lunedì 15 dicembre 2008

Anniversari

Madonna, quanto tempo è passato dall'ultimo post!!! In verità non ci sono grandi cose da raccontare. O forse semplicemente non ne ho avuto molta voglia. Di certo non si deve a distacco emozionale né a dimenticanze da lontananza.
Approfitto per aggiornarvi, tramite una lettera del Custode del Venezuela (con i suoi inevitabili "spagnolismi"), sugli ultimi avvenimenti della Custodia, ai quali ho partecipato con interesse e gioia. Mi pare che la visita del Provinciale prima del capitolo sia andata abbastanza bene. Ancora tante cose sono da migliorare nella nostra vita e testimonianza francescane; però ci sono dei buoni segnali di crescita. E anche gli anniversari sono stati ben festeggiati, non tanto da un punto di vista celebrativo, quanto di formazione e confronto. Di seguito quanto scritto dal Custode per il Natale prossimo.



Carissimi,
Avvicinandosi la Festa di Natale, cosí cara a tutti noi, vogliamo espressare i nostri sentimenti di auguri e, allo stesso tempo, di gratitudine verso tutti voi, che ci accompagnate in questo cammino missionario che facciamo ormai da 30 anni. E sí! Sono 30 che abbiamo aperto questa Missione, a nome dell’Ordine Francescano Conventuale e, in particolare, a nome della nostra Provincia Pugliese. Diciamolo: questo cammino é stato possibile anche grazie a voi, cari Confratelli, Amici e Benerattori, che ci avete accompagnato con tanto amore e anche con tanto sacrificio.

Il 28 Novemebre u.s., abbiamo celebrato questo anniversario, in unione anche alle nostre Sorelle Clarisse, che, a loro volta, hanno celebrato i 25 anni della loro venuta a Venezuela. Vi relato, in breve, quello che abbiamo vissuto:
1. Il Captitolo Spirituale. Per noi é stata l’iniziativa principale. Questo capitolo ci ha messo in sintonia con il nostro Progetto Custodiale. La presenza del nostro Provinciale, P.Giuseppe Piemontese y di P.Miguel Angel Lopez, confratello della Provincia di Argentina, é stata di grande aiuto per l’esito del Capítolo. Tutto si é svolto sullo sfondo dell’VIII centenario della fondazione dell’Ordine. Le conferenze di P.Miguel Angel, un esperto in francescanesimo, ci ha rinfrrescato “la memoria” del nostro carisma francescano conventuale, mentre il P.Giuseppe, che da anni puntualmente ci visita e conoce bene la nostra realtá frncescana venezolana, ci ha aiutato ad essere fedeli a quanto promesso e tracciato nell’ultimo Capitolo Ordinario di Luglio 2007. Tutto é stato Grazia della Divina Provvidenza! Un dettaglio: la celebrazione del Capitolo, nella Casa di Ritiri nelle vicinanze del Santuario Nazionale, Nstra. Señora de Coromoto, nel quale abbiamo celebrato due Eucaristíe, ha impresso al Capitolo quel tono mariano, che é rinfrescante per il nostro spirito. Ai piedi della nostra Regina e Madre, abbiamo rinnovato la nostra consagrazione.
2. La solemne concelebrazione del 28 /11 si é realizzata in San José Obrero, dove 30 anni fa abbiamo iniziato la missione, con sentito spirito di ringraziamento. La presenza del Nunzio Apostolico in Venezuela, nostro amico e paesano, Mons. Giacinto Berloco, e del vescovo di Guanare, ha dato particolare rialzo alla celebrazione. C’é stata grande concorso di fedeli, che hanno participato con giubilo alla nostra celebrazione.
3. La celebrazione dei 25 anni della presenza delle Clarisse é riuscita molto bene. Le consorelle hanno avuto un’idea meravigliosa: celebrare un “novenario” di preparazione alla festa, invitando per ogni giorno del novenario, le varie categoríe di persone appartenenti ai movimenti ecclesiali,. Questo ha permesso apertura e contatto con il “popolo cristiano”, molto importante per loro, chiuse nel “mondo” della Clausura. La presenza del Assistente Generale per le Clarisse, il p. Eduardo Brentari, e di due Consorelle Clarisse di Altamura, ha dato una nota di calore umano e di stimolo per le nostre Clarisse. Il tutto si é concluso con una solemne Concelebrazione nella Cappella del Monastero, presieduta, dal Nuncio Apostolico, Mons. Giacinto Berloco e dal vescovo di Guanare, oltre ai Frati della nostra Custodia.

