sabato 9 maggio 2020

15) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 04 – Giovedì 07 maggio 2020


Lunedì 04 – Oggi è iniziata la Fase 2, vale a dire la graduale riapertura delle attività economiche e lavorative. Di fatto, malgrado gli sforzi del governo, ci attende un dopo coronavirus molto, ma molto difficile da questo punto di vista, con un terribile aumento della disoccupazione e delle povertà. Realtà che è stata messa in risalto anche nell’incontro che il vescovo ha voluto con tutti i sacerdoti di Copertino, e che costituirà una vera e propria sfida per l’impegno caritativo della Chiesa italiana, i cui meriti in questo campo sono peraltro riconosciuti da tutti. L’incontro si è tenuto di pomeriggio, nella chiesa della Santa Famiglia. Erano presenti quasi tutti i sacerdoti della forania. È stato bello ed interessante ascoltare come ciascuno, soprattutto i parroci, hanno affrontato e stanno vivendo le problematiche personali e pastorali legate alla presente situazione. Che, al di là delle sue problematicità, ci lascia degli aspetti positivi, sui quali riflettere e puntare in futuro.
A livello di vita personale e spiritualità sacerdotale: la bellezza del pregare insieme; un maggiore arricchimento relazionale, per coloro che vivono in comunità, derivato dal condividere maggiori momenti e con meno fretta; il riscoprire la celebrazione eucaristica non solo in funzione dei nostri fedeli, ma anche della nostra comunione con Dio e del cammino di santità di ciascuno. A livello di pastorale: la ricerca di una maggiore creatività ed essenzialità nella liturgia e nelle proposte di attività; il ruolo importante e imprescindibile dei laici nell’annuncio del Vangelo e nella catechesi; la comunione molto forte di tutti con il vescovo di Roma, il Papa Francesco, sviluppatasi attraverso l’assistenza alla sua celebrazione eucaristica diaria, trasmessa per televisione.

Giovedì 07 – Arriva la notizia dell’accordo tra governo e vescovi sulla riapertura delle chiese alle celebrazioni pubbliche, in particolare le messe. Mi sembra più una concessione “estorta” che una convinzione condivisa. Lo si è capito dalle non dichiarazioni o dalle espressioni dei virologi, che di sicuro avrebbero aspettato ancora a dare il permesso. Non voglio giudicare se avessero ragione o meno, visto che sta succedendo lo stesso per tante altre aperture. Le norme igieniche prescritte per le messe sono strettissime; e se pure fossero plausibili, di certo tolgono moltissimo alla spontaneità e convivialità delle celebrazioni. Però ho bisogno che mi si spieghino un paio di cose, che a mio parere contraddicono quanto gli esperti sono venuti dicendo da tempo per contrastare il diffondersi dell’epidemia.
Al sacerdote è richiesto, per distribuire la comunione, di mettere la mascherina, igienizzarsi le mani con il gel apposito, e indossare i guanti. Ora mi chiedo, e lo chiedo alla commissione scientifica che ha “partorito” siffatta conclusione: se devo mettere i guanti dopo il gel, vuol dire che questo non serve a igienizzare le mani? Se fosse così, allora perché usarlo, compreso agli ingressi della chiesa per tutti coloro che partecipano alla messa? E se disgraziatamente tocco la mano di chi viene a ricevere la comunione, allora devo buttare quei guanti, tornare a igienizzare le mani e indossare altri guanti… Non stiamo cadendo nel ridicolo?!? O almeno si sia coerenti nei messaggi che si trasmettono. Il gel serve o non serve?!? E se poi si vuol toccare il lato propriamente sacramentale, i guanti che manipolano le particole e ai quali potrebbero attaccarsi dei frammenti, come si purificano? Semplicemente si buttano, insieme a quella presenza “speciale” che verrebbe declassata a “rifiuto speciale”? È vero che Gesù è la pietra scartata dai costruttori, ma per favore non cadiamo nella mancanza di rispetto del sacro.
Inoltre, si è sempre affermato che se si osserva il distanziamento sociale, non c’è bisogno assoluto della mascherina. Allora perché pretendere entrambe le cose per chi assiste alla messa? Posso capire all’entrata e uscita, quando potrebbero incrociarsi le persone a meno della distanza prevista; ma in chiesa, dove si è obbligati a rispettare le distanze, perché stare sempre con la mascherina, quando gli stessi esperti non la indossano durante i loro briefing con la stampa? La mascherina porterebbe a eliminare i canti e a rispondere con difficoltà. Sarebbe come assistere a uno spettacolo da spettatori, mentre la messa è celebrata dall’intero popolo di Dio e presieduta dal sacerdote. La Puglia (notizia fresca appena arrivata), per non farsi mancare niente, ha aggiunto che i fedeli devono indossare mascherine e guanti di lattice. Anzi, la stessa chiesa deve loro fornirli se arrivassero sprovvisti. Trattati in questo come se fossimo un supermercato. Ma dai…
Osserveremo tutto quello che viene prescritto. Speriamo di riuscirci, anche se ho i miei dubbi. Rimango però con le mie perplessità sulle intenzioni reali del governo e sulla “bicicletta” fornitaci per pedalare.

lunedì 4 maggio 2020

14) Diario personale, dal convento, in tempo di coronavirus


Mercoledì 29 aprile – Domenica 03 maggio 2020
 
Mercoledì 29 – Alle 21, su TV2000, è andata in onda la recita del rosario dal santuario di S. Maria della Grottella, registrato però venerdì scorso. Se infatti fosse in diretta, il momento di preghiera potrebbe comportare interruzioni o spostamenti inopportuni di telecamere, che risulterebbero nocivi al clima orante che si vuole trasmettere ai telespettatori. Questa del rosario del mercoledì, da differenti santuari mariani del Paese, è una iniziativa di preghiera promossa dalla CEI per invocare da Dio, tramite l’intercessione di sua Madre, la cessazione dell’epidemia e il ritorno a quella quotidianità di vita che il virus per ora ci ha rubato. Il riscontro sul gradimento della trasmissione ha dato un esito parecchio positivo. Se una critica si può fare, è riguardo alle inquadrature, che hanno privilegiato i primi piani, trascurando di mostrare più completamente la bellezza del luogo. Primi piani che sono stati causa dell’ironia di alcuni amici sui miei nuovi occhiali, regalatimi da un ottico di Copertino, visto che era irrecuperabile la montatura di quelli “rubati” a mia sorella, dopo che lei è salita di gradazione. Le due definizioni, che mi hanno strappato un largo sorriso: il padre Kolbe del Salento e Harry Potter a 60 anni (e qui andrebbe bene una di quelle faccine con una gran risata).

Giovedì 30 – Il decreto del governo sulla fase 2 prevede, a partire dal 4 maggio, la possibilità di celebrazione delle esequie. Le indicazioni date alla CEI, per vivere questo momento in sicurezza, sono indicative di quello che sarà richiesto al momento del permesso di riapertura ai fedeli della celebrazione eucaristica. Riporto alcuni stralci. “Prima dell’accesso in chiesa dei partecipanti, sia garantita da un addetto alla sicurezza la misurazione della temperatura corporea, attraverso un termometro digitale o un termo-scanner. Questa disposizione è richiesta anche per le celebrazioni all’aperto. Venga bloccato l’accesso a chi risulti avere una temperatura corporea superiore ai 37,5°C… nel momento della distribuzione della Comunione eucaristica si evitino spostamenti. Sia il celebrante a recarsi ai posti, dove i fedeli sono disposti nel rispetto della distanza sanitaria. Il sacerdote indossi la mascherina, avendo cura di coprirsi adeguatamente naso e bocca, e mantenga a sua volta un’adeguata distanza di sicurezza. La distribuzione dell’Eucarestia avvenga dopo che il celebrante abbia curato l’igiene delle proprie mani; lo stesso abbia cura di offrire l’ostia porgendola sulle mani dei fedeli, senza venire a contatto fisico con esse.
Per quanto concerne la sanificazione, la chiesa sia igienizzata regolarmente, mediante pulizia delle superfici e degli arredi con idonei detergenti ad azione antisettica. Al termine di ogni celebrazione si dovrà favorire il ricambio dell’aria. Ove siano presenti spazi idonei, contigui alla chiesa, si prenda in considerazione la possibilità di celebrare all’aperto, con il rispetto delle distanze di sicurezza e delle altre indicazioni sopra disposte… Sia indicato anche l’obbligo di rimanere a casa in presenza di temperatura corporea oltre i 37,5°C o di altri sintomi influenzali… o vi è stato contatto con persone positive a SARS-COV-2 nei giorni precedenti”. Insomma, qualcosa di complicato, soprattutto in riferimento alle celebrazioni domenicali. Ne esce alquanto snaturato il senso di convivialità gioiosa, che invece dovrebbe caratterizzare ogni Eucaristia. Se ne stravolge abbastanza lo spirito e il senso della partecipazione dei fedeli. Forse si dovrebbe lasciare la libertà di decidere, senza il “ricatto” dell’obbligo del precetto domenicale. Non avrebbe senso partecipare con addosso ansia e angoscia. E forse sarebbe un criterio da applicare anche per i sacerdoti…

Sabato 02 maggio – Per la seconda volta il Papa, pur parlando in generale, ha detto una parola saggia sul dibattito politico italiano, richiamando le parti al dialogo e alla collaborazione, elementi indispensabili in un momento di grave crisi a tutti i livelli, come quella che stiamo attraversando. Molto opportunamente ha citato un proverbio argentino, che recita che non è saggio, anzi è da stolti, voler cambiare cavallo mentre si sta guadando un fiume in piena.

