martedì 21 aprile 2015

Settimana Santa 2015 a Puente Real


Chiesa parrocchiale: altare del Giovedí Santo
Per la Settimana Santa del 2015 sono tornato alla stessa parrocchia dove ho trascorso la novena di Natale. Si tratta della chiesa del “Buen Pastor”, in un quartiere popolare della città di San Cristóbal, zona ancora considerata come “rossa”, nel senso di pericolosa, anche se al momento è molto più tranquilla di una volta. Qui ci sono un parroco e un vice, ma c’è sempre bisogno di aiuto, soprattutto per le confessioni, alle quali mi dedico con piacere, mentre loro sono impegnati per l’organizzazione delle celebrazioni. Io celebro la sera nella cappella de “La Popa”, distante dieci minuti di macchina. Qui mi aiutano due postulanti francescani, impegnati ad animare la comunità durante il giorno. È una zona costituita da una strada principale più larga, che corre sul crinale di una altura, mentre le case sono costruite su una falda, quasi tutte in forte pendenza. Le salite di Monte Sant’Angelo sono dolci rispetto a queste. Lo stesso succede per la città, con pendenze che ricordano quelle viste nei film ambientati a San Francisco.

Dovuto alle numerose confessioni, questa esperienza mi ricorda di più gli anni di Copertino e 
Cappella de La Popa
Gravina. Inoltre, alcune tradizioni legate alla Settimana Santa qui si possono vivere meglio e in maniera più intensa, rispetto a quando mi sono trovato a “missionare” in zone rurali. Una molto forte è quella della visita alle sette chiese, che inizia già la mattina del giovedì santo, fino al primo pomeriggio del venerdì, accompagnata dalla recita di 33 credo. La mattina di questi due giorni mi sono reso disponibile per confessare in una parrocchia centrale molto frequentata da tali “pellegrini”, dalle 9.30 alle 12.30, e non mi è mancato il lavoro. Quello delle confessioni è un ministero che mi piace ed edifica tanto, e ho imparato ad apprezzarlo fin dalla prima esperienza sacerdotale a Copertino.

Rispetto alla chiesa parrocchiale centrale, grande e molto frequentata, le liturgie della piccola cappella sono state più povere e con meno gente. Tuttavia, mi sono piaciute per il clima di familiarità, anche se certe improvvisazioni spesso hanno costituito motivo di distrazione. Le gente è buona e collabora per il possibile. C’è da dire che è forse la prima volta che si vive una Settimana Santa completa, con un sacerdote e seminaristi dedicati a questo; per cui la comunità si è trovata anche un attimo impreparata.

Il ricordo più forte?!? Il via crucis lungo un paio di chilometri della strada principale, venerdì santo, al pomeriggio. Un gruppo di bambini ha rappresentato le scene delle varie stazioni, con “costumi” preparati da alcune mamme, con materiali poveri e bella fantasia. A metà del percorso è venuto giù un acquazzone incredibile. Abbiamo terminato completamente fradici. Subito dopo c’era l’adorazione della croce. Al mio invito – molto italiano – ad andare tutti a casa ed eventualmente annullare la cerimonia, tutti mi hanno detto che preferivano continuare e lasciare che i vestiti si asciugassero addosso. Il più fortunato forse sono stato io, insieme ad alcuni previdenti che avevano portato degli ombrelli (oggetto generalmente molto poco usato...). In sacrestia mi sono tolto la tonaca e la maglietta, bagnatissimi, e ho indossato camice e casula. I postulanti mi avevano invitato a togliermi anche i pantaloni, ma mi sono fatto vincere da un certo pudore... La celebrazione si è svolta con assoluta normalità e senza alcuna fretta o impazienza da parte di nessuno. Li ho ringraziati per l’esempio di fede dimostratomi.

