domenica 30 marzo 2008

Cordero e... chigüire



Il simpatico animale della foto si chiama chigüire, ed è direttamente coinvolto nei riti pasquali. Diciamo che a queste latitudini – o almeno nella zona di Barinas e della pianura venezuelana – è la vera vittima sacrificale, molto più dell’agnello (=cordero, che non esiste nel menù familiare). Come potete vedere ha le dimensioni di un cagnolino e le abitudini acquatiche di un castoro o di un bufalo; insomma gli piace l’acqua. Le sue zampe sono adatte al nuoto. Per questo è considerato un... pesce!!! Con la possibilità e il gusto di mangiarne la carne cucinata, normalmente dopo un periodo di conservazione sotto sale, anche durante la Settimana Santa e l’astinenza. Per i cittadini di Barinas è un rito e una prelibatezza, sempre più caro e raro, per il pericolo di estinzione. L’ho provato (immagino già la faccia schifata dei miei amici italiani, la stessa dei venezuelani quando dico che mangiamo carne di cavallo) e non è davvero male. Forse avrei difficoltà maggiori ad assaggiare altri tipi di carne, tipici di alcune regioni: scimmia, iguana, serpente, piccoli coccodrilli... È proprio vero che il gusto è anche questione di cultura e abitudine.


Tornando però alla Settimana Santa in aiuto ai nostri frati di Barinas, devo dire che sono stato proprio contento dell’esperienza. A differenza della pastorale “navideña” i frati sono più inseriti nella realtà parrocchiale, conoscendola meglio. Inoltre, essendo un sacerdote in meno, si è potuto e dovuto lavorare di più, vivendo un servizio che può anche costare stanchezza in alcuni momenti, però ti arricchisce e gratifica oltremisura, come ho avuto modo di ribadire in più occasioni.
Ero incaricato del servizio sacerdotale in due zone: “S. Francisco” (coadiuvato da tre suore francescane che hanno lì una casa) e “Mi Jardín” (insieme ai seminaristi fray Jonathan e Joysmer); e a disposizione di altre necessità. Descrivo brevemente l’attività svolta, per averne un’idea, e non perché sia eccezionale rispetto al lavoro pastorale dei frati pugliesi nelle loro rispettive comunità.
La Domenica delle Palme, dopo la liturgia del mattino nella cappella S. Francisco ho confessato fino a mezzogiorno e in parrocchia nel pomeriggio. Lunedì e martedì sono stato nei villaggi rurali di “Vega de los indios” e “Las malvinas”, a circa due ore e mezza da Barinas, per confessare la gente e far sì che potessero avere almeno una messa nella settimana (il resto dei giorni è stato animato da due seminaristi e due membri della OFS). Dal Mercoledì al Venerdì Santo ho celebrato e confessato nelle due zone della città, dalle 16.30 alle 23.00-23.30. Nelle mattinate di Venerdì e Sabato Santo ho confessato in parrocchia, e sabato ho tenuto anche una breve relazione a un ritiro di giovani di tutte le zone pastorali. Infine, la mia vigilia pasquale è consistita in 3 celebrazioni (per favore, non storcano la bocca i liturgisti... se no vengano qui per capire): 18.15 nella cappella de “La Esperanza”; 20.00 in “S. Francisco”; 22.00 a “Mi Jardín”... e a mezzanotte e mezza l’ultima confessione di un giovane in necessità di una parola cristiana.