Domenica 03 – 57ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si tiene ogni anno nella domenica del Buon Pastore, di cui si parla nel capitolo 10 del vangelo di Giovanni. Al versetto 10 Gesù dice che il fine della sua missione è di donare la vita, e una vita abbondante, piena. Il tema della giornata di quest’anno è: “Datevi al meglio della vita”. Non è darsi il meglio della vita, dove al centro saremmo noi stessi; ma dedicarsi al meglio della vita, in un dinamismo centrifugo. La vita insomma è abbondante nella misura in cui sono capace di dono, di servizio. E il meglio non lo decido io in base ai miei presunti bisogni, ma lo accolgo da un Altro, da Dio, che me lo offre sapendo di rispondere così al mio bisogno più vero di pienezza.

A proposito di vita, oggi abbiamo celebrato gli 85 anni del nostro padre Giuseppe Pasquariello. La festa è stata rigorosamente ristretta alla nostra comunità; ma per fortuna siamo riusciti a prendere una torta da asporto, ed abbiamo vissuto un momento piacevole di serena fraternità.


mercoledì 29 aprile 2020

13) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus

Martedì 21 – Martedì 28 aprile 2020

 Martedì 21 – Sto leggendo, nella versione spagnola, un piccolo ma prezioso volume del monaco Anselm Grün, dal titolo “Noi restiamo a casa. Vivere insieme. Istruzioni per l’uso”. In esso si raccomanda, per vivere bene la quarantena, di farsi un programma di attività giornaliere, al fine di abitare il tempo, senza improvvisazioni né rigidità; di dominarlo, e non subirlo passivamente. Allora mi sono prefissato di fare dello sport, naturalmente senza eccessiva sistematicità, dote che non mi appartiene. Per cui alcune mattine, subito dopo la preghiera, faccio un po’ di cyclette, unico attrezzo della nostra “palestra” conventuale, guardando la televisione. Uno dei programmi che più seguo è “Agorà”, su Rai3. Uno degli ospiti di oggi era Mario Tozzi, noto geologo e promotore di campagne per il rispetto dell’ambiente, visto che domani si celebra la Giornata mondiale della Terra. La quarantena forzata sta facendo riposare il pianeta. Gli effetti positivi sono noti a tutti: la natura è uscita per ora dalla terapia intensiva; vi è una notevole diminuzione di ogni tipo di inquinamento, per cui l’aria è più respirabile, le acque più limpide, il cielo più terso. La domanda e la preoccupazione è: saremo capaci di un nuovo rapporto con l’ambiente dopo il coronavirus? Si tratterebbe di reimpostare i nostri stili di vita e l’economia mondiale, pena la fine della vita sulla terra. Come ci ha ricordato il Papa, è da folli pensare di stare bene in un mondo malato. Dovremmo investire nello sfruttamento sostenibile delle risorse della terra e nella difesa del pianeta, cose che creerebbero numerosi e nuovi posti di lavoro, e ci permetterebbero di continuare a vivere. Purtroppo – ed è una mia opinione personale – la maggior parte dei governanti del mondo, e forse degli uomini, mancano di lungimiranza; sono attratti più dai guadagni e successi immediati, che dalla ricerca di un bene vero e universale. Ma ormai siamo davvero a un bivio che non ammette ritardi né ritorni.
Alle 21.00 ho seguito il film-documentario “Earth”. Immagini bellissime. La natura e la vita sono meravigliose. L’uomo ha la responsabilità di custodire e salvaguardare tali meraviglie, o il potere immenso di decretarne la fine, con conseguenze funeste per lo stesso genere umano, destinato ineluttabilmente a grossissime perdite, se non addirittura alla totale scomparsa.

Mercoledì 22 – 50ª Giornata mondiale della Terra. Mi verrebbe da dire: 50 anni di tempo sprecato e occasioni perse. Ma pare che qualcosa si stia muovendo ultimamente, a opera non della generazione adulta, ma di quei ragazzi stanchi delle nostre non decisioni, che guardano alla vita che hanno ancora davanti, percepiscono la drammaticità di un precipizio sul quale la loro generazione si trova per le nostre scelte, e sentono l’urgenza ultima di un ritorno indietro o di un ponte. In questo giorno ho pensato all’impegno del Papa per il medio ambiente, attraverso la sua lettera enciclica “Laudato sii”. In essa parla della custodia del creato come impegno dato da Dio all’uomo, e della necessità di una ecologia integrale, che comprende anche quella della natura, dandole compimento. Inoltre ho voluto ascoltare qualche canzone che si riferisce a questi temi. Qui riporto “Cantico”, scritta da Eros Ramazzotti nel 1990 (30 anni fa!!); una attualizzazione del “Cantico di frate sole”, del “cantautore” umbro Francesco d’Assisi (vi inviterei ad ascoltare il Cantico di San Francesco musicato dal padre Stella). Poi, per completezza, ho ascoltato anche altre due canzoni “vintage” (come si usa dire oggi…): “Eppure il vento soffia ancora”, di Pierangelo Bertoli; e “Il vecchio e il bambino”, di Francesco Guccini. Splendide!!!

Giovedì 23 – Reazioni bipartisan alle affermazioni di Vittorio Feltri, il quale ieri sera, in una trasmissione su Rete 4, ha affermato che le critiche ai lombardi, soprattutto quelle che provengono dal sud, circa errori nella gestione dell’epidemia, sono fatte da invidiosi con il complesso di inferiorità. Lui non crede che si possa parlare di complessi di inferiorità, perché effettivamente “i meridionali in molti casi sono inferiori”. Penso che la frase si giudica da se stessa, e che non merita una risposta. Sarebbe darle una qualche importanza. Solo un paio di cose. Sono grato ai miei anni in Venezuela, che mi hanno risparmiato certi “opinionisti” (non che là non ce ne siano, e di peggiori purtroppo). Non sapevo nemmeno chi fosse Feltri, e sinceramente non è una ignoranza di cui mi pento, anzi. L’ho “scoperto” guardando il programma satirico di Crozza, l’unico su cui continuerò a sentirne parlare. Plaudo agli edicolanti napoletani, che hanno boicottato la vendita del suo giornale – ma spero anche giornalai di altre parti, nord Italia compreso –, e invito a fare altrettanto con tutte le trasmissioni dove ci sia lui come ospite (se ve ne accorgete al momento, basta semplicemente cambiare canale). Mi è piaciuto, in riferimento a questa uscita di Feltri, qualcuno che ha ripreso una citazione ironica del caro presentatore Corrado, defunto, il quale, forse a uno che lo aveva criticato, disse: “Dicono che la vecchiaia colpisce la testa o le gambe. Vedo che tu cammini perfettamente”.

Sabato 25 – Festa nazionale della liberazione. I canti più gettonati sono stati: Bella ciao e l’Inno nazionale. A me è piaciuto particolarmente un video, realizzato con nostri noti attori, sulle note di “La storia siamo noi”, di Francesco De Gregori. Si è parlato abbondantemente delle analogie tra la resistenza di quel periodo, che ha prodotto la liberazione, e i nostri giorni di lotta al coronavirus. Il presidente Mattarella ha invocato per oggi lo stesso spirito di collaborazione e generosità di quei giorni di fronte a un nemico differente, meno crudele ma più subdolo. Non sono mancate e non mancano scelte eroiche di chi decide di combattere l’epidemia in prima linea. La resistenza richiesta a tutti ha oggi un altro nome, ormai in voga: resilienza.

Domenica 26 – La giornata si è conclusa con un “botto” finale: la polemica presa di posizione della presidenza della CEI nei confronti delle decisioni del governo circa la cosiddetta fase 2, ossia una graduale ripresa delle attività dopo il periodo di quarantena. La lettera inviata al governo mi è parsa troppo “tempestiva”, per non essere già quasi preparata e per la tempesta che ha causato. In tutta sincerità, i toni di alcuni prelati e sacerdoti  sono stati eccessivi (mi riferisco alle reazioni di lunedì). Arrivare a parlare di dittatura e di attentato alla libertà di culto è una esagerazione. Non voglio dire che il governo sia esente da colpe. Si intuisce che si erano fatte delle promesse, poi non mantenute. Ma la situazione è davvero complessa. Ci si deve poi convincere che in Italia i cattolici praticanti sono una minoranza (secondo indagini statistiche, il 4-5% dei battezzati), e gli italiani paiono ora poco interessati a temi spirituali, mentre sono molto attenti a quelli economici. Insomma, aprire le chiese a celebrazioni pubbliche non è un argomento di interesse nazionale. Basti guardare i notiziari e le trasmissioni di approfondimento. E se qualche leader di partito prende posizione in favore dei vescovi, sono quasi certo che lo fa per interesse politico e per poter racimolare qualche manciata di voti. Arrivare a dire addirittura che la lettera della CEI avvicina la chiesa italiana alle posizioni della destra, porterebbe a chiedermi se per caso così non si starebbe allontanando dal Vangelo.
Da frate, non mi pare giusto non aver dato una giusta considerazione ai sacramenti come nutrimento della vita spirituale di tanti cattolici, moltissimi dei quali impegnati in prima linea. Se fosse vero, come alcuni hanno affermato, che l’apertura delle chiese è stata messa dal governo sullo stesso piano delle sale bingo, forse in quanto a similitudini nelle situazioni da gestire, nonché di collocazione del sacro nella sfera delle scelte strettamente private, non essenziali alla persona, allora non ci si deve meravigliare se la priorità la si dà al lavoro e alla produttività, non a ciò che può motivare l’animo umano in frangenti difficili. È giusto anche precisare che aprire le chiese al culto comporterà un modo del tutto nuovo di partecipare alle liturgie: distanza di sicurezza, mascherine, igiene, modalità per distribuire e ricevere la comunione in sicurezza, ecc. I sacerdoti, i cristiani sono preparati a questi cambi? Ho i miei dubbi. A volte mi sembra che si fantastichi una ripartenza senza problemi, normale, quasi uguale a come era prima. All’inizio invece prevedo difficoltà nella accettazione e gestione della nuova situazione, sia da parte del clero che dei fedeli. In ogni caso, il governo si è affrettato a dire di voler aprire un tavolo di lavoro con i vescovi, e spero con i rappresentanti di tutte le religioni. Infine oggi, martedì, il Papa ha detto la sua, richiamando alla prudenza (ricordo che è una virtù cardinale) in questa terribile pandemia, e all’obbedienza di fronte alle decisioni dei governanti. 