La veglia del sabato santo l’ho celebrata alle 19.00 nella cappella de La Popa. Normalmente in Venezuela le celebrazioni previste per la notte si anticipano per motivi di sicurezza. Quando erano quasi le 22.00, sono rientrato in parrocchia, dove stava per iniziare la messa della vigilia animata dalle comunità neocatecumenali, la cui presenza è significativa per numero e servizio. Visto che era presto per andare a dormire, ho deciso di partecipare, almeno fino a tutta l’omelia, così, per vivere una liturgia pasquale della Parola in modo più lungo e approfondito. È stata una esperienza bella e positiva, terminata all’una e mezza del mattino, quando mi sono ritirato in camera mia, prima dei battesimi e del resto della messa, durata fino alle tre e mezza. Quello che mi è piaciuto di meno?!? Il canto di vittoria di Maria, la sorella di Mosé, e di tutto il popolo d’Israele dopo la lettura del passaggio del Mar Rosso. A Gravina mi dava i brividi ascoltare il Canto del Mare di Frisina, se non erro. Qui quello catecumenale mi è sembrato ridicolo, e molto meno solenne degli altri salmi cantati dopo le letture. Ma si sa, i gusti sono qualcosa di personale e indiscutibili... La mattina di Pasqua ho celebrato alle 9.00 nella cappella e il pomeriggio sono tornato in seminario.

E veniamo al lunedí dell’Angelo, a pasquetta. È stato un giorno molto particolare. Mi sono svegliato con la voglia di riposare e fare qualcosa di piacevole. Un giorno alla italiana insomma, anche se qui è lavorativo. E invece... Subito dopo colazione, dalle 9.00 alle 12.00, c’è stato da usare il coltello per separare dalle ossa e comporre la carne di un vitello che ci avevano regalato, per porre il tutto a congelare prima che andasse a male. Lo stesso motivo ha portato a pelare due sacchi di yucca nel pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.00. Questo è un tubero di forma allungata, la cui buccia è dura, e molto più difficile da pelare che le patate. Non c’è che dire: una pasquetta davvero originale e inattesa!!! In fondo, però, una bella esperienza di lavoro per la comunità insieme ai postulanti presenti.

Colombia e Ecuador, 23 gennaio-7 febbraio 2015


 

23 gennaio 2015 – Ogni anno, normalmente a gennaio, si tiene l’assemblea della Falc, cioè dei responsabili dei frati minori conventuali in America Latina. Quest’anno si è svolta a Quito (Ecuador), dal 26 al 31 gennaio. Per raggiungere la capitale ecuadoregna sono partito da Cúcuta (Colombia). Da quando sono cominciati i problemi tra il governo e le compagnie aeree, non è più possibile comprare biglietti in bolivares, solo in dollari. E non attraverso le agenzie venezuelane, ma per internet. Vista la valutazione enormemente esagerata della valuta estera rispetto al bolivar, si cerca di risparmiare al massimo sui passaggi. Spulciando e cercando, ci siamo accorti che partire da Cúcuta costa molto meno rispetto a Caracas. Inoltre, il seminario, dove vivo attualmente, si trova ai confini con la Colombia, poco distante da quella città. Un problema sono le code in entrata ed uscita. Ma questo è un discorso lungo, che riguarda vari aspetti politici e sociali della Venezuela di oggi...
Ho l’aereo domenica 25, alle 6.30 del mattino. Decido di partire con i nostri 5 giovani che vanno al noviziato in Paraguay, il cui aereo è alle 5.00 di sabato. Dovrò fermarmi un giorno a Cucuta, ospite di una famiglia amica. Arriviamo all’aeroporto senza grossi problemi, intorno alle 17.00, e ci predisponiamo a passare la notte lì, fino alle 2.00, quando aprono il check in. Ma la famiglia che mi ospita insiste perché andiamo tutti a mangiare a casa loro, per poi riaccompagnare i novizi all’aeroporto intorno alle 2.30. Naturalmente accettiamo volentieri, dopo una certa resistenza dovuta al fatto che non vogliamo dare loro fastidio. Ho sottovalutato la ospitalità latina.