E cosí andiamo avanti, con la fiducia posta nella Provvidenza del Padre e accompagnati dall’intercessione dell’Immacolata, Patrona del nostro Ordine e della nostra Missione, di San Francescco e dei Santi della nostra Provincia, San Giuseppe da Copertino e San Francesco Antonio Fasani, riprendiamo il nostro cammino, dopo averlo percorso per 30 anni in terra venezolana, tra gioie, dolori e difficoltá de ogni genere. Tutto per la la Gloria di Dio e l’avvento del Suo Regno!

¡BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!

Naturalmente ai suoi auguri, unisco i miei. Io starò fuori del seminario fino al 4 gennaio. Infatti, da oggi fino al 25 andrò a Venegara, villaggio rurale di montagna, per vivere la novena con gli abitanti del luogo e aiutare in qualche altro villaggio vicino. Poi andrò nella nostra parrocchia di Pueblo Llano per sostituire fray Franklin e dare una mano al parroco, soprattutto i primi tre giorni di gennaio, quando lì si festeggia - alla grande - S. Benito da Palermo, un francescano di origini africane. Poi cercherò di tenervi aggiornati.

Un'ultimissima cosa. È una "comunicazione di servizio": abbiamo cambiato il numero di telefono del seminario, che è: 0058 276 3944049







giovedì 16 ottobre 2008

Ritorno in Venezuela

È trascorsa una settimana dal mio arrivo in Venezuela... Giornate segnate da una certa freneticità negli spostamenti e nell’assunzione degli impegni quotidiani.
L’8 ottobre sono partito da Roma (dove ero arrivato il giorno prima dalla mia amata Monte) alle 12.00 circa, per giungere a Caracas intorno alle 16.00 ora locale (le 22.30 in Italia). Ho viaggiato in compagnia di fra Gianbattista Buonamano, responsabile per l’Italia dell’animazione missionaria. All’aeroporto abbiamo svolto con rapidità e senza problemi tutti i vari adempimenti. Accolti da fra Germano, ci siamo diretti al nostro convento.
L'indomani ho accompagnato fra Gianbattista a visitare il centro storico, e a mezzogiorno ci aspettava zia Maria per una pastasciutta che è servita a lenire la fame e il distacco dalla cucina italiana. Alle 16.30 ero in metropolitana per raggiungere la stazione degli autobus e alle 18.00 partivo per S. Cristobal, dove sono arrivato il giorno seguente, poco dopo l’alba.

Il 10 ottobre ho celebrato i miei 21 anni di ordinazione sacerdotale. In pieno anonimato. Nessuno qui si è ricordato dell’evento (dall’Italia ho ricevuto qualche telefonata e messaggi); ma la cosa non mi ha dato alcun fastidio. Ci ho tenuto a stare qui in questa data perché lo avevo promesso ai 5 frati che oggi ricevono il titolo in teologia e che lasceranno il seminario per le rispettive comunità alle quali sono stati destinati. La cerimonia di consegna nell’aula magna dell’istituto è solenne e pomposa a un tempo, qualcosa a cui tutti tengono molto. I neolaureati si rivestono di toga e berretto, come il consiglio dei professori universitari, che però hanno stole differenti. Tra questi ultimi avrei dovuto esserci anch’io, ma mi sono fermamente rifiutato: mi sentivo ridicolo quanto al “travestimento”, e a disagio quanto all’altisonanza del ruolo. La cosa più bella è stata l’omelia del vescovo durante la Messa, nella quale invitava a non sentirsi arrivati nella ricerca scientifica e nella curiosità teologica; a sviluppare un pensiero solido nella ricerca del bene, e plausibilmente critico verso ogni tradimento della verità; a non cullarsi o gloriarsi di titoli, che possono risultare vuoti e favorire la mediocrità, se non supportati dalla vita e dal servizio.