sabato 25 aprile 2020

12) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus

Lunedì 20 – Incuriosito dalla pubblicità fatta alla puntata di oggi, dove si sarebbe parlato degli attacchi al Papa da parte di correnti ultracattoliche e tradizionaliste, ho visto il programma “Report” su Rai3. Ho voluto prendermi qualche giorno prima di scrivere, per cercare di essere più caritativo e meno salace; ma è stato inutile. Purtroppo abbisogno ancora di parecchio cammino verso una conversione evangelica a livelli almeno accettabili. Cercherò di contenermi, e non usare il gergo ascoltato fin da ragazzo dai miei amici, che amo di vero cuore, perché mi hanno insegnato molto, pur non essendo, oserei dire per fortuna, soggetti da sagrestie. Sono attacchi penosi, di gente che non ascolta il Vangelo, pur magari leggendolo tutti i giorni. Secondo me gli rode il fatto che Francesco abbia un credito altissimo, e totalmente trasversale.

Gente, come Steve Bannon, che ha la spudoratezza di fare la morale al Papa, dopo che lui ha violato milioni di pagine Facebook, sia per indirizzare le elezioni statunitensi verso Trump, che per indebolire il ruolo mondiale di una Europa unita, condizionando le opinioni di voto del referendum sulla Brexit. Gente che occupa da più di un anno l’abbazia di Trisulti, presa in gestione per conto di Steve Bannon per trasformarla in una scuola politica di sovranismo. Lo scorso giugno il  sottosegretario ai Beni Culturali  aveva assicurato che l'associazione Dignitatis Humanae l’avrebbe abbandonata a breve a causa delle irregolarità nell'assegnazione. Ma sono ancora là, in attesa che il governo si pronunzi su qualcosa di evidentemente irregolare. Quali santi hanno nei palazzi alti del governo?!?... perché quelli che veneriamo nella Chiesa non appartengono alla loro corrente, collusa con il potere e certamente non a servizio dei poveri. Credo di poter affermare che essi dialogano con sé stessi e non con Dio; con i loro schemi mentali e l’affermazione di poteri forti, non con Cristo povero e crocifisso. Mi causano rigetto le loro liturgie lontane dal popolo, in nome di un “mistero” da rispettare, quando nella Bibbia il “mysterion” è il disegno di salvezza universale concepito dalla misericordia di Dio, per tutti, loro compresi!! È ridicolo il ricorso a paludamenti liturgici quasi tridentini, dimentichi che nell’ultima cena Gesù si cinse di un asciugamano, simbolo del comandamento dell’amore reciproco, e non se lo tolse più, indicandoci che il senso e la finalità di ogni celebrazione eucaristica sono la comunione e il servizio. Verso tali degenerazioni del rapporto con Dio, propri di una mentalità farisaica, Gesù usò parole di fuoco.

Queste correnti ultracattoliche e tradizionaliste affermano che il coronavirus è una punizione di Dio per le posizioni del Papa sui migranti, i divorziati risposati, l’omosessualità, la difesa dell’ambiente, il dialogo con le altre religioni. A parte il fatto che un Dio vendicativo non è quello di Gesù Cristo. Ma mi chiedo: se fosse un castigo di Dio, perché non pensare che comprenda anche il peccato di pedofilia, che queste correnti hanno sempre cercato di coprire in nome di una autonomia giuridica dei consacrati rispetto al resto del mondo? Che dire poi dell’attaccamento al potere e della gestione poco etica, anzi diabolica, di notevoli fondi di denaro da parte di uomini di chiesa collusi coi potenti di turno? Il Papa richiama continuamente al rispetto della vita. Lo ha fatto anche la notte di Pasqua, chiedendo che cessino gli aborti e la produzione di armi. O forse che ci sono differenze tra l’eliminare una vita nel seno di sua madre, e sterminare civili innocenti attraverso guerre generate e armate dai paesi occidentali, per lo sfruttamento delle risorse di quelli del cosiddetto terzo mondo. O permettere la morte di milioni di esseri umani per mancanza di cibo e medicine, a causa di una ignobile sperequazione dei beni della terra? E del saccheggio delle risorse della terra da parte di multinazionali, con eventuale sterminio di intere tribù indigene o sfruttamento della forza lavoro locale, ne vogliamo parlare? So che qualcuno potrebbe dirmi che sono i soliti discorsi di sinistra. Lo dicono anche di Papa Francesco. Etichettare è la strategia, l’espediente più usato da parte di chi non ha argomenti.

La trasmissione ha avuto anche momenti comico-ridicoli. Ne rendo conto di alcuni, non con le parole esatte, ma con la chiarezza dei concetti espressi. Come quando un “autorevole” personaggio ha affermato che mai nella storia della Chiesa c’è stato un Papa così eretico da chiamare “madre” la terra, e che tanto male ha fatto alla causa del vangelo. Mi chiedo sinceramente se conosce la storia o se ha voluto manipolare la verità a suo vantaggio. Forse entrambe le cose. O quando un arrabbiato rappresentante di Ordine Nuovo ha preteso la celebrazione pubblica della Pasqua, criticando così i vescovi che hanno aderito alle direttive del governo sul controllo dell’epidemia. Nutro seri dubbi sulla sua partecipazione alla messa domenicale o a quella di Pasqua. Mi chiedo da quanti anni non frequenta una chiesa e non si mette in dialogo sincero con Gesù. Forse capirebbe che di “nuovo” non ci dovrebbe essere il suo concetto di “ordine”, ma il suo cuore. L’uomo reso nuovo dal Vangelo rigetta ogni forma di violenza fisica e verbale, che invece caratterizza quasi sempre le parole e le azioni del suo movimento. Infine (ma a rivedere la puntata magari se ne scoprono di altri…), il gesto “profetico” di uno dei membri più autorevoli di questa corrente anti Francesco, il quale ha gettato nel Tevere immagini della Pacha Mama (= la Madre Terra, per popoli indigeni dell’America Latina), la cui presenza di una statuina in San Pietro, durante la preghiera ecumenica di tutte le religioni, avrebbe provocato il castigo di Dio e il diffondersi dell’epidemia. Salvo poi, dopo qualche giorno, ammalarsi lui stesso di coronavirus (gli auguriamo di riprendersi presto, se stesse ancora male).

Di fronte a queste accuse, dovrei pensare di aver sbagliato tutto nella mia vita (chiaro, fatti salvi gli errori dovuti alla mia umanità e durezza nel convertirmi), visto che mi sono messo alla sequela di Cristo, alla scuola di un altro Francesco, quello di Assisi. Il quale, nella sua preghiera forse più bella e sentita, loda Dio per la nostra “sorella madre terra”, esattamente come ha fatto il Papa attuale. Quel San Francesco che ha riformato la Chiesa del suo tempo scegliendo la via della povertà e umiltà, mettendosi dalla parte dei poveri e al loro servizio, esattamente come Francesco Papa e, udite udite, Dio stesso!! Certo, senza discriminare, ma identificandosi soprattutto con loro. Egli, che partecipa alle crociate senza armi e, in nome di Dio (quello vero), cerca il dialogo con il sultano; che, a dispetto di sovranismi e razzismi vari, usava dire che il frate è un fratello universale, ed ha il mondo per chiostro. Il “volgare” (naturalmente nel senso di “popolano”) Francesco di Assisi, il quale celebrava nel latino ufficiale della liturgia della Chiesa dei suoi tempi; ma, in privato, quando ricercava l’intimità con Dio, si esprimeva in “volgare”, cioè nel suo dialetto, nella lingua appresa da piccolo, a uso della quotidianità delle relazioni umane e del commercio, ma anche per esprimere i sentimenti più sinceri e le profondità del cuore.

