domenica 28 febbraio 2021

62 anni… ancora in pandemia

Ultimo giorno di febbraio, mese del mio compleanno. Non voglio interrompere la tradizione, iniziata alcuni anni fa, di accompagnare questa data con brevi riflessioni, nella lieta consapevolezza che sono più a uso e consumo del sottoscritto che di eventuali lettori. Come ho scritto nel titolo, siamo ancora in piena pandemia. Mi ero illuso, ci eravamo illusi
che tutto potesse finire abbastanza presto; anzi che fosse finito in estate. E invece… Ondate successive, varianti, mutazioni, bollettino diario dei dati del contagio, zone di differenti colori a seconda dell’incidenza del contagio stesso, vaccini, giornalieri ed infiniti dibattitti televisivi, decreti, ripercussioni economiche e psicologiche, discussioni politiche sulle misure da prendere. Questo il nostro “pane quotidiano” non richiesto, e di cui faremmo volentieri a meno. Nelle giornate di quest’anno, un po’ più rutinarie, con gli impegni pastorali ridotti, ho avuto modo di dedicarmi maggiormente alla lettura, anche di libri di narrativa, che persone amiche mi passano. Gli ultimi sono quelli che narrano le gesta dell’avvocato barese Guido Guerrieri, scritte da Gianrico Carofiglio.

La speranza è che almeno questa esperienza ci insegni qualcosa di buono e di utile; che se ne esca migliori sotto tutti gli aspetti, soprattutto nelle relazioni con sé stessi, gli altri e il creato. In questa direzione una pietra miliare, di inciampo per certi poteri e visioni, è la pubblicazione dell’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”.

Going home – Il brano di quest’anno è la colonna sonora del film “The local hero”, scritta dai Dire Straits, uno dei gruppi che amo di più. È solo musica. Spesso ho usato, come colonna sonora del mio compleanno, una canzone del festival di Sanremo, che si svolgeva ai primi di febbraio, mentre quest’anno è slittato a marzo. Ho scelto “Going home” soprattutto per il titolo: “Andando a casa”. Non una casa generica (“house” in inglese), ma “home”, il focolare domestico, la famiglia, un luogo dove ci si senta bene, a proprio agio con l’ambiente e le persone, dove riposare e riprendersi. Se dalla pandemia apprenderemo un nuovo modo di vivere, allora il mondo diventerà davvero quello che dovrebbe essere: casa comune. Il rischio altrimenti quello di trasformarlo in un inospitale rudere, abitato dal tutti contro tutti; o in un freddo motel, abitato dall’indifferenza di gente di passaggio, senza storia e senza amore.

Un altro motivo per cui ho scelto questo brano è perché la pandemia ha messo a nudo le nostre fragilità. Abbiamo perso il senso di onnipotenza che un falso concetto di progresso e una tecnocrazia senza etica ci stava trasmettendo. La scoperta dei “limiti” potrebbe e dovrebbe essere terapeutica per i singoli e l’umanità intera. Non ci si salva da soli. Pensare solo a sé stessi significa far affondare la barca sulla quale tutti navighiamo. A livello personale mi ha portato a confrontarmi non tanto con problemi di salute o con valori distorti, quanto con il limite dei giorni. Mi sono chiesto se e come mi preparo all’incontro definitivo con Dio; se sto andando verso casa, dando direzione, senso e pienezza ai miei giorni, o se invece vagabondo da una esperienza all’altra. Credo che San Francesco avrebbe parecchio da ridire e insegnarmi sul modo di percepirmi nella storia e di vivere gli eventi, rispetto al senso cristiano di vocazione, di provvidenza e di eternità.

26, anni speculari di 62 – Già lo scorso compleanno ho giocato a leggere al contrario gli anni compiuti. Se ci riesco, vorrei andare avanti fino al limite massimo dei 66, quando non potrò più giocare con il passato, costretto a fermarmi al presente.

26 anni allora: 1985. Da tre anni a mezzo sono a Roma, dopo due anni di postulato in Assisi e un anno di noviziato ad Osimo. Anni belli, ognuno con le sue particolarità. Roma mi ha aperto alla internazionalità; mi ha spianato gli orizzonti del mondo. A febbraio del 1985 sto dando i miei primi esami al Biblicum, dove sono arrivato con tanti timori sulle mie possibilità, rivelatisi poi del tutto infondati. In verità, tutti i compleanni durante gli studi teologici sono coincisi con il periodo degli esami di primo semestre, caratterizzati quindi da studio e piccole ansie. A volte l’esame è coinciso proprio con il giorno stesso del compleanno. Gli anni del Biblicum hanno aperto ancora di più la mia mente in tutte le direzioni (spiritualità, ecclesialità, pensiero…), e lo studio è stato meno duro di quanto paventato. Inoltre, ho potuto conoscere e vivere di più Roma, città di cui mi sono allora perdutamente innamorato. Le seguenti tre estati, per motivi di studio e grazie a delle borse per studenti, ho varcato per la prima volta i confini nazionali per periodi di otto settimane scolastiche a Malta e in Germania.