Domenica 12 ho potuto riabbracciare, anche fisicamente, coloro che normalmente frequentano la cappella del seminario per la Messa festiva e che costituiscono una parte dei nostri amici. Nel pomeriggio, a sorpresa, mi è stato offerto di andare allo stadio per assistere alla partita di eliminatorie per i mondiali del 2010 tra Venezuela e... Brasile!!! Il possessore dell’entrata aveva problemi di stomaco, per cui il nostro amico Alirio, che già aveva offerto un ingresso a fray José Luis, mi ha chiamato per chiedermi se volevo aggregarmi a loro. La risposta era ovvia. Ci pensate?!? Julio César, Maicon, Juan, Lucio, Kleber, Josué, Gilberto Silva, Elano, Kaká, Adriano, Robinho. Il risultato giá lo conoscete. Lo spettacolo non è stato proprio all’altezza dei nomi.
Ora ho ripreso in pieno la vita del seminario e l’insegnamento all’Istituto di teologia. Quanto al primo, siamo anche quest’anno in 15: 5 postulanti nuovi; 6 prenovizi; 4 postnovizi. Le materie di questo semestre sono: Introduzione al Nuovo Testamento (3 ore) e Ebraico (2 ore). Diverse in contenuti e ore da quelle annunciatemi prima di partire per l’Italia; ma tanto, questo non mi sorprende più.


Solo cronaca e nessuna considerazione?!? Vale quanto scritto già negli anni precedenti. Sento di avere due case e due realtà familiari: la italiana e la venezuelana; per cui sto bene in entrambi i luoghi. Non sempre una famiglia allargata è sinonimo di ricchezza; nel mio caso sì. E mi costa partire per l’Italia e dall’Italia. Che complicata bellezza è il cuore umano e il mondo degli affetti!!! Un bacio a tutti.

giovedì 28 agosto 2008

Poche ore




Momenti del Juconfra 2008

Ancora poche ore e sarò in volo verso l'Italia. Mi fermerò fino all'8 ottobre, quando viaggerò in direzione contraria. Non voglio parlare delle sensazioni della partenza, che già ho sviscerato altre volte. No.
Parto tranquillo, sapendo di andare incontro a luoghi e persone care, dei quali potrò godere per un tempo ristretto. So già che non riuscirò a vedere tutto e tutti come vorrei e come sarebbe giusto. Ma il tempo davvero è tiranno quando si vivono certi tipi di esperienze. E i giorni della mia permanenza in Italia sono pochi per tutte le aspettative e speranze. Assaporerò qualcosa; che è già una degustazione che risveglia cuore e sentimenti. Certo, non sazia...
Parto tranquillo. Forse perché in compagnia di altri due frati venezuelani, che vanno in Italia per un corso di formazione in Assisi. O forse perché so che... torno. Eh sí, anche di questo ho già parlato. Man mano che passa il tempo, queste realtà e questa gente le sento sempre più mie. È normale. Non mancano le diversità e conflittualità nei modi di pensare, di leggere la realtà, di progettare... però mi sento sempre più in famiglia.
Ho trascorso gli ultimi dieci giorni a Caracas, nella nostra parrocchia, in compagnia di padre Germano, perché la comunità potesse essere di almeno tre frati (gli altri sono in vacanza), e per aiutarlo nel lavoro pastorale (poco in verità: 1 messa al giorno). Ne ho approfittato per cominciare a "respirare" aria italiana, grazie a un giorno con i miei cugini e rispettive famiglie, e alla cucina di mia zia, con la quale ho condiviso qualche pranzo, visto che lei non vive molto lontano dal convento. È stato bello anche celebrare la sera per le 6-7 persone di terza età che frequentano assiduamente la cappella di Fatima (pochi altri erano avventizi e venivano per le intenzioni di quel giorno), e che ora mi vogliono molto bene (non hanno avuto tempo di conoscermi davvero, per fortuna mia e loro...). La cappella si trova in una zona un po' più "rossa" della parrocchia e si cammina per 15 minuti per raggiungerla. Mi ha dato occasione di vedere il quartiere quando inizia a farsi buio, sensazione che finora non avevo vissuta per la pericolosità del luogo, soprattutto in ore più tarde.