Termino con una richiesta di perdono, una preghiera e una frase di frére Alois di Taizé. Il perdono, perché non sono riuscito ad essere più fraterno nella correzione. La preghiera mi è venuta in mente scrivendo queste riflessioni. La definirei una “giaculatoria popolana”, forse propria dei muratori, o inventata da uno di loro, ascoltata da mia nonna paterna, la carissima Maria Falón: “cofn ius e cofn sus, e Gesù Crist lu prezius”. Non è splendida?!? Il dialetto a servizio della lode a Dio, coniugando fede e lavoro di tutti i giorni. La frase-riflessione che credo riassuma bene l’atteggiamento di Papa Francesco in mezzo a tutte queste battaglie e contrarietà: “I rovi che attraversano la nostra strada alimentano un fuoco che rischiara il cammino”.

11) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 13 – Domenica 19 aprile 2020

Credo che all’inizio della quarantena per coronavirus tutti nutrivamo aspettative di una certa rinascita a partire da Pasqua. Il governo, saggiamente, ha rimandato al 4 maggio la possibilità di una maggiore apertura, facendo però capire che il virus non sparirà e che il ritorno a una vita “normale” non potrà che essere realizzato con cautela, rispettando ancora le norme di sicurezza che ci hanno fatto compagnia durante tutto questo periodo. È pur vero che abbiamo fatto una certa abitudine alla vita in casa, ma ci manca la possibilità di scegliere di uscire. Siamo attenti al distanziamento sociale, con il quale pare che dovremo imparare a convivere per un bel po’ del nostro prossimo futuro, ma sentiamo nostalgia degli abbracci e della vicinanza fisica, che tanto fanno bene al nostro umore e al cuore. Tra poco riprenderemo le liturgie pubbliche in chiesa; ma anche queste certamente risentiranno di norme tendenti al contenimento del contagio. Saremo forse costretti, per la salute fisica dei nostri fedeli, a limitare il numero dei partecipanti alle liturgie, magari moltiplicando le stesse. Insomma, un nuovo modo di vivere le liturgie e la vita ecclesiale. Speriamo che la novità non sia solo formale, e che porti a un modo rinnovato di vivere il rapporto con Dio, con i fratelli e con il mondo, basando sul Vangelo il nostro essere cristiani e la testimonianza missionaria.

Politica - I numeri del contagio e dei ricoverati di questa settimana fanno ben sperare nella lotta al virus, benché il conteggio delle vittime continui ad essere piuttosto alto. Si parla ormai apertamente della fase due e della graduale riapertura delle attività lavorative. Mi sarei aspettato una maggiore responsabilità da parte di tutte le forze politiche, di coesione di fronte a una emergenza come questa, che si gioca sulla pelle e le tasche dei cittadini, soprattutto, e come sempre, i più indifesi e vulnerabili. Tuttavia, la sensazione è che gli interessi di partito prevalgano sul buon senso e lo spirito di collaborazione. Una ulteriore occasione persa da parte della politica di essere al servizio del bene dei cittadini e di non fare il solito teatrino, dove chi ci rimette non sono generalmente coloro che stanno sul palco. Mi rendo conto che la situazione è difficilissima; ma proprio per questo sarebbero state opportune reazioni fatte col cervello piuttosto che di pancia. Invece si è continuato a litigare su tutto, a fare e creare confusione. Incluso sulla possibilità di far ripartire il campionato di calcio. Tutti gli altri sport hanno dichiarato la chiusura; il calcio ancora no. Dicono che ci sono forti interessi economici in ballo. Ma la vita delle persone varrà più del denaro? Giudicando le politiche economiche mondiali precedenti al coronavirus, sembrerebbe proprio di no. Le persone sono solo funzionali al mercato. È la società dello “scarto”, spesso denunciata da Papa Francesco. Di fronte a tutto questo, quale potrebbe e dovrebbe essere il sentimento di un cittadino comune?!?

Martedì 14 – Il martedì dopo Pasqua si celebra la festa della Grottella, con grande concorso di popolo verso il santuario, sia per una scampagnata, che per una preghiera personale alla Madonna, o per partecipare a una delle numerose SS. Messe che si celebrano. Questo fino all’anno scorso… Vista l’impossibilità di poter vivere la festa con le modalità tradizionali, abbiamo pensato di celebrare ugualmente una S. Messa dal santuario, rispettando le norme del governo sul tema, e di trasmetterla in streaming. Il riscontro in termini di gradimento ha superato le aspettative. Non potendo andare tutti i frati, abbiamo concelebrato io, fra Donato, don Adriano (parroco della zona, che si è incaricato dell’animazione canora) e don Emanuele. Oltre la presenza di due laici: uno per le letture e uno per la ripresa. Personalmente ho vissuto un momento davvero bello e intenso. Ho “sentito” la chiesa piena di tanti, ma tanti fedeli.

Venerdì 17 – Non sono superstizioso, non lo sono mai stato. Ma oggi il mio computer ha deciso di smettere di funzionare. In un periodo come l’attuale non è facile farne a meno. Tuttavia, mi sono concesso di staccare un po’ la spina dallo scrivere o leggere notizie o vedere trasmissioni e film. Ne ho approfittato per riposare, soprattutto dallo scrivere, dando spazio alla mia nota pigrizia a riguardo. Avrete capito che oggi me lo hanno restituito, e non ho più scuse. Il dubbio è se magari non abbiate approfittato per riposare anche voi… da me…

Sabato 18 – Alle 10.30 il vescovo mi convoca al santuario della Grottella per un sopralluogo in vista di un eventuale rosario da trasmettere su TV2000. Metto la tonaca per essere più credibile qualora mi fermassero per un controllo, e parto. Dopo nemmeno 300 mt mi ferma una vigilessa e le spiego perché sono in macchina. Facendo il suo dovere, mi chiede formalmente patente e libretto, mostrando un certo scetticismo sulle mie reali intenzioni o sulla opportunità di questa mia uscita. Temo che possa multarmi. Alla fine però mi compila l’autocertificazione, della quale ero sprovvisto, entrando anche lei in difficoltà sulla motivazione da apporre. Concordiamo che mi sto muovendo per motivi di lavoro. E in effetti è così.
Al pomeriggio finisco di leggere “I promessi sposi”. Ho goduto della lettura, anche se avrei accorciato alcune pagine di ambientazione storica. Incredibili poi le numerose analogie con quello che stiamo vivendo oggigiorno in riferimento all’epidemia da coronavirus, e addirittura ai luoghi più colpiti. Nel romanzo tutto si risolve quasi magicamente dopo una abbondante pioggia. Per noi non sarà così, anche se lo desidereremmo di vero cuore e con tutto noi stessi.

giovedì 16 aprile 2020

10) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 06 - Domenica 12 aprile 2020

La tanto attesa, e per certi versi temuta, Settimana Santa. Attesa, perché siamo venuti preparandola fin dagli inizi della epidemia, cercando strategie e significati per viverla il più cristianamente possibile. Si è insistito molto su un vissuto che privilegiasse l’aspetto più intimo e profondo della festa per eccellenza di noi cristiani; ma credo che, in fondo, tutti speravamo di poter celebrare una Settimana Santa “pubblica”; anche se a ranghi ridotti e con tutte le accortezze necessarie. Temuta, per il disorientamento emotivo di fronte a banchi vuoti, pur se con la mente piena di visi e storie, e il cuore traboccante di situazioni e preghiere.

Lutti – La mia settimana è stata accompagnata dalla morte di persone care: Mariagrazia P., all’inizio; la “abuela” Cruz, giovedì santo; zia Enza, sabato santo.
Foto del III Liceo.
Mariagrazia è la ragazza al centro in 2ª fila

Mariagrazia è stata mia compagna di liceo. So che stava male, che aveva problemi di respirazione, e dipendeva dalle bombole di ossigeno. Da tempo non usciva di casa. Le chiedo perdono per non aver avuto l’accortezza di andare a trovarla. Non immaginavo che stesse tanto male. Di lei ricordo il largo sorriso. Aveva i suoi momenti, ma ciò che mi viene in mente pensando a lei è appunto il suo sorriso. È forse stata una delle persone che maggiormente ha manifestato gioia nel rivedermi in classe, dopo la parentesi del V ginnasio a Conversano. Spesso si tornava insieme da scuola, con suo cugino Angelo, e altri che abitavano nella parte bassa del paese. Fino a “u mur u russ”, dove noi due deviavamo verso il municipio, lei per fermarsi al Carmine, io per proseguire a Santronzie. Delle carissime amiche avute al liceo, Mariagrazia è stata forse quella che ho frequentato di più, andando ogni tanto a casa sua per i compiti, e per ripetizioni di matematica con sua madre, durante i periodi di occupazione dell’istituto scolastico, o in attesa del professore di ruolo, che normalmente tardava ad arrivare. Mi fa male pensare che non ci sei più. Mi addolora non averti potuto salutare.

Cruz è stata la mia “abuela” (nonna) de La Culata, zona pastorale da me assistita durante i due bellissimi anni a Pueblo Llano. Viveva con la figlia Maribela, sagrestana, in una casa poco più in alto della cappella. Casa modesta, come quasi tutte, dove potevo trovare sempre per me un caffé “guayoyo”, il fuoco del camino durante le giornate fredde, il calore umano tutti i giorni dell’anno. In casa sua, più che in altre della zona, ho fatto colazione e merenda con caffè e arepa de harina, pranzato e cenato piatti tipici del posto, con posate e scodelle povere, stretto nella piccola stanza con il tavolo per gli ospiti, servito e accolto con amore semplice, senza smancerie. Mi sono sentito uno di loro. Mi hanno voluto bene come uno di loro.