24 gennaio – Passo tutto il giorno in casa, mentre i miei giovani amici sono al lavoro. Ne approfitto per terminare alcuni lavori al computer e giocare con il loro nipotino di 5 anni. La sera mangiamo un hamburger, e subito noto che cade pesante sul mio stomaco

Ecuador: Chiesa de la Virgen del Quinche
26-31 gennaio: Assemblea Falc a Yaruqui – L’agenda degli argomenti è piuttosto fitta. L’orario prevede circa otto ore di sedute assembleari, al di là dei momenti di preghiera e dei pasti. Il clima però è quello fraterno e allegro di sempre, per cui è un piacere condividere tempo con questi miei confratelli di altre circoscrizioni. Ne esco ogni volta incoraggiato ed edificato. Bella la casa di ritiro a circa 40 kilometri da Quito. Le suore vincenziane che la gestiscono sono di una gentilezza e disponibilità uniche. Ci mettono subito a nostro agio, in un clima molto familiare.
Sono il primo ad arrivare. Il viaggio è andato bene; ma sento che non ho digerito niente da ieri sera. Dopo pranzo mi corico un momento, ma lo stomaco lo sento davvero pesante e ho rigurgiti di vomito. Mi costringo a vomitare. Vomito come mai in vita mia. Mi sento alleggerito, ma evidentemente perdo anche troppi liquidi. Durante la messa della sera, in una parrocchia vicina, dove le suore mi hanno invitato a celebrare per aiutare il parroco che ogni domenica celebra cinque messe, al momento della consacrazione mi sento venir meno. Mi vedo costretto a sedermi e fino alla fine non riesco a rimettermi in piedi. Il parroco termina la messa e io concelebro come posso, seduto. Il malore è dovuto alla disidratazione e all’altura (siamo a circa 2.700 metri). Una flebo e il té di coca mi rimettono in sesto. Dopo un paio di giorni con piccoli malesseri, mi sento di nuovo completamente recuperato. Oltre le riunioni, un giorno e mezzo sono dedicati a escursioni turistiche.

Ecuador: Chiesa de la Virgen del Quinche
28 gennaio: Otavalo e dintorni  – Subito dopo colazione inizia questo giro che ci porterà alla cittadina di Otavalo, famosa per il suo mercato di artigianato ecuadoregno, e ad altri posti nei dintorni. Dopo una ventina di minuti entriamo a visitare il santuario de la Virgen del Quinche. Un gruppetto, nel quale fortunatamente mi trovo anch’io, si imbatte nel sacerdote responsabile del santuario, il quale ci porta in una stanza superiore dietro l’altare (“camarín de la Virgen”), dove possiamo arrivare a vedere molto da vicino la statua e ad accarezzarla. Ognuno dei presenti sale una piccola scala e si ritrova faccia a faccia con l’immagine della Madonna. È un momento toccante. Alcuni frati si commuovono 
profondamente, fino alle lacrime, per il privilegio inaspettato che ci è stato concesso. Io, europeo razionale, resto un po’ più freddo. Ma ammiro e mi commuove la fede bella, semplice e popolare dei miei confratelli. Avverto che mi manca qualcosa...

Otavalo e altri due paesi sono caratteristici per l’artigianato, come dicevo. Ma passo veloce per negozi e mercato, e mi dirigo a visitare le vie e il centro. Cosa che mi piace di più. Bella la visita al lago vulcanico di Cuichoa, con le sue due caratteristiche isolette.


Quito: Vista della città dalla altura de la Virgen del Panecillo
Quito: Chiostro convento S. Francesco















31 gennaio: Quito – Al pomeriggio visitiamo il centro storico della capitale. Partiamo a piedi dalla Iglesia de la Consagración, in bello stile neogotico, per proseguire attraverso la via che ci porta alla chiesa dei gesuiti, alla piazza della cattedrale, alla chiesa e convento di San Francesco. Una camminata che mi piace molto. Mi piace passeggiare per i centri storici, camminare storia e volti. E quello di Quito è un gioiellino. Le due chiese poi, dei gesuiti e dei francescani, sono uno splendore. Quasi a fine pomeriggio ci rechiamo in bus alla altura della Virgen del panecillo, la cui enorme statua domina sulla città sottostante, e da dove si gode un panorama stupendo su Quito. Aspettiamo il tramonto, per ammirare dall’alto le prime luci illuminare la città e i suoi preziosi monumenti architettonici. La visita meriterebbe più tempo, e mi pento già di non aver previsto di fermarmi un paio di giorni ancora dopo l’assemblea.