Prima di Caracas ho vissuto un paio di mesi molto intensi. Del Costarica già ho scritto. Di ritorno ho potuto partecipare all'uscita di fine anno, organizzata dai seminaristi, a Chichiriviche, dal 26 al 31 d luglio. Finalmente un po' di turismo vero!!! Ci è costato arrivarci. Per problemi alla "buseta", abbiamo impiegato due giorni all'andata e uno intero al ritorno. Però i tre giorni lì sono stati belli e hanno fatto dimenticare gli inconvenienti. È stato il mio primo vero contatto col Mar dei Caraibi, specie nella visita a "los cayos": isolotti di quelli che si vedono nelle pubblicità sui mari tropicali. Le foto di quei giorni è meglio non pubblicarle!!! Interessante il fatto che abbiamo potuto conoscere meglio i ragazzi in un ambiente di libertà e vacanze. Non sono mancate conferme e alcune sorprese, utili per impostare o aggiustare la formazione in seminario.
Dall'1 all'8 agosto vita di seminario, con lavoro manuale per preparare l'incontro annuale del Juconfra, che si è tenuto dall'8 all'11, e ha visto la partecipazione entusiasta di 170 giovani. Sono stati giorni belli e intensi, che io ho vissuto a metà, perché sono dovuto andare a Guanare dal 10 al 12 per aiutare nella parrocchia (anche lì alcuni frati erano in vacanza e p. Pietro era al Juconfra). Ho celebrato tre messe domenicali, oltre quella del sabato sera: cappella di Fatima; villaggio di Papelón; parrocchia di S. José Obrero. Poi di nuovo al seminario, fino al 18, e quindi Caracas.

I nuovi dipinti nella chiesa di Caracas,
che la rendono molto più bella e solenne

domenica 13 luglio 2008

Alajuela - Costarica







Dalla sera dell’8 sono in questo piccolo, e a prima vista molto bello, paese dell’America Centrale.
Non è stato facile arrivarci. Prima alcune remore personali sulla mia presenza all’incontro del Ministerio de Reflexión della Falc (=Federazione per l’America Latina dei Conventuali) e al seguente convegno dei fratelli religiosi dell’Ordine. Poi difficoltà dell’ultimo momento: non tenere con me il certificato di vaccinazione contro la febbre gialla, obbligatorio per chi viaggia per il Costarica dal Venezuela (nessuno mi aveva informato della cosa); ritardo di un’ora per atterrare all’aeroporto di San José, a causa della pioggia forte; la scadenza del passaporto che non mi avrebbe permesso entrare nel paese (occorrono almeno sei mesi di validità e il mio ne ha ancora solo due; mi ha salvato l’essere frate...).
Perplessità personali e contestuali che si sono dissipate di fronte all’accoglienza bella dei frati del luogo e degli altri componenti il Ministerio suddetto. Alcuni mi hanno detto beato per questa occasione di viaggio; di altri sono forse stato oggetto di invidia... Vi assicuro che sarebbe stato molto piú comodo rimanere in seminario, invece che lavorare sodo come si sta facendo in questi giorni. Ci sono almeno sei ore di sedute intense dedicate all’ordine del giorno e alla finalitá della Commissione: offrire un servizio di riflessione, aperto al contributo di tutti i frati latinoamericani, per leggere e vivere il nostro essere francescani conventuali in questo continente. Non so perché io stia qui, ma dai lavori, ai quali cerco di apportare il mio contributo, mi sento molto arricchito. Come anche dalla presenza di frati provenienti da varie realtà (Argentina, Brasile, Uruguay, Colombia, Costarica... Venezuela-io) e molto validi, sia per preparazione culturale che per santità di vita. Abbiamo deciso di aprire un blog come luogo di confronto globale, e di pubblicare una rivista nostra annuale; strumenti per aiutare, stimolare a riflettere e a dare ognuno un contributo personale.
Quanto al Costarica, suppongo sia un bel paese. Non abbiamo avuto occasione di visitare quasi niente. Oggi è stato l’unico giorno libero e ci hanno portato a visitare il cratere di un vulcano (non si vedeva niente per la presenza di nubi); e un piccolo parco con cascate, interessante e bello. Mi hanno colpito però piú alcune altre cose: il verde, l’ordine e la pulizia che, uniti a una situazione economica favorevole, gli hanno meritato l’appellativo di “Svizzera dell’America latina”; il fatto che non abbia un esercito (che bello!!!).
Da domani riprendono in pieno i lavori, alla presenza anche del Ministro generale, ed eviteró di ricordare che è... domenica!!! Terminati i quali, martedì, inizierà l’incontro dei fratelli religiosi, mercoledì. E, siccome sono qua, gli organizzatori hanno pensato bene di coinvolgermi. Ritorneró in Venezuela il 22; ma spero di rifarmi vivo prima.