Zia Enza è stata da sempre la zia di Roma, mamma dei cugini più vicini per età a me, a mio fratello e mia sorella. Il loro venire al paese per le vacanze estive era sempre una gioia. Mi chiedo oggi come facessero a fare un viaggio di circa 5 ore, stipati in sei in una macchina piena di bagagli. Ma erano tempi in cui si badava poco a questi dettagli. Non so se sono nel giusto, ma credo che a mia zia siano sempre piaciute l’eleganza, il ballo, le amicizie spensierate ma sincere. A sentire i racconti di mia madre, zia Enza da ragazza era una specie di simpatica Gianburrasca. Sposatasi troppo giovane, è dovuta andare a vivere lontana dagli affetti familiari, poco accolta o addirittura osteggiata dai parenti di mio zio. Non sempre capita nemmeno da lui, influenzato dai suoi familiari. Ho saputo dopo anni, dai miei cugini, quanto abbia sofferto durante quegli anni, e quanto loro abbiano sofferto con lei. È stata anche la prima zia a rimanere vedova, ancora giovane. Senza l’appoggio dei suoi parenti diretti, non per cattiveria ma per lontananza geografica, ha dovuto affrontare grosse difficoltà e fare sacrifici per poter andare avanti, aiutata anche dai miei cugini. Sono stati tempi duri, specie agli inizi. Tempi che hanno cementato l’unione e la stima tra loro, formando le persone belle che sono oggi.

 Triduo Santo – Abbiamo cercato di celebrarlo nel miglior modo possibile, in relazione al decreto sul coronavirus e al divieto di partecipazione dei fedeli. Suddivisi nella presidenza delle liturgie, ognuno ha preparato un pensiero di omelia. Vi assicuro che non è facile “predicare” senza fedeli, e con la sola presenza dei confratelli. A me è toccata la Veglia Pasquale. Ho cercato tutto il giorno di concentrarmi su cosa dire, ma non ci sono riuscito. Per cui alla fine ne è venuta fuori una quasi improvvisazione, nella quale ho parlato prima di tutto a me, per poi esprimere delle opinioni personali su quali insegnamenti, a livello comunitario, si possono trarre da questa Pasqua particolare... che speriamo resti anche unica.

Molto seguite sono state le celebrazioni di Papa Francesco per televisione. A causa degli orari delle nostre celebrazioni, ne ho potuto vedere solo un paio: la Via Crucis del Venerdì Santo, e la Veglia del Sabato. Della prima, quest’anno non al Colosseo come da tradizione, ma nella suggestiva Piazza San Pietro vuota, mi hanno colpito le profonde e belle riflessioni, scritte da carcerati e personale carcerario di Padova, su invito del Papa. Sono state una testimonianza viva del riscatto morale e spirituale, del risorgere che si prova quando permettiamo a Cristo di fare irruzione nelle nostre vite con la sua luce e la sua misericordia. Dell’omelia della Veglia Pasquale ricordo due cose: il forte richiamo di Papa Francesco al “diritto” del cristiano alla speranza, intesa non come vuota utopia, ma come presenza viva di Cristo Risorto, che ci dà coraggio nelle difficoltà e non ci lascia soli nelle lotte in favore della vita e del creato; l’appello alla difesa della vita, non costruendo più armi e non abortendo.

La Domenica di Pasqua la nostra prima cittadina, accompagnata da due rappresentanti della giunta comunale e da un rappresentante dei vigili urbani, ci ha chiesto di venire al santuario per invocare la protezione di San Giuseppe per la città di Copertino. Lo ha fatto durante la preghiera di mezzogiorno del “Regina Coeli”, trasmessa dai noi frati in streaming. Una iniziativa di fede, senza fini politici, gradita dai più, almeno a giudicare da quanti hanno interagito con il video e dai giudizi espressi.


Nel pomeriggio, un responsabile della Protezione civile mi ha invitato, via telefono, a prendere parte, come guardiano della comunità, a un omaggio floreale alla statua di San Giuseppe, che si trova nella piazzetta di ingresso dell’ospedale. È voluto essere anche un omaggio e riconoscimento verso tutte quelle persone che si stanno adoperando nella lotta al coronavirus e alle sue conseguenze: personale sanitario, forze dell’ordine, volontari di vario genere. Momento davvero commovente, apertosi co canto dell’inno nazionale, proseguito con le parole di un medico, della sindaco e mie, terminato con il suono delle sirene al momento della deposizione dei fiori presso la statua. Non è stato facile trattenere le lacrime. A me, che avevo espresso tutta la mia gratitudine alle persone presenti per il lavoro che svolgono in prima linea, chiedendo perdono per non essere con loro in trincea, una infermiera, riempiendomi di consolazione e ricordandomi le mie responsabilità, ha detto: “Padre, ognuno collabori con quello che Dio gli sta chiedendo di fare. La vostra preghiera per noi è fondamentale. Accompagnateci con quella, perché possiamo sentire la presenza di Dio accanto a noi”. Grazie!!


A conclusione, i miei auguri pasquali. Che questa Pasqua sia per tutti un passaggio dalla morte alla vita; dal peccato alla grazia; dalla tomba delle nostre solitudini, alla pietra rotolata per l’incontro con l’Altro e gli altri; dalla chiusura di case e cuori, all’apertura missionaria e solidale con tutti.

martedì 7 aprile 2020

9) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 30 marzo - Domenica 05 aprile 2020
Rieccomi con il mio tentativo di diario, in questo tempo difficile e “speciale”, che secondo molti porterà a dei cambiamenti nelle nostre vite. C’è chi afferma che saremo peggiori, più rinchiusi in noi stessi, attanagliati dalla paura del contagio, bloccati dentro, dopo tanti mesi di distanze cautelative; incapaci di tornare alle precedenti relazioni sociali “umane”, di cercare vicinanze affettive, di farci “prossimo” accanto ai bisognosi. Chi invece scommette su una umanità migliorata dalla sofferenza comune e dalla lotta universale contro il nemico invisibile, più attenta alle persone in difficoltà, finalmente aperta a una solidarietà fraterna a livello mondiale, notevolmente sensibile verso scelte “ecologiche” a salvaguardia della vita in tutti i suoi aspetti e sfumature. Chi infine, molto prosaicamente, sostiene che, passata la paura e il pericolo, l’uomo dimenticherà presto tutto e tornerà a fare le cose di prima, né più né meno. Insomma, anche se so che suona macabro citare questo proverbio nel contesto attuale: chi vivrà, vedrà. Anche se mi augurerei il “chi ha visto, vivrà”... Proprio per aver visto, vivrà finalmente una vita vera, piena, quella che Gesù è venuto a portarci e che siamo prossimi a celebrare il giorno di Pasqua, impregnata cioè di valori che si contabilizzano più col cuore che con le mani.

Politica – In settimana l’emergenza sanitaria si è estesa decisamente ad altri paesi. I più colpiti: Stati Uniti e Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania (questa ultima però con poche morti rispetto al contagio). I primi due paesi hanno affrontato l’epidemia allo stesso modo, e cioè: i capi di governo hanno prima preso sottogamba il virus e fatto gli spavaldi davanti all’opinione pubblica; poi si sono ricreduti di fronte al dilagare del contagio e alle tante morti. Dispiace che stia piuttosto male il primo ministro britannico, dopo aver sviluppato il contagio insieme alla moglie, peraltro incinta. In politica è richiesto normalmente saper prendere decisioni, spesso forti o addirittura impopolari per il bene delle persone. In certi casi un poco di umiltà, di dialogo parlamentare, di confronto con la scienza e con l’esperienza fatta in altri paesi sarebbero doverosi. Gli altri paesi stanno vivendo una traiettoria simile a quella italiana.
In Italia, dopo tanti giorni di angoscia, si cominciano a intravedere alcuni timidi segnali positivi, ma le morti sono ancora tantissime. Si parla della fase 2 dell’emergenza, su come riaprire gradualmente le imprese e le nostre case. Allo stesso tempo, si insiste sul fatto che l’emergenza non è affatto terminata, che non si deve allentare la lotta proprio ora, né lasciarsi prendere da una prematura e deleteria euforia. Si teme un rimbalzo dei contagi, che sarebbe devastante per le persone e il paese. Più volte ho fatto appello a rispettare le norme del governo. Non è il momento di cedere a tentazioni estremamente dannose. In termini calcistici potrebbe succedere come quando una provinciale gioca contro la squadra prima in classifica. Si vede costretta nella propria metà campo, però riesce a reggere e mantenere il pareggio. Vedendo poi che gli avversari tirano un po’ il fiato, attaccano scriteriatamente scoprendosi dietro. Si sa già come andrà a finire. In tremenda e indimenticabile goleada!!

