fase 2, ossia una graduale ripresa delle attività dopo il periodo di quarantena. La lettera inviata al governo mi è parsa troppo “tempestiva”, per non essere già quasi preparata e per la tempesta che ha causato. In tutta sincerità, i toni di alcuni prelati e sacerdoti  sono stati eccessivi (mi riferisco alle reazioni di lunedì). Arrivare a parlare di dittatura e di attentato alla libertà di culto è una esagerazione. Non voglio dire che il governo sia esente da colpe. Si intuisce che si erano fatte delle promesse, poi non mantenute. Ma la situazione è davvero complessa. Ci si deve poi convincere che in Italia i cattolici praticanti sono una minoranza (secondo indagini statistiche, il 4-5% dei battezzati), e gli italiani paiono ora poco interessati a temi spirituali, mentre sono molto attenti a quelli economici. Insomma, aprire le chiese a celebrazioni pubbliche non è un argomento di interesse nazionale. Basti guardare i notiziari e le trasmissioni di approfondimento. E se qualche leader di partito prende posizione in favore dei vescovi, sono quasi certo che lo fa per interesse politico e per poter racimolare qualche manciata di voti. Arrivare a dire addirittura che la lettera della CEI avvicina la chiesa italiana alle posizioni della destra, porterebbe a chiedermi se per caso così non si starebbe allontanando dal Vangelo.
Da frate, non mi pare giusto non aver dato una giusta considerazione ai sacramenti come nutrimento della vita spirituale di tanti cattolici, moltissimi dei quali impegnati in prima linea. Se fosse vero, come alcuni hanno affermato, che l’apertura delle chiese è stata messa dal governo sullo stesso piano delle sale bingo, forse in quanto a similitudini nelle situazioni da gestire, nonché di collocazione del sacro nella sfera delle scelte strettamente private, non essenziali alla persona, allora non ci si deve meravigliare se la priorità la si dà al lavoro e alla produttività, non a ciò che può motivare l’animo umano in frangenti difficili. È giusto anche precisare che aprire le chiese al culto comporterà un modo del tutto nuovo di partecipare alle liturgie: distanza di sicurezza, mascherine, igiene, modalità per distribuire e ricevere la comunione in sicurezza, ecc. I sacerdoti, i cristiani sono preparati a questi cambi? Ho i miei dubbi. A volte mi sembra che si fantastichi una ripartenza senza problemi, normale, quasi uguale a come era prima. All’inizio invece prevedo difficoltà nella accettazione e gestione della nuova situazione, sia da parte del clero che dei fedeli. In ogni caso, il governo si è affrettato a dire di voler aprire un tavolo di lavoro con i vescovi, e spero con i rappresentanti di tutte le religioni. Infine oggi, martedì, il Papa ha detto la sua, richiamando alla prudenza (ricordo che è una virtù cardinale) in questa terribile pandemia, e all’obbedienza di fronte alle decisioni dei governanti. 

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