martedì 8 luglio 2008

Vita nel seminario

Affreschi francescani, un po' naïf, che adornano le pareti del semichiostro del seminario








Ben ritrovati a tutti!! È da tempo che non scrivo di me e della vita in seminario qui sul blog. Forse perché non c’erano cose importanti da dire, o per svariati impegni. O semplicemente, non sono riuscito a motivarmi per scrivere del quotidiano o di alcuni pensieri sparsi.
Sto scrivendo dal convento di Caracas (e non ho molto tempo a disposizione), dove mi trovo da ieri, in attesa di volare per il Costarica. Paese dove mi fermerò due settimane (8-22 luglio) per partecipare a due convegni della Federazione di America Latina dei Conventuali (=Falc): uno di riflessione sulla nostra presenza in questi paesi; l’altro dei fratelli religiosi. Per ovvi motivi mi sento un po’ a disagio nel rappresentare il Venezuela nel primo evento, e ad accompagnare – giacché sono là – i fratelli religiosi nel loro convegno latinoamericano. Pare che tutti mi invidino per questa opportunità di “viaggiare”, anche se immagino che di turismo se ne farà molto poco. Io ci vado più per dovere di obbedienza a una richiesta del definitorio custodiale. Viaggiare per viaggiare già non mi dice molto e non mi dà le stesse sensazioni di una volta. Starò invecchiando?!? Sto invecchiando!!...
Come detto, non ci sono grosse novità. Molti mi chiedono quando è previsto il mio arrivo in Italia. Ora posso rispondere con una certa sicurezza, dopo aver ottenuto il visto per il prossimo anno. Se tutto va secondo previsione, dovrei arrivare in Italia il 29 agosto e ritornare i primi di ottobre. E dire che pensavo di partire verso fine maggio. Meno male che non ho comprato il biglietto...
Per quel che riguarda la vita in seminario, come già detto ad alcuni e forse accennato per iscritto, quest’anno ci sono alcune novità che ritengo belle e interessanti, anche se a volte incomodano un poco. Mi riferisco a una maggiore apertura al territorio e al lavoro pastorale.
Abbiamo accettato di rispondere con maggiore generosità a richieste di convivenze giovanili, sia di studenti che di gruppi o movimenti ecclesiali. Normalmente durano una giornata, però abbiamo avuto anche esperienze di convivenze nel fine settimana. Esse sono animate dai nostri seminaristi, specie teologi, mentre noi sacerdoti siamo a disposizione per eventuali celebrazioni sacramentali.
Noi formatori siamo molto più disponibili ad aiutare dove ci fosse una richiesta o una necessità, qualora non intacchi l’impegno educativo nel seminario. Per esempio, nell’ultimo mese ho avuto vari impegni extraseminaristici: celebrazione di un novenario di defunto in una cappella di suore; sostituzione del parroco del santuario del Santo Cristo de La Grita, con 3 Messe al giorno; celebrazioni varie (anniversari, compleanni, eventi laici e religiosi, ecc.); appoggio a un movimento di laici che organizzano ritiri per persone lontane dalla chiesa nei fine settimana (confessioni al sabato per circa 4-5 ore di seguito, e Messa alla domenica alle 13.00). Oltre, come dicevo, agli impegni fissi del seminario e all’insegnamento. E, come me, gli altri formatori.
Durante un incontro formativo, i seminaristi teologi si sono espressi favorevolmente su queste modalità pastorali che coinvolgono tutto il seminario. Naturalmente occorrono organizzazione e rispetto delle priorità. Essi dicevano che tali aperture ci permettono di sentirci meno isolati, più utili e conosciuti dalla gente. Il che contribuisce a far conoscere il francescanesimo e a trasmettere un primo annuncio vocazionale. Io aggiungevo, da buon “ebreo del Gargano”, che è anche una risposta all’invito di Francesco a lavorare, per vivere del proprio impegno e non solo dell’elemosina – ancora indispensabile purtroppo – che arriva dai benefattori e dalla Provincia di Puglia. Che non mi stancherò mai di ringraziare e verso i quali va tutta la nostra riconoscenza.
Come si dice da queste parti: “Dios se lo pague”!!!