Società – Ho pensato molto, e continuo a farlo, a come una delle realtà più tristi di questo periodo sia legato alla morte. Evento già umanamente tragico in sé, diventatolo ancor di più a causa del coronavirus. Gli ammalati muoiono senza la presenza confortante dei familiari, anche se il personale sanitario fa ogni possibile ed encomiabile sforzo per far sentire la sua presenza. La gente comune muore senza la possibilità dei sacramenti, di una preghiera dei familiari, degli amici e della comunità cristiana. I corpi vengono subito rinchiusi e portati in forma privatissima al cimitero. Penso in questo momento a persone conosciute, che hanno vissuto la loro vita con profonda fede e in una viva testimonianza cristiana: Niní Langiulli, Tonino Orlando, la signora Giovanna, mamma di amici di sempre, e, notizia di oggi, la carissima Mariagrazia Prencipe, amica di liceo. Scrivevo in un paio di occasioni, commentando il  vangelo del giorno: “Una delle colpe più grandi del virus è lo strazio dei moribondi, costretti a morire da soli per paura del contagio; e quello dei familiari, impossibilitati a stare accanto ai loro cari in un momento così forte di passaggio. La fede mi porta a credere fermamente che Gesù, e con lui sua madre Maria, non ci lascia mai soli, men che meno nel momento della nostra morte. Egli si china sul moribondo, lo guarda in viso con infinita dolcezza e misericordia, e lo invita ad alzarsi incontro alla vita nella risurrezione dei morti”... “È un’opera di misericordia corporale seppellire i morti. Credo però che si tratti non solo di mettere i cadaveri in una tomba, ma anche di accompagnare i moribondi all’incontro con Dio e di trattare il corpo con una certa sacralità... una delle cose che maggiormente mi impressiona di questa epidemia è la non possibilità di vivere cristianamente il momento della morte. Tutta l’opera di madre Teresa di Calcutta ha preso l’avvio dal suo desiderio di accompagnare con dignità all’incontro con la morte i moribondi sulle strade di Calcutta... Possiamo e dobbiamo pregare per il riposo eterno dei defunti, e per la consolazione di Dio a familiari e amici; ma ancora di più affinché i moribondi sperimentino la tenera presenza del Signore durante la loro agonia e il loro trapasso. Che il profumo delle nostre preghiere salga intenso verso il Signore, e ridiscenda in grazia e conforto per tutti coloro che si preparano a lasciare la vita terrena per entrare in quella eterna”.

In ambito artistico discografico, in Spagna hanno prodotto una bella canzone sul resistere in questo tempo di quarantena. Essa va ad aggiungersi ad altri brani, inediti o interpretazioni di canzoni esistenti, motivati dal contagio e dallo stare a casa. Sarebbe bello pubblicare una compilation quando tutto sarà terminato, a ricordo. 
Inoltre, abbiamo celebrato i 50 anni del musical “Jesus Christ Superstar”. Quando da ragazzo l’ho visto al cinema del paese, sono rimasto fortemente colpito, dalle musiche e dalla novità nel rapportarsi a Gesù e al vangelo. Un modo allora nuovo di avvicinarsi a Gesù e di avvicinare il Vangelo alla società e ai giovani. Il migliore?!? Non saprei dire. Ma questo tempo ci porterà di sicuro nuove sfide in tal senso.

Chiesa  Appunto, nuove sfide e risposte da cercare. Stiamo vivendo un lungo tempo senza celebrazioni pubbliche, senza la presenza fisica dei fedeli. I nostri cristiani sono stati invitati – e lo stanno facendo – a dare attenzione alla preghiera familiare e personale; a mettere al centro la Parola, ora che le chiese non si possono frequentare. I risvolti positivi potrebbero essere: la presa di coscienza della famiglia come chiesa domestica; la valorizzazione finalmente della Parola di Dio, nella vita e nella preghiera quotidiane; la consapevolezza di essere popolo sacerdotale, che può e deve celebrare proprie liturgie familiari ed esistenziali; una declericalizzazione, che spinga a un vissuto e una testimonianza di fede “laica”, forse più umile, ma maggiormente radicata nella quotidianità e negli ambienti meno “frequentati” dal clero. Quelli negativi: maggiore disaffezione verso le chiese e allontanamento dai sacramenti; soddisfazione del bisogno religioso attraverso un dialogo esclusivamente personale con Dio, al di fuori di ogni forma e aspetto istituzionali; senso di abbandono da parte della Chiesa e dei suoi ministri, non eluso dall’abbondante uso dei socials e dalle trasmissioni in streaming (che per altro verso sono state pure apprezzate). Qualsiasi lettura della esperienza che stiamo attraversando, e qualunque risposta alle sfide che il virus propone alla Chiesa, non potranno non avere come fondamento e punto di partenza una rinnovata, radicale, evangelica passione per Dio e per l’uomo.

8) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 23 - Domenica 29 marzo 2020
Mi sono accorto che mantenere due rubriche al giorno (il diario e il commento alla Parola) mi era diventato pesante, quasi impossibile. Nelle mie giornate ci sono anche altre cose, che voglio mantenere vive e non sacrificare alla scrittura. Allora ha prevalso il favorire quella che appartiene di più alla mia scelta di vita: il commento giornaliero alla Parola di Dio. Tuttavia, non vorrei abbandonare del tutto il mio diario personale ai tempi del coronavirus, e così ho pensato di renderlo settimanale, sforzandomi di limitare la mia prolissità. Dovrò ricorrere a una scrittura più stringata ed essenziale. Sarò in grado di farlo? Ci provo.

Politica – Stringatezza ed essenzialità che, insieme ad altri valori e condizioni, faranno parte della nostra vita post epidemia. Ne saremo capaci? Ci dobbiamo assolutamente provare; anzi, ci dobbiamo giocoforza riuscire. In questa settimana è emerso infatti fortemente il tema del dopo. Che paese ci lascerà in eredità? Certamente con molte fragilità economiche e interiori. Come ripartire? Quanto ci vorrà per risalire la china e ricostruire un paese che possiamo definire e sentire casa comune, attenta a tutti i suoi membri? L’Europa è chiamata a fare la sua parte. Il coronavirus ci ha messo con le spalle al muro in questo senso. Il risultato sarà o una unità europea basata su nuove regole di solidarietà e sussidiarietà, o la fine di un sogno europeista. Quante energie e nuove categorie di pensiero sapremo mettere in campo per ricucire un tessuto relazionale e sociale, che mantenga vive e promuova le ricchezze umane acquisite nel periodo della quarantena?
Giustamente il governo pensa ora all’emergenza sanitaria. Conte lo ha detto e ripetuto che la priorità oggi è la salute degli italiani, e si tratta di uno sforzo immane. Domani sarà assicurare una vita degna ad ogni cittadino, e lo sforzo sarà forse ancora più grande. La riuscita dipenderà anche dalla collaborazione e responsabilità di ciascuno di noi. Certo, personalmente mi sarei augurato, in questi frangenti, una collaborazione ancora maggiore di tutte le forze politiche. A volte ho l’impressione che certe affermazioni siano proclami di propaganda partitica, più che preoccupazioni vere per la situazione del paese e della sua gente.

Società – Stamane mi hanno colpito un paio di notizie. La prima si riferisce a due paure: la possibilità di gruppi estremisti, che sfruttino la disperazione di alcuni per fomentare una ondata di proteste sociali violente contro lo Stato; l’ipotesi più che realistica di organizzazioni mafiose che si approfittino della crisi per fare affari sporchi, come hanno sempre fatto in momenti simili. Ai primi, ai quali è sempre piaciuto ventilare l’ipotesi di di rivolte come nuova primavera, dico che definire la violenza una primavera, è offesa a questa splendida stagione, che parla di rinascita e non di morte. La violenza, qualsiasi violenza, è piuttosto un inverno, un inferno, senza fiori né frutti, con poca luce e quasi nessuna gioia. Alle mafie è da ripetere l’anatema lanciato da Papa Giovanni Paolo II e ripreso da Papa Francesco. Non serve nemmeno andare in chiesa senza convertirsi dal male scelto e attuato, si è solo dei maledetti che, cito San Paolo, mangiano e bevono la propria condanna. È stato bello aver visto le lepri tornate nei parchi non più invase dagli uomini, i delfini spingersi fino ai porti, le anatre nella fontana di Piazza di Spagna, la natura che respira. È orribile, disgustoso, sapere che potrebbero comparire, se già non ci sono, “sciacalli”, pronti ad approfittarsi delle difficoltà delle persone e del momento. Questi esseri asfissiano più del virus.
La seconda notizia riguardava l’assalto di alcuni disperati ai supermercati, non avendo di che mangiare. È coinciso con il capitolo che sto leggendo de “I promessi sposi”, dove si parla del saccheggio dei forni a Milano durante la carestia. Premesso che innescare una tale spirale illegale non è accettabile, è doveroso però aggiungere che si dovrà pensare alle nuove situazioni di povertà che si sono originate, e ad altre che seguiranno, causate dalla prevista ed inevitabile crisi economica mondiale. Il governo sta adottando misure. Mi commuove lo slancio di privati, la loro sensibilità verso i bisogni altrui, che ho potuto constatare in questi giorni. Piccole gocce, ma che insieme possono formare un mare di spicciola, pratica ed essenziale solidarietà.
A questo proposito, sono tantissimi i personaggi famosi che stanno facendo o donando qualcosa per i bisognosi, per finanziare la lotta alla epidemia nei modi più vari, per promuovere le campagne del governo. In settimana lo ha fatto Roby Facchinetti, dei Pooh, con una canzone inedita, “Rinascerò, rinascerai”, in riferimento alla vita dopo il coronavirus. I proventi, naturalmente, saranno devoluti in beneficenza.