Che considerazioni e conclusioni?
Innanzitutto la grandezza sproporzionata della parrocchia. Magari non in quanto ad abitanti, ma a vastità del territorio e varietà di situazioni socio economiche. È quasi impossibile poter fare un lavoro pastorale adeguato. Occorre avere una mentalità missionaria e un laicato forte e preparato, che affianchi i frati nell’opera di evangelizzazione. Il pericolo, o forse già la realtà, è il proliferare delle sette o la caduta nell’indifferenza religiosa.
La situazione territoriale è difficile per la sua complessità, accompagnata a una generalizzata insicurezza sociale. Barinas, tranquilla fino a pochi anni fa, è teatro, come molte altre città e zone del Venezuela, di ogni genere di delinquenza e di una violenza barbara, con vari morti assassinati, soprattutto tra i giovani, in una guerra tra gangs o semplicemente per atti di ritorsione i cui motivi spesso sono futili. In tutto il territorio è diffuso il sicariato, che è quasi economico. Un giovane mi confessò una volta di essere appartenuto alla guerriglia venezuelana: una organizzazione paramilitare impegnata a fare “pulizia” di chi si macchia di delitti efferati, conosciuta e tacitamente riconosciuta(?!?) dalle autorità. La piaga dei sequestri a scopo di estorsione si fa sentire anche da queste parti.
Tra le confessioni di questa settimana santa mi ha impressionato l’alto numero di pre e adolescenti che hanno esperienze sessuali, non sempre occasionali, e senza alcuna educazione previa. Per cui non è difficile, soprattutto nelle zone rurali, imbattersi in madri intorno ai 15 anni, spesso senza un uomo al loro fianco. È il fenomeno diffusissimo delle ragazze-madri (=madre soltera). A questo proposito mi piace riportare, come testimonianza sintomatica, quanto scritto dai due volontari OFS di Guanare, Eugenio ed Elisabetta: “Abbiamo purtroppo dovuto rinunciare alla presenza di Jennifer, la cui mamma da circa un anno ha lasciato il marito con gli 8 figli, che sono costretti a passare le giornate a casa soli a fare le faccende domestiche. Purtroppo nemmeno il padre, che di giorno deve lavorare, è riuscito a convincerla a continuare qui da noi, da quando nella sua vita è comparso un fidanzato di 12 anni, come lei. E a quanto pare sembra avere abbandonato anche la scuola (in cui frequentava la terza elementare, senza ancora saper leggere e scrivere accettabilmente). Speriamo solo che non si senta già abbastanza “grande” da mettere su famiglia, come capita spesso qui a ragazzine della sua età. Proprio questo mese un’altra ragazzina, Zulimar, di 15 anni, che aveva partecipato per un breve tempo al gruppo giovanile della cappella, ha deciso di andare via di casa per vivere in un “ranchito”, una baracca di lamiera, con il suo fidanzato, di 25 anni. La sua scelta, come quella di tante altre, è stata dettata dall’illusione di vivere una vita migliore, scappando da una famiglia segnata dai tanti problemi creati da una padre da sempre violento e alcolizzato; purtroppo ci chiediamo quanti mesi saranno necessari perché rimanga incinta e si ritrovi a rivivere esattamente le stesse difficoltà da cui cerca di scappare”.

È chiaro che ho conosciuto anche persone splendide, molte, che vivono con speranza e gioia la loro esistenza e la testimonianza cristiana. Una continua scuola di vita, in situazioni spesso difficili, come quella di “Mi Jardín”, quartiere povero e a rischio delinquenza. La “cappella” è un piccolo terreno polveroso all’aria aperta, dove ho sperimentato, con la ridotta comunità presente alle liturgie, “persa” in mezzo ai tanti altri abitanti e rumori, una gioia forte e un senso di Dio che ti può dare solo il cuore della gente, meglio di qualsiasi cattedrale. Il Giovedì Santo, per ovvi motivi, l’asciugamano della lavanda dei piedi era diventato nero!! Il Sabato le ragazze del ministero di danza hanno danzato sulla nuda terra, stendendosi anche a terra, senza batter ciglio. Semplicità e impegno cristiano schietto che dovremmo imparare un po’ di più in Italia. So che in certi luoghi non si sperimenta sempre la poesia e che si può vivere qualcosa di bello se racchiuso in pochi giorni, ma i fanciulli e i giovani presenti mi hanno riempito il cuore e mi hanno fatto innamorare di loro. Come le altre meravigliose persone della parrocchia, tra cui molti santi neocatecumenali, che potrebbero dare tanto nell’evangelizzazione del territorio, se solo avessero catechisti meno gretti e meno chiusi sui loro interessi ristretti e sulle strutture del cammino, e più aperti a collaborare con i frati per il bene di tutta la comunità. I frati, dopo un periodo di assestamento e con tutti i limiti personali, stanno facendo bene, e la gente già vede la differenza da prima, e apprezza la maniera fraterna della conduzione e dei rapporti umani.
Peccato solo non aver portato la macchina fotografica, per testimoniare tutto questo anche da un punto di vista visivo. Ma penso che la immaginazione di ognuno sarà più efficace di qualsiasi foto. Ê che sono tanto trascurato e distratto...