sabato 24 maggio 2008

Niños especiales



Nel sabato che precede la festa del Corpus Domini, vorrei raccontarvi qualcosa di veramente speciale che mi è capitato proprio in riferimento all’Eucaristia. Nessun rapimento mistico. Per carità: non lo merito e non ne sarei capace. Molto di più: la percezione fisica della presenza di Cristo nei ragazzi che ricevevano la loro prima comunione, e nell’amore dei loro familiari, molti dei quali non hanno fatto la comunione per situazioni matrimoniali irregolari (che sono regola, più che eccezione...). Avrei voluto scrivere subito di questo, ma non l’ho fatto perché mi avevano promesso delle foto, alle quali ci tengo molto. Purtroppo ad oggi non ho ricevuto niente. Dovrete “accontentarvi” di una scena eucaristica che circonda l’ingresso della cappella, riferentesi a un volo mistico di S. Giuseppe da Copertino. Appena avrò le foto le pubblico e metto un avviso sul blog, perché possiate vederle, magari con un clic a ritroso.
Giovedi 8 maggio, quasi in contemporanea con le prime comunioni a Gravina, ho avuto l’opportunità e la gioia di celebrare una Messa di prima comunione molto speciale. In verità, il Signore mi ha donato, anche qui in Venezuela, di vivere uno dei momenti più belli per un sacerdote, quello appunto di permettere a dei fanciulli ci incontrarsi per la prima volta con Gesù Eucaristia. Che ricordo bello e ricco, quello delle prime comunioni nella parrocchia di Gravina!!!
Questa volta la cerimonia è stata davvero particolare, commovente e inattesa. Tramite una conoscente, mi è stato chiesto di celebrare la prima comunione di alcuni bambini “speciali” (è la terminologia, bellissima, che qui usano), di un istituto di S. Cristobal per persone con problemi di handicap mentale (mi mancano le parole per descriverli e ho paura di usare termini offensivi della loro dignità). Il sacerdote della parrocchia quel giorno era occupato, grazie a Dio. Così ho potuto vivere qualcosa di raro e che mi ha toccato il cuore.
È venuto a prendermi il papà di Steven, un ragazzo di 18 anni in sedia a rotelle, che era emozionatissimo per la sua prima comunione. I suoi lo avevano vestito come si usa, e quando sono arrivato mi ha tempestato di domande e considerazioni. All’arrivo mi sono reso conto che Steven era uno dei più fortunati da un punto di vista fisico mentale. C’erano i ragazzi con le loro famiglie, tutti gli operatori del centro e i volontari. Ho avuto un attimo di smarrimento: mi sono sentito piccolo per un evento tanto grande e significativo, e inadeguato alla situazione. Fortuna che il Signore mi ha dato coraggio e che tutti si sono mostrati molto accoglienti con me, l’unico “straniero” della situazione.
Questi i pensieri e le considerazioni espressi durante la Messa e che desidero condividere con voi, amici.
Per primo ho ringraziato i genitori di questi ragazzi perché stavano aiutando e permettendo a Gesù di entrare sacramentalmente nella loro vita. Un desiderio forte di Cristo, testimoniato dal vangelo, quello dell’incontro con i “piccoli”, spesso avversato da benpensanti discepoli di tutti i tempi ed epoche. Genitori che già sono, per i loro piccoli, presenza sacramentale dell’amore di Dio, che trova nell’Eucaristia motivazione, esempio e alimento. Espressione di un Dio che rompe le distanze per fare comunione, indipendentemente dalla nostra consapevolezza e aldilà di ogni merito.
Per questo, dicevo, non vale nemmeno l’obiezione che essi non intendono quello che stanno facendo, con le dovute proporzioni di ogni singolo caso. Chi siamo noi per impedire l’incontro sacramentale di Dio con loro?!? E se fosse valida l’obiezione, chi di noi intende veramente il mistero dell’amore oblativo di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia?!? Dovremmo astenercene tutti, per correttezza. I santi dicono che se la capissimo davvero, moriremmo all’istante, incapaci di sopportare una emozione simile. Si può cadere in pericoli di magia e superstizione? Non mi pareva fosse il clima della cerimonia, dove si assemblavano l’emozione e la sofferenza, sentimenti forti e senso di realismo. E poi, l’amore non è forse “magia”? Sfido chiunque a dire che l’Amore di Dio non si possa definire “magico”, immensamente più della “magia” degli amori umani, pur belli e grandi.
Magari per alcuni potrebbe essere la prima e ultima comunione, per oggettive difficoltà legate al loro stato. Un paio, innervositi forse dal clima creatosi e dai “fotografi”, non hanno voluto aprire la bocca al momento della comunione, malgrado i familiari li invitassero a “mangiare il biscotto” che il padre – io – stava porgendo. Ho allora consegnato il pezzo di ostia ai genitori, perché nella tranquillità del rispettivo posto, li imboccasero di Cristo, esercitando e dando seguito al loro sacerdozio comune. Infatti, sono essi e non io, nella vita ordinaria, coloro che trasmettono l’affetto e l’amore di Dio, fattosi presenza nutritiva nel sacramento dell’Eucaristia.
Tutto si è concluso con le foto di gruppo, da me pretese. Non volevo mi mancasse il ricordo di un momento così bello.
Ê probabile che abbia sfiorato l’eresia in qualche mia affermazione o azione. Non importa. Mi è sembrato al momento, e continuo a pensarlo ora che scrivo, che si sia trattato più di sostegno e ispirazione divini. E poi, credo di aver contribuito a regalare un sorriso a... Dio!!!