1 febbraio: Latitudine 0º – La domenica, per chi non ha già la partenza, è prevista una visita al “centro del mondo”, alla latitudine 0º. Vi è una parte un po’ più turistica, precedentemente considerata la linea dell’equatore, secondo calcoli del 1700. Con i nuovi strumenti ci si è accorti che l’equatore passa poco distante, dove è nato un interessante museo e dove ci si diverte a vedere gli effetti della latitudine 0 a livello di fisica.

Al pomeriggio, i pochi rimasti ci ritroviamo nel convento dei frati a Quito. Nasce imprevista la proposta del guardiano di andare in macchina a un centro termale vicino. In verità si trova a più di un’ora di distanza. Alcuni preferiscono fermarsi a riposare. Sono stanco. Ma le suore della casa di ritiro, che dopo il malore mostrano di avermi preso sotto la loro ala protettrice, e dove siamo tornati per lasciare alcuni e cercare pantaloncini, mi spingono ad andare. Alla fine i partecipanti siamo cinque. La strada sale fino a quota 4.000 metri, per poi scendere verso il paesino con le acque termali provenienti dal vulcano. È un’esperienza rilassante e divertente a un tempo.

Bogotà: strada del centro storico
2-7 febbraio: Bogotà – Ci arrivo ancora una volta pentito di non aver previsto una sosta più lunga a Quito. Siccome il mio volo prevede uno scalo in Bogotà, ho deciso approfittarne per conoscere la città e condividere alcuni giorni con i frati di questa comunità. Qui si trova il postulantato della Custodia di Colombia. Sono accolto molto bene e la condivisione è molto bella, semplice e fraterna. Mi sento subito in famiglia.
Bogotà: Chiesa di S. Francesco
Due mezze giornate sono dedicate al turismo; il resto del tempo lo passo in convento, lavorando al computer, leggendo e vivendo i momenti comuni con i frati e i formatori. Le escursioni turistiche sono organizzate per me da fray Alexander. Tutti gli spostamenti sono a piedi e in bus pubblici, perché i frati, da ormai dieci anni, non hanno macchina. La mattina del 3 ci rechiamo a Zipaquirá, per visitare le miniere con le loro opere architettoniche e plastiche in sale. Al di lá di esse, è suggestivo addentrarse nel ventre della terra. Mi piace anche il centro della città, soprattutto la cattedrale con la piazza adiacente. Il pomeriggio del 4 saliamo in funivia alla chiesa della Virgen de Monserrate. La vista d’occhio sulla città in basso è la cosa migliore del posto. La chiesa, anche se non eccezionale, non è male. Una volta scesi, ci addentriamo a piedi nella parte antica di Bogotà. Anche questa non è male. Ci sono angoli suggestivi in stile coloniale. La chiesa di San Francesco e il Museo de la Moneda, con le opere di Botero, sono interessanti. Però Quito è ad un altro livello.
La mattina del 6, mi reco con fray Julian, a celebrare alle clarisse. In bus ci impieghiamo un’ora per arrivare. La messa e la colazione offerta dalle suore mi restano come un ricco ricordo. Infine il giorno 7 mattina riparto per Cucuta e per il Venezuela.


Zipaquirá: Chiesa nella miniera di sale
Che dire di questi giorni?!? Sono grato a Dio e ai confratelli per le belle esperienze fatte. Una considerazione quasi spontanea uscendo dal Venezuela è sulla situazione di questi paesi rispetto al nostro. Ormai ciò che attira e affascina il venezuelano all’estero non sono solo le bellezze paesaggistiche o artistiche, i luoghi di divertimento o i cibi. Sempre più spesso, almeno a me capita, si guarda con invidia e ammirazione alla sicurezza sociale; al poter camminare per strada senza la compagnia di un timore indeterminato che ti succeda qualcosa; all’economia abbastanza stabile; alla possibilità di accedere a beni di prima necessità senza fare file assurde; alla varietà e abbondanza dei prodotti di consumo a prezzi non esorbitanti rispetto al salario minimo; alle infrastrutture meglio tenute e curate. E stiamo parlando di paesi latinoamericani, certamente con meno risorse rispetto al nostro. La tentazione che ti assale, a volte, è di rimanere, unita a perplessità, dubbi e rabbie.