Ricordo con profonda gratitudine gli anni di formazione e quelle esperienze, così diverse tra loro e così complementari. Molto ho imparato dai fratelli, dai professori, dai formatori e dalle persone che Dio mi ha messo accanto durante quegli anni (in verità, durante tutta la mia vita). Tanto ho ricevuto anche dalle esperienze pastorali in ambienti e quartieri difficili: l’Istituto Serafico ad Assisi; la “Lega del Filo d’oro” ad Osimo; la parrocchia di “San Vincenzo de Paoli” ad Ostia lido, e quella di “San Mauro” al Laurentino 38. Insomma, tornerò a casa certamente arricchito, e non per merito mio. Ma senza fretta…

Tre Lustri



Più o meno a questa stessa ora in cui sto scrivendo, il 7 dicembre di 15 anni fa, ho messo piede in terra venezuelana, su un suolo non vergine per le mie scarpe, dando il primo passo di quella che sarebbe poi diventata una esperienza arricchente e preziosa per la mia vita, durata ben 12 anni. Ma allora non ero consapevole né della durata, che immaginavo ben più breve, né della ricchezza del dono di Dio e della nostalgia che avrebbe lasciato nel mio cuore. Tuttavia, sentivo addosso e dentro una incosciente curiosità.

Di quei primi momenti ricordo tutto, pur non avendo una buona memoria. Ricordo la zaffata di calore allo scendere dall’aereo, e che da allora mi avrebbe sempre accolto al mio arrivo a Maiquetia. La mia “imbottitura” di dollari per la Custodia, nascosti addosso a me, per paura di un eventuale furto, in un giubbotto di quelli usati dagli studenti per occultare i pizzini di aiuto per gli esami (avrei in seguito scoperto il rischio che ho corso…). Il frettoloso viaggio a Guanare, il giorno dopo. Sei ore di macchina, subito dopo pranzo, stipato in una Fiat Uno guidata da fray Orlando Gonzalez, insieme a sua madre e a un signore della parrocchia, con una valigia sotto i piedi e una sulle gambe (questa solo fino a metà percorso eheh). Con fray Orlando che, scesa l’oscurità della sera, mi erudiva sulla pericolosità di viaggiare dopo il tramonto, per i numerosi furti a mano armata e sequestri che avvenivano, soprattutto sulla strada tra Acarigua e Guanare… proprio mentre la stavamo percorrendo!!! La celebrazione dalle clarisse la mattina del 9; la colazione e la partenza per San Cristobal, insieme a fray José Antonio Cristancho, sorpreso per “l’essenzialità” dei miei bagagli (credo che si starà ancora chiedendo se non avessi perso una valigia per strada…). Il pranzo prima del ponte sul fiume Caparro, al confine tra Barinas e Tàchira, in una delle trattorie sulla strada. Ho provato per la prima volta una cachama fritta. Nel pomeriggio arrivo al seminario. È difficile da spiegare, ma mi sono sentito subito in patria e in famiglia, malgrado queste traversie.

Non sono stati anni sempre facili. Alcune esperienze sono state piuttosto dure. Eppure non riesco a sentire se non gratitudine per quei 12 anni. Sono molto addolorato per le vicissitudini vissute dalla mia amata Venezuela. In quegli anni ho assistito al declino di questo mio amato paese, sotto ogni punto di vista, grazie ad una disgraziata politica guidata solo da cieca ideologia e da avidi interessi personali. A questa si sono unite le mire profittatrici di alcuni paesi stranieri, sciacalli interessati esclusivamente alle ricchezze del paese e a una presenza strategica in America Latina, completamente disinteressati alla sorte dei venezuelani. Il Venezuela di oggi è estremamente più povero rispetto a quello di 12 anni fa, in quanto a condizione economica dei cittadini, pace sociale, sicurezza, diritti umani, lavoro, salute, libertà di opinione ed espressione, accesso al web… Depauperato anche di futuro e possibilità presenti, a causa dell’esodo di almeno tre milioni di venezuelani, soprattutto giovani, in cerca di condizioni migliori, o almeno accettabili di vita.

Grazie Venezuela, per avermi accolto e dato tanto. Grazie amici e amiche venezuelani, mondo di volti e storie, che avete arricchito il mio mondo e la mia storia. Solidale con tutti voi, in diaspora insieme a una moltitudine, in attesa di poter rimettere piede su una terra finalmente libera e recuperata, una terra che sento come un’altra patria che Dio ha pensato bene di donarmi.