mercoledì 14 maggio 2008

Pensieri... politici?!?

Oggi siamo a un mese dalla vittoria di Berlusconi alle elezioni politiche, con il governo già pronto. Ieri ho ascoltato discorsi improntati alla collaborazione e al rispetto tra tutte le forze politiche parlamentari, per uscire da una crisi economica e istituzionale che richiede urgenza. Questo dopo alcuni anni di siparietti vergognosi alle Camere e di espressioni, verbali e non, che definire “da strada” sarebbe offensivo verso tantissimi che in strada ci camminano per godersi l’aria o per andare al lavoro, o che ce l’hanno come casa, disgraziatamente. Mi auguro sia vero quanto si sta affermando; personalmente nutro dei dubbi, e poi, lo sapete cosa penso in fatto di politica e verso dove vanno le mie simpatie.
O forse, verso dove andavano. Mi sono ormai convinto che un sacerdote e un cristiano dovrebbero sposare il modo di far politica di don Milani, con la sua attenzione alle classi più piccole e emarginate. È la scelta preferenziale per i poveri, evangelica!! E sì, noi cristiani non siamo imparziali: i poveri sono i nostri favoriti, o dovrebbero esserlo. Non mi fido delle destre e delle sinistre, del capitalismo neoliberista e del comunismo. Il cristiano dovrebbe essere l’eterno ricercatore di nuovi equilibri, esploratore di orizzonti, spinto dalla novità perenne del vangelo e dalle sue esigenze radicali.
È anarchia?!? Non lo so; ma certo non ne sono un fautore. Mi ha commosso rivedere a distanza di vari anni il film “Sacco e Vanzetti” e la mia simpatia meridionale era tutta per Nicola Sacco e il suo essere buono, retto, incredulo di fronte a quanto gli stava succedendo intorno e addosso. Però credo, come dicevo, negli ideali politici e nelle coerenze umane di un Gandi, di un La Pira, di un don Milani. I “buoni maestri”, o meglio “testimoni”, dei quali sentiamo tanto il bisogno.
Per questo plaudo a piccole e periferiche iniziative cristiane di formazione politica (penso in questo momento a “Pensare politicamente” di Gravina in Puglia) e di diffusione della Dottrina Sociale della Chiesa. Per questo mi auguro che la stagione dello scendere in piazza dei cristiani non sia mai conclusa, avendo il vangelo e i poveri come riferimento. Per questo ricordo che la Caritas Italiana criticò fortemente la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, e la politica della precarietà e mobilità dei lavoratori. Non vorrei si pensi che il lottare per i diritti dell’uomo si possa oggi ridurre solo alle marce in favore della famiglia o contro i Pacs... O che l’unica emergenza sia la sicurezza e il “maledetto” immigrato, con riporti di