domenica 3 marzo 2024

65 anni

Questa volta il mio compleanno è caduto di domenica, per cui sono stato impegnato maggiormente da un punto di vista pastorale. In verità avrei avuto la mattinata libera, ma don Fabrizio mi ha chiesto di aiutarlo con la celebrazione della Messa delle 10.30 a Torre Lapillo. Vado comunque sempre volentieri a celebrare là, sia per la buona partecipazione della gente, sia per la vicinanza al mare. Dopo la Messa, il mio amico Vittorio Damanzo mi ha invitato al bar di fronte per un caffè, insieme a sua moglie e una coppia di loro amici, ignari del mio compleanno. Abbiamo trascorso quasi un'ora in piacevole conversazione, cercando di far affiorare nel mare dei ricordi episodi e persone legati al nostro anno di seminario a Monte, nel lontano 1973-74. Naturalmente a mezzogiorno i miei frati mi hanno festeggiato con il taglio della torta; cerimonia ripetuta con i laici nella Sala Francescana, dopo la celebrazione vespertina. Il resto del tempo l'ho passato, come ogni anno, a rispondere alle telefonate e ai messaggi di auguri arrivati via whatsapp, cosa che non sono ancora riuscito a fare con quelli arrivati su facebook.

A proposito delle torte, entrambe avevano una mia foto sopra, in materiale commestibile. È stato singolare vedere come venivo fatto "a pezzi" durante il taglio della torta e la sua distribuzione ai presenti. Ognuno riceveva un frammento della mia foto e lo mangiava. Ho pensato che in fondo la mia persona e la mia storia sono un insieme di frammenti, di momenti, di attimi, che formano però una unità, la mia. I sapori variano, pur se di poco, in base agli ingredienti in ogni pezzo e alla loro quantità, ma soprattutto in base al gusto di ogni singola persona. Mi fa piacere pensare che tante persone, durante questi miei 65 anni, hanno ricevuto un pezzo della mia vita. Spero sia loro servito, e che la condivisione sia stata per loro fruttuosa, dolce e leggera. Da parte mia chiedo perdono se a volte, pur non volendolo, sono stato indigesto per qualcuno, o procurato amarezza; spero che il buon Dio abbia rimediato ai miei errori. Io oggi mi sento arricchito, nella mia storia e nella mia persona, da tutto e da tutti.

 56, anni speculari di 65 – È l’ultima possibilità che ho, nella decade dei 60 anni, di continuare con questo gioco dell’anno allo specchio. Dai 66 in poi non potrò più per ovvie ragioni matematiche. Dovrò attendere i 70, e sperare di avere ancora voglia di giocare questo gioco, ma soprattutto di avere memoria per farlo.

56 anni: 2015. Sono andato sul mio blog per rileggere come avevo vissuto il mio compleanno numero 56, già in Venezuela, e stranamente non ho trovato niente. Vi è la descrizione dei giorni immediatamente precedenti, trascorsi tra Quito e Bogotà, ma dell’11 febbraio non esiste traccia scritta, e nemmeno ho memoria di come l’ho vissuto o di cosa abbia fatto. Non so spiegare perché non ho scritto niente, il motivo di questo vuoto testimoniale inerente a una consuetudine direi consolidata, portata avanti negli anni precedenti al 2015 e nei seguenti.

In ogni caso, il 2015 è stato l’ultimo anno del mio quadriennio da custode in Venezuela. Un'esperienza a volte difficile, con imprevisti fraterni (la morte di fray Edisson, l’uscita dall’Ordine di fray Johan, l’abbandono del ministero da parte di fray Jesús, ecc.) e istituzionali (cambio in corso di comunità, mia itineranza fuori da Guanare per tappare i buchi creatisi nelle fraternità di Barinas e Palmira), e purtuttavia arricchente in quanto ad esperienza e relazioni umane con frati e laici. Ho accettato l’incarico per rispetto alla volontà dei miei fratelli venezuelani che mi avevano votato, ma con riserve interiori circa le mie capacità organizzative, la gestione dei rapporti con le istituzioni e la burocrazia, le questioni socio amministrative: cose per le quali non mi sento molto portato.  Nel mio servizio di custode mi sono quindi proposto e preoccupato di puntare al valore delle relazioni, a presentarmi e pormi come padre e fratello, sulla scia di quello che San Francesco chiede particolarmente a un ministro della fraternità, e come tale credo di essere stato percepito e accolto.

Più in generale, sento di poter affermare che la fraternità sperimentata in terra venezuelana è ciò che maggiormente ha marcato la mia presenza in quella regione benedetta, tra quella gente generosa e ospitale. Da subito mi sono sentito parte di quella terra e di quella cultura; dai venezuelani, frati e laici, sono stato accolto e trattato come un fratello. Inviato in Venezuela per dare, ho piuttosto ricevuto, e in abbondanza. 

 Festival di Sanremo – Come da tradizione, una parola sul festival, che ha vissuto il suo ultimo atto la sera di sabato 10. La canzone vincitrice, quindi, è stata proclamata proprio nelle prime ore di domenica 11 febbraio. Io naturalmente ho appreso della vittoria di Angelina Mango solo dopo essermi svegliato. Già sapete che non seguo il festival perché non mi attira; quest'anno poi ho guardato solo qualche breve spezzone, ancora meno degli altri anni.

La canzone vincitrice è stata “La noia”, di Angelina Mango (non ci si è distaccati molto dal cognome del vincitore dello scorso anno: Mengoni). Ho apprezzato che si trattasse di una "cumbia" (è per il mio animo mezzo latinoamericano), ma il testo non mi ha preso molto. Ho ascoltato solo poche canzoni e non posso dire che mi abbiano entusiasmato, né in quanto a parole, né in quanto a musica. Quelle che maggiormente passano per le radio mi sembra che puntino più sulla orecchiabilità che su altro, a mo’ di tormentone. Ma forse, anzi di sicuro, sono io che non capisco, con i miei gusti retrò da sessantacinquenne.