martedì 11 marzo 2008

We are the champions



Circa venti giorni fa, a tredici dal 49º compleanno, mi è successo di vincere per la prima volta un torneo di calcio. Ci sono andato vicino alcune volte, ma non avrei pensato di poterlo vincere dopo quasi 40 anni di calci a un pallone. Esperienza bellissima quella del gioco del calcio prima, e del calcetto una volta terminati gli studi di teologia. E che continua ad accompagnarmi a discreti livelli, considerata l’età e il dover confrontarmi con ragazzi che spesso hanno meno della metà dei miei anni, che iniziano a farsi sentire. Però per ora tiro avanti, in attesa di appendere un giorno le scarpette al chiodo, grato a Dio che mi ha permesso di giocare finora e di approfittare del gioco come palestra di vita, occasione di socializzazione e di conoscenza dei ragazzi.
Tornando al torneo, lo abbiamo vinto in maniera completamente insperata, “all’italiana”, quando nessuno – noi compresi – avrebbe scommesso un “bolivaro” sulla nostra vittoria finale. È stato un torneo esterno, organizzato dall’associazione “Soldedi” (“Soldados de Dios”), che ha una spiritualità e una organizzazione educativa in tutto o quasi uguale agli scouts, e che sono assistiti da due nostri frati in formazione. Oltre a loro e noi, le altre 4 squadre erano composte da ragazzi del municipio di Palmira.
Abbiamo giocato due partite il sabato, perdendo la prima ai rigori e vincendo la seconda. La nostra fortuna forse è stato, paradossalmente, l’infortunio del nostro giocatore migliore, che è davvero bravo, ma che vuole risolvere le partite da solo, finendo per stressare se stesso e la squadra, fisicamente e psicologicamente. Così, dalla seconda partita sono subentrato io, che ero destinato a fare da spettatore.
Il giorno dopo siamo andati al campo con l’unico desiderio di divertirci, senza niente da perdere. E questa tranquillità, come spesso succede nel calcio (cf. gli europei vinti dalla Danimarca e dalla Grecia) ci ha fatto vincere. In semifinale abbiamo incontrato la squadra più forte in assoluto, che avrebbe dovuto fare un solo boccone di noi. Credo abbiano provato anche a prenderci in giro, ma alla fine sono dovuti – loro!!! – uscire ai rigori. In finale ci siamo ritrovati con quelli di Soldedi, che ci avevano battuto ai rigori il giorno prima. Dopo il pareggio in campo, ci siamo vendicati... ai rigori!
Pare quasi una vittoria epica, come la sto raccontando. Ed è stato invece un bellissimo momento di vita assieme e di gioia condivisa, ottenuta con la partecipazione massima di tutti. Sfatti e soddisfatti; io addirittura distrutto. Abbiamo festeggiato con vera gioia, perché arrivata, come già detto, in modo totalmente insperato, grazie e premiando l’impegno assoluto di tutti.
Ci siamo detti che, al di là della gioia della vittoria, è stata anche una bella lezione di vita: con lo sforzo e la collaborazione di tutti si possono raggiungere traguardi importanti, vissuti con la soddisfazione del successo e accolti come dono generoso, che premia più dei meriti effettivi.
E poi, vuoi mettere vincere il tuo primo torneo a poca distanza dall’aver compiuto 49 anni?!?... e dopo aver dato, con vera gioia, calci a un pallone per 40 anni?!?... ma non ho ancora smesso... per ora.
PS Le divise usate sono quelle ufficiali del seminario. Se magliette e pantaloncini (esclusi i miei, ridicoli) vi ricordano i colori dell'Inter, mbé c'avete azzeccato. Sono un graditissimo regalo di p. Pietro Carluccio, appassionato tifoso dell'Inter, risalente ad alcuni anni fa, in risposta a una richiesta esplicita dei ragazzi. E chissà, conoscendo i due e il loro sfottersi sull'argomento, che non sia stato anche uno scherzo giocato all'amico p. Germano, allora rettore del seminario e tifoso accanito della Juve.

sabato 1 marzo 2008

La colonna sonora dei miei 49 anni

Come dicevo, ci sono molte altre canzoni che appartengono a quelle che ti danno dei brividi ogni volta che le ascolti; queste sono quelle del febbraio 2008, che hanno fatto da "colonna sonora" dei miei 49 anni.
Non credo valga la pena spiegare il perché di queste scelte. Solo due parole per accompagnare ogni canzone, che presento in ordine di scoperta.
(Le riporto da You Tube, perché non conosco altro metodo più facile ed efficace)
Sally - Di Vasco Rossi, interpretata da Fiorella Mannoia. Secondo me la più bella e struggente del Vasco nazionale. Credo faccia riflettere su una vita reale e sull'importanza del quotidiano non banale, capace di trasformare un giorno di pioggia in occasione di suono, di dire che la vita in fondo e davvero non è tutta persa, e che c'è un senso al tutto anche al vagare.
Cyrano e Don Chisciotte - di Francesco Guccini. Forse il mio cantautore preferito. Scegliere un pezzo è difficile, perché i suoi brani sono autentica poesia in musica, molti dei quali li ascolto e riascolto sempre con piacere. Questi due si riferiscono a personaggi della letteratura mondiale, e diventano il pretesto per parlare della attualità e della necessità di volare alto, senza tradire i propri ideali. In un'epoca di frammentarietà e pensiero debole, il messaggio vale la pena essere ascoltato. E poi, mi piace tutto, musica e parole...
What a wonderful world - Una canzone stupenda di Louis Armstrong. La riporto con le immagini del bellissimo film (uno dei miei preferiti e sempre attuale) sulla guerra in Vietnam: Good morning, Vietnam! Il contrasto tra l'armonia delle note e il rumore della guerra, l'inno al creato e immagini di morte, gli splendidi paesaggi e i bombardamenti, è di un impatto formidabile. Ma tutto il film è un capolavoro da vedere e rivedere.
Imagine - di John Lennon. La canzone simbolo del pacifismo e la concordia tra i popoli. Lo spirito, più che le parole, semplici e non proprio poetiche, è quello che mi fa pensare nell'impegno per un mondo migliore, ad opera e vantaggio di tutti. Ho scelto un video non di Lennon (i Beatles a me personalmente non dicono niente e le loro canzoni, salvo pochissime come la presente, mi annoiano a morte), ma di Amnesty, che impatta molto di più.
Spero di non avervi annoiato troppo, con questo diario del mio compleanno in 4 puntate. In ogni caso, almeno su tale argomento, vi lascio in pace per un anno intero, fino ai miei 50...

Istanti

Non ho potuto continuare la narrazione sulle sensazioni personali da compleanno, perché il computer sta dando dei problemi e ci permette la connessione solo per pochi momenti al giorno. Che sia iniziata la rivoluzione umanista che pone al centro l'uomo e non la macchina?!?
In tutti i modi provo a riportare le parole e i suoni che hanno accompagnato i miei 49 anni. Naturalmente si riferisce a qualcosa di molto personale e attuale, vale a dire di quest'anno, anche se è vero che alcune canzoni fanno riferimento a tutta la mia vita. Senza escludere che ci sono molte altre parole e molti suoni che mi hanno sempre accompagnato e che ancora mi danno i brividi; ma questi si riferiscono appunto al presente anno 2008.
Le parole: Istanti, di J. L. Borges
Sono tratte da una poesia di Borges, che ho ascoltato in un incontro sul progetto personale di vita. Mi sembrano molto sagge ed esistenziali. E le riporto anche nella versione originale. Probabilmente uno non cambia mai, e io viaggerò sempre con una valigia eccessivamente piena; però si vivono le situazioni con maggiore tranquillità e senso di ringraziamento. E poi, arrivarci a 85 anni con la lucidità di Borges e il suo senso della poesia!!...
Si pudiera vivir nuevamente mi vida.
En la próxima trataría de cometer más errores.
No intentaría ser tan perfecto, me relajaría más.
Sería más tonto de lo que he sido,
de hecho tomaría muy pocas cosas con seriedad.
Sería menos higiénico.
Correría más riesgos,
haría más viajes,
contemplaría más atardeceres,
subiría más montañas,
nadaría más ríos.
Iría a más lugares adonde nunca he ido,
comería más helados y menos habas,
tendría más problemas reales y menos imaginarios.
Yo fui una de esas personas que vivió sensata
y prolíficamente cada minuto de su vida;
claro que tuve momentos de alegría.
Pero si pudiera volver atrás
trataría de tener solamente buenos momentos.
Por si no lo saben, de eso está hecha la vida,
sólo de momentos; no te pierdas el ahora.
Yo era uno de esos que nunca
iban a ninguna parte sin un termómetro,
una bolsa de agua caliente,
un paraguas y un paracaídas;
si pudiera volver a vivir, viajaría más liviano.
Si pudiera volver a vivir
comenzaría a andar descalzo a principios de la primavera
y seguiría descalzo hasta concluir el otoño.
Daría más vueltas en calesita,
contemplaría más amaneceres,
y jugaría con más niños,
si tuviera otra vez la vida por delante.
Pero ya ven, tengo 85 años
y sé que me estoy muriendo.

Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igenico.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.
Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.
Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.
Ma se potessi tornare indietro,
cercherei di avere soltanto momenti buoni.
Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.
Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell'acqua calda,
un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera
e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.
Farei più giri in calesse,
guarderei più albe,
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
Ma vedete, ho 85 anni
e so che sto morendo.