Chiesa L’immagine simbolo della settimana, che si è impressa nel cuore di molti, anche non cristiani, e ha mosso le coscienze, gli animi e i sentimenti di tutti, è stata l’adorazione eucaristica del Papa in San Pietro, venerdì 27. Un insieme di preghiera intensa e di parole forti, a commento della tempesta sedata (Mc 4,35-41). Il Papa ci ha ricordato che la “tempesta” che stiamo vivendo ci ha messi tutti sulla stessa barca: o collaboriamo, e noi cristiani risvegliamo Cristo in noi e nel mondo; o siamo destinati ad andare a fondo. Un’ora che rimarrà nella mente del mondo intero, per la sua portata emotiva e profetica. E poi, simboli chiarissimi ed efficacissimi, forse perché non cercati affatto per fare colpo: il crocifisso ligneo miracoloso, portato dalla chiesa di San Marcello, gocciolante per la pioggia caduta, come se Gesù stesse di nuovo sudando sangue e acqua, a causa dell’angoscia di fronte alla sofferenza e alla morte di tanta gente; il quadro, arrivato da Santa Maria Maggiore, della Virgo salutis populi Romae, accanto a suo figlio in croce; il Santissimo esposto nel portico della basilica, di fronte a una piazza assolutamente vuota, come lo sono le nostre città di questi tempi, riempita però fino all’inverosimile dagli occhi di chi guarda da casa, segno speriamo della capacità nuova di avere uno sguardo sull’altro, percependone la presenza e la necessità. Infine lui, Papa Francesco, antidivo per eccellenza, forte di una autorità umile, in consonanza totale con il vangelo di Gesù, con il quale sente e porta il peso della sofferenza e dei sofferenti del mondo. Una preghiera profonda e significativa, fatta di immagini più che di parole.

7) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Domenica 22 e Lunedì 23 marzo 2020

Domenica, dopo la celebrazione eucaristica, abbiamo pensato di farci una foto e di postarla sui gruppi del santuario, accompagnata dai nostri saluti e dal nostro affetto per tutti i fedeli che fanno vita cristiana con noi. Un bel po’ di loro ci aveva chiesto notizie, esprimendo al contempo nostalgia nei nostri riguardi e dei loro spazi celebrativi. Il riscontro circa il gradimento di questa piccola iniziativa è stato grande e significativo. La nostra gente ci vuole sentire ancora più vicini di quanto lo siamo già con la preghiera e i contatti telefonici.
Ne abbiamo parlato a pranzo. Molti parroci si sono organizzati per trasmettere la santa messa via streaming per i loro parrocchiani. Noi inizialmente avevamo deciso di vivere questo tempo privilegiando la contemplazione e il silenzio; quindi di non organizzare trasmissioni via streaming o registrate, perché l’offerta di Eucaristie, rosari e altre preghiere è vasta, e si è ancor di più moltiplicata in questo periodo. Ma la nostra gente ci ha fatto capire che ci tiene a “vederci” e vivere un momento di preghiera con noi. Non ci è parso giusto farli aspettare ancora o deludere le loro aspettative.
Abbiamo così deciso, dopo un dialogo fraterno, di collegarci dalla Stalletta sulla pagina facebook del santuario, alle ore 12.00, prima della celebrazione eucaristica, per recitare insieme l’Angelus e la preghiera a San Giuseppe per ottenere una grazia. Le intenzioni che vi abbiamo aggiunto sono le seguenti: “ti chiedo la grazia di liberare il nostro paese, l’Italia e il mondo intero da questa epidemia, che sta seminando morte e paura. Intercedi per noi presso Dio e la Vergine, affinché diano: forza ai malati per vivere la loro sofferenza; energie al personale sanitario in questo momento di crisi; generosità ai lavoratori a servizio del nostro benessere, e alle forze dell’ordine impiegate per la nostra sicurezza; intelligenza acuta ai ricercatori, saggezza ai politici; equilibrio e imparzialità ai giornalisti e alle parti sociali; senso civico e responsabilità a tutti i cittadini; spirito evangelico a noi cristiani”.
La sera della domenica, io e fra Donato siamo scesi in santuario per fare una prova tecnica della trasmissione. Ho commentato brevemente la prima lettura domenicale e annunciato la nostra decisione. I like sono stati molto numerosi. Il giorno dopo ci ha sorpreso positivamente il numero di persone che si sono collegate in diretta, o hanno pregato dopo con la registrazione del video. Una esperienza da continuare. Glielo dobbiamo ai tanti fedeli di San Giuseppe nostro impossibilitati a visitare il santuario e sostare in preghiera di fronte al suo cuore. È la tecnologia al servizio del bene e della comunione, come sempre dovrebbe essere.

6) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus



Giovedì 19 – Sabato 21 marzo 2020

Ci sono elementi che accomunano le impressioni di questi giorni. Per noi in convento vi è una quotidiana routine, che già esisteva come in tutte le famiglie e le vite di ciascuno anche prima dell’avvento del “tempo coronavirus”; ma che è diventata ancora più forte a causa dell’isolamento e del divieto di uscire quando non strettamente necessario. In questo siamo addirittura più fortunati di tante categorie di lavoratori, che non possono permettersi la lussuosa noia di rimanere a casa, evitando maggiori rischi di contagio. Gli “incontri” sono virtuali. Ci unisce a tutti la preghiera e la preoccupazione per la salute di ognuno; ma quanto ci mancano gli occhi di ciascuno di voi, le strette di mano, gli abbracci!! Alla fine di tutto mi suoneranno dolci anche gli assurdi pettegolezzi e le liti frivole della nostra comunità e della cittadinanza.
La mia giornata è fatta di: preghiera, lettura, scrittura del commento al vangelo del giorno e del diario, tempo dedicato agli altri attraverso i socials, un poco di attività fisica. Un paio di mattine le ho dedicate alla pulizia del terrazzo dal guano dei piccioni, e dal muschio ed erba cresciuti nelle zone d’ombra, dove l’umidità permane. Ancora non ho finito... A volte arrivo a sera senza nemmeno essere riuscito a fare tutto quello che mi ero poposto. Mi sento un privilegiato rispetto a tanti altri. Pur provando una altalena di sentimenti, come tutti, tra forza e debolezza, aspettative e delusioni, pazienza e rabbia.

Giovedì 19 abbiamo ricordato i papà e festeggiato l’onomastico di padre Giuseppe, con le modalità che questa situazione ci permette. Essendo chiuse le pasticcerie, Daniela, la cuoca, ha preparato un dolce (lo spumante non ci manca...). Nel pomeriggio la famiglia Spagnolo ci ha regalato e fatto recapitare 2 zeppole preparate dal grande Marcolino (5ª elementare). Certo, non il numero addirittura eccessivo degli anni passati, né tantomeno il gusto delle professionali; ma abbiamo potuto assaporare una tradizione oggi ridotta e rimandata, e dare sapore al giorno di San Giuseppe. La sera, alle 21, su indicazione della CEI, abbiamo esposto un lenzuolo bianco al finestrone che dà sulla piazzetta e recitato il rosario insieme a tutti i cristiani d’Italia. Un flashmob spirituale.

In questi giorni è salito in maniera impressionante il numero dei contagiati e dei morti. Ogni sera si aspetta con ansia il bollettino ufficiale della giornata. Finora le cifre hanno scoraggiato ogni aspettativa. Serpeggia un certo pessimismo sui tempi di recupero dal contagio e dalle sue conseguenze economiche. L’Italia è il nuovo epicentro, anche se il virus si sta estendendo a macchia d’olio in tutto il mondo. Il Signore ci liberi da questa peste e ci dia la forza per affrontarla e vincerla. Un amico infermiere a Milano ha fatto sapere che là è una guerra vera e propria, e dà pena veder morire tanta gente. Mia cugina, responsabile farmaceutica dell’ospedale di Lecco, da tre settimane esce di casa alle 7.30 per andare al lavoro e vi ritorna alle 21 circa, compresi sabato e domenica. In pratica non riposa mai!! Sono degli eroi. I santi della porta accanto, come li definisce il nostro splendido Papa. E che dire delle 8.000 domande arrivate al Ministero dopo l’appello a costituire una task force di 300 medici per i luoghi più bisognosi?!? Vi è una Italia di cui siamo davvero orgogliosi. Una umanità che fa sperare in un futuro per l’uomo. A fronte dei soliti stupidi che non riescono a capire la gravità della situazione. Pochi ciechi, ma estremamente, e spero inconsciamente, pericolosi.
Se si fermassero a considerare la scena dei camions dell’esercito, che portano via le bare dei morti a Bergamo perché non vi è più posto nel cimitero, se sono uomini della specie umana, dovrebbero almeno sentire un po’ di pietà, piangere come hanno fatto tanti, e avere uno scatto di responsabilità sociale. Se poi riflettessero allo strazio di quelli che muoiono di coronavirus e dei loro familiari, impossibilitati a tenersi la mano, a stare vicini in un momento così forte di separazione definitiva, allora dovrebbero solo vergognarsi per la loro superficialità nel vivere questa pagina drammatica della storia italiana e mondiale. Se è vero che si nasce e si muore da soli, è vero anche che non si nasce e si muore soli, vi è sempre qualcuno vicino, o così è bene, giusto, umano che sia. Purtroppo in questi casi non è così. Prego che almeno ognuno senta vicino la mano del suo angelo custode e il soffio di vita eterna di Dio. Tuttavia, non si possono trattenere le lacrime ascoltandole storie di chi vorrebbe, e non può nemmeno per telefono, salutare le persone care; dire alla propria moglie, ai figli, ai genitori, agli amici quanto li amano e sono grati per aver condiviso con loro la vita terrena, che stanno abbandonando.

