mercoledì 12 aprile 2023

64 anni… a distanza di due mesi

Sto scrivendo il 12 aprile, a due mesi di distanza dal mio compleanno. Perché tanto ritardo? Non ho una spiegazione plausibile. Penso che la colpa sia soprattutto mia e della mia inveterata pigrizia a mettermi a scrivere, anche se poi quando parto, parto. Tuttavia, è vero anche che a volte è difficile mantener fede a una “tradizione”, specie quando la vita e gli impegni ti corrono accanto e i giorni ti scorrono dietro, inesorabili. Così ti tocca cogliere una occasione insperata e inedita per sederti di fronte allo schermo e cominciare a comporre con le lettere della tastiera. Stamattina sarei dovuto andare a Bari per un incontro dei frati, ma poi tutto è saltato a causa di differenti motivi. Inoltre, una lombosciatalgia, iniziata a farsi sentire a pochi minuti dalla Veglia pasquale (sabato 8 aprile), mi costringe a casa.

Oggi poi è un giorno particolare. Mio zio Michele avrebbe compiuto 80 anni. È morto in modo improvviso, portandosi dietro la sua luminosità, il suo ottimismo e la sua grande gioia di vivere. Ernesto S., suo amico fin dall’infanzia, morto anch’egli in modo inatteso per covid, mi diceva sempre che gli ricordavo questo mio zio. Non gli ho mai chiesto se per l’aspetto fisico o per il carattere; a me fa piacere pensare che fosse per entrambe le cose.

46, anni speculari di 64 – Il gioco continua, insieme all’obbligo del ricordo e alla gratitudine. 46 anni: 2005. Ultimo anno della mia presenza a Gravina in Puglia e di parroco della comunità. Ho accettato con molte riserve questo incarico, quando mi è stato proposto nel 2001. Non mi ritenevo all’altezza del compito. Grazie alla collaborazione di bravissimi laici e ai consigli e suggerimenti paterni di qualche parroco più esperto ho invece vissuto una splendida esperienza. Giunta ora al capolinea, prematuramente. Già da due anni prima il Provinciale mi aveva chiesto di andare a sostituire fra Francesco Calderoni come padre spirituale del seminario di Palmira, in Venezuela, avendogli chiesto anni prima di poter fare una esperienza in terra di missione. Sinceramente mi ero messo l’animo in pace, avendo ricevuto un invito a rimanere piuttosto in Puglia. La proposta mi è caduta addosso come un secchio di acqua gelata, trovandomi davvero bene nella nuova situazione di parroco e nella comunità di Gravina. Essendoci il Capitolo provinciale nel 2005, siamo rimasti d’accordo che se il Ministro in carica fosse stato riconfermato io sarei partito per il Venezuela. Tra i candidati a Ministro provinciale si faceva anche il mio nome, ma ho chiesto a Dio che tutto si svolgesse secondo la sua volontà e che mi desse in seguito la forza per obbedire. È poi andata come sapete, ma per me non è stato facile gestire i giorni e l’altalena di emozioni che hanno preceduto la partenza per il Venezuela. Mi davo coraggio dicendomi che in fondo si sarebbe trattato di soli 4 anni… che sarei tornato appena possibile… Sono tornato dopo 12 anni, ancora una volta per obbedienza.

Terminato il Capitolo, a luglio, ho inoltrato la richiesta di soggiorno al vice consolato di Napoli. Non conoscevo la burocrazia venezuelana e solo dopo avrei capito che un sacerdote non era considerato il benvenuto dal governo in carica; per cui la risposta a simili richieste tardava mesi, nella speranza che il richiedente decidesse di non partire più. Io ho approfittato di un permesso di turista per un anno (che adesso non esiste più) e a dicembre son potuto partire. Il 6 da Gravina a Roma, accompagnato in macchina da Nicola e Lello; il 7 decollo per Caracas. I giorni iniziali in Venezuela li ho descritti nella mia prima lettera da quella terra. Ma il pomeriggio tra il 6 e il 7 dicembre del 2005 è stato uno dei più pesanti della mia vita. Partiti i miei amici, mi sono ritrovato solo, con una enorme folla di pensieri e nostalgie che mi ronzavano in testa. Un pomeriggio e una notte pesanti; ma il giorno dopo, salito in aereo, mi sono sentito stranamente rasserenato. Alla luce di quanto vissuto in Venezuela, non posso che ringraziare Dio per avermi abbondantemente ricompensato e ripagato per i giorni difficili, a livello emotivo, che hanno preceduto la mia partenza. 

Festival di Sanremo – Come ogni anno, un “trafiletto” del mio diario di compleanno è riservato a Sanremo, per il fatto che il festival si svolge a ridosso di quel giorno. Quest’anno è coinciso addirittura con l’ultima serata. Non svelo niente se ripeto che non seguo il festival; non per un atteggiamento snob, ma perché proprio non mi prende.

La canzone che ha vinto è “Due vite”, di Marco Mengoni. Di essa mi ha colpito solo il titolo, oltre che la bellissima interpretazione. Perché mi ha portato a pensare che finora ho avuto una vita intensa nella sua ordinarietà quotidiana; anzi, forse due, se si considera Italia e Venezuela, o più, se penso ai luoghi e alle relazioni che ho vissuto e che mi hanno tanto arricchito.

La canzone in gara che penso rappresenti di più il mio mondo è “Supereroi” di Mr. Rain; ma è un giudizio parziale, conoscendo molto poco gli altri brani. Sempre mi è piaciuto seguire un po’ la serata delle covers, non riuscendo mai a fermarmi fino alla fine. Di quelle ascoltate, Giorgia ed Elisa mi sono parse a un livello superiore. Tuttavia chi mi ha emozionato di più è stato Bennato, il nostro Springsteen di Napoli, invitato da Leo Gassman. La sua chitarra e la sua armonica muovono le corde del cuore; i suoi testi, mai banali, sono cibo per il cervello e alimentano ideali.