Termino con questa canzone del gruppo spagnolo “La oreja de Van Gogh”, composta, come hanno fatto anche altri artisti, tra cui Giuliano Sangiorgi, per invitare a stare a casa e vivere con responsabilità questo tempo, valorizzando spazi, attività e sentimenti a volte trascurati nel tran tran di tutti i giorni.
Un forte abbraccio a tutti... debito fisico di tempi migliori, passati e futuri.

5) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus



Mercoledì 18 marzo 2020

In mattinata, dopo la preghiera comunitaria, ho guardato Agorà per un’oretta. Fa impressione il numero dei contagi al nord e le strutture sanitarie al collasso; trasmettono invece emozioni le testimonianze di chi vive in prima linea questa emergenza. Dà rabbia, ma tanta, sapere che molta gente, da nord a sud, contravviene alle norme date per frenare il propagarsi del contagio.
A proposito di sanità, tra ieri e oggi mi sono giunte due notizie-denuncia che, se risultassero vere, sarebbe da chiedere una punizione esemplare. Pare che il nostro governatore abbia colpe gravi circa la prevista e poi mancata apertura dell’ospedale DEA di Lecce, con 330 posti letto già disponibili per ricevere malati del covid 19. Inoltre, i cobas denunciano una mancanza di chiarezza circa il futuro della struttura ospedaliera di Copertino; ipotizzano anzi un disegno politico finalizzato alla chiusura, da realizzare alla fine e approfittando della epidemia in corso. Nel contesto che stiamo vivendo, alcune cose che potevano essere tollerate meglio in momenti normali, ci/mi trovano totalmente intollerante. Nella Bibbia è scritto “maledetto l’uomo che confida nell’uomo”, cioè colui che mette interessi materiali al di sopra di Dio stesso e della sua icona terrena, che è la persona umana, e in particolare il povero, il debole e il sofferente. La maledizione potremmo lasciarla perdere; ma la giustizia umana deve fare il suo corso, soprattutto in questo momento. Denunciamo giustamente chi si sta approfittando della paura della gente per truffe agli anziani e vendita di prodotti a prezzi maggiorati; ma qui si sta parlando di qualcosa di più grosso. Gesù denuncia i farisei ipocriti, definendoli guide cieche, che filtrano il moscerino e ingoiano il cammello (cf Mt 23,24). Lo riconosco: in questi giorni sono intollerante, e certe notizie mi riempiono di sdegno. Alla fine di tutto giuro che mi confesserò...  

Subito dopo pranzo, munito di corretta autocertificazione, sono andato in macchina alla Grottella per ritirare dal tabernacolo le particole consacrate (ne ho lasciate un paio, presenza viva di Gesù per chi si reca a pregare). Sembrava di essere in agosto, tanto erano vuote le strade...

Alle 18.00 ho voluto vivere il mio flashmob... in casa, dopo ciò che ho raccontato ieri. Non mi sono voluto perdere l’appuntamento serale con tutta l’Italia, anche se dal chiuso della mia stanza, non avendo un altoparlante da porre sul terrazzo per la canzone proposta oggi, né uno strumento per suonare (lasciamo stare la mia voce...). La canzone proposta mi hanno detto che era “Felicità”, di Al Bano e Romina, quella del bicchiere di vino e del panino, di una felicità fatta di cose semplici e genuine. Torneranno quei tempi!! Torneranno con la recuperata consapevolezza di una felicità vera fatta di semplicità e genuinità?!? Stamane però la canzone che ha vinto il concorso di radiouno, il cui tema credo fosse proprio il flashmob delle canzoni sui balconi, è stata “Una città per cantare” di Ron. Questa vi propongo, perché la preferisco. Posto la versione corale sia perché dà l’idea di ciò che si sta vivendo in questi giorni con il flashmob, sia perché si tratta di una iniziativa di lotta contro una malattia quale la sla. Con essa vi auguro la buona notte.

4) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus



Domenica 15 - Martedì 17 marzo 2020

Prima domenica in quarantena da coronavirus. Il clima è ancora più surreale degli altri giorni. Abbiamo concelebrato i frati a porte chiuse, ma l’assenza dei fedeli l’ho sentita maggiormente, come anche la spinta a pregare per loro e con loro, in una comunione spirituale che dovrà accompagnarci durante tutta questa esperienza. Esperienza che pare stia affinando e rafforzando quello spirito di fraternità che dovrebbe caratterizzare una comunità francescana. Pur considerando la eccezionalità del momento, che favorisce il sorgere di sentimenti e atti di solidarietà, e spinge a valorizzare una preziosa essenzialità a scapito di bagattelle spesso perniciose e inutili, la speranza e l’auspicio è che il ritorno alla normalità non comporti passi indietro, a livello umano, sociale e religioso.

Come già accennato prima, ho ripreso a leggere “I promessi sposi”, anche se a rilento rispetto al programma prefissato. È che davvero le giornate sono piene di interessi, impegni e relazioni socials, molto più di quello che mi ero immaginato. Ma sono contento così, anche se mi prende la tentazione di staccare ogni tanto il cellulare (finora non l’ho fatto...). Ho letto ad oggi solo 4 capitoli. Mi ha colpito, certamente anche condizionato dall’attualità, come si passi repentinamente dalla descrizione di un paesaggio suppongo bellissimo, come la nostra Italia sa regalarci ad ogni pie sospinto, idilliaco, ispiratore di pace e serenità (Giulia, mi sa che mi dovrai ospitare, perché vorró conoscere Lecco e dintorni, una volta che tutto questo sia finito), al racconto di un fatto imprevisto, che sconvolge la vita e stravolge la storia dei personaggi del romanzo. Non è quanto è successo a tutti noi?!? Devo dire che finora è un bel leggere, piacevole, libero, senza l’obbligo imposto dalla scuola e dalle interrogazioni.

Il nostro convento è situato ai limiti del centro storico di Copertino, un po’ isolato dai punti di maggiore vita e traffico del paese. Per cui in questi giorni il silenzio è pressoché assoluto, rotto di tanto in tanto dalle sirene delle ambulanze e da qualche rara macchina di passaggio. Quelle sirene, usuali negli altri giorni dell’anno, mi sembrano ora più numerose e rumorose. È un suono che fa rumore dentro, e vi sosta per un po’. Richiama alla mente sofferenze e dolori antichi e nuovi. Risveglia la gratitudine verso coloro che dedicano la vita ai malati, per professione, affetto e generosità gratuita, del cui valore ci stiamo accorgendo in questi giorni. Abituati al lamento a prescindere, verso tutto e tutti, ci stiamo accorgendo di quanto spesso siamo ingiusti e parziali. Non è voler o dover chiudere gli occhi sul male e sulle cose che non vanno; anzi, dobbiamo tenerli sempre bene aperti, per sdegnarcene civilmente e combatterli legalmente. È piuttosto imparare a vedere e apprezzare anche il positivo delle cose e nelle persone, per rallegrarcene e promuoverlo.

E termino con il Flashmob delle 18.00, appuntamento per i dirimpettai della piazzetta di San Giuseppe, grati a Silvano e Francesca che lo hanno preso a cuore. Per la nostra amicizia di vecchia data, mi sono permesso di chiedere loro dei brani che mi avrebbe fatto piacere ascoltare. Ci si affaccia dunque dai balconi e terrazze, si ascoltano 2-3 canzoni, ci si saluta alla distanza, si applaude e si ritorna nelle proprie case, un po’ più rincuorati. Playlist di domenica: “Il cielo è sempre più blu”, di Rino Gaetano; “Nessun dorma”, dalla Turandot di Puccini; “Meraviglioso”, nella versione dei Negramaro. Playlist di lunedì: “Il mondo”, di Jimmy Fontana; “Volare”, nella versione dei Gipsy King; “Viva l’Italia” di Dalla e De Gregori. Oggi... niente!! Gli amici “curatori” lo hanno sospeso a causa dell’invito-rimprovero, ieri sera, ad abbassare il volume, da parte di una volante dei carabinieri, che sinceramente ci ha sorpreso. Suppongo che sia stato un modo di dire “ci siamo”, visto che si trovavano a pattugliare proprio questi dintorni. Sono stanchi anche loro, e questa situazione sta mettendo a dura prova le nostre forze dell’ordine, chiamate a far fronte alla leggerezza superficiale di tanti concittadini, che fanno come se non ci fossero decreti restrittivi alla circolazione pubblica, mettendo a repentaglio la salute di tutti. Incoscienza? Ignoranza? Menefreghismo? Forse un po’ di tutto. A quando un maggiore senso di responsabilità da parte di tutti, che faccia diminuire i numeri del contagio e accorci i tempi del ritorno alla bellezza quotidiana della vita?!? Ne parlavamo stasera a cena con i frati, e concordavamo che, a fronte di tanta irresponsabilità, ci vorrebbe un polso più duro nel far rispettare i divieti da parte di chi non ha necessità urgenti e vere, unito a multe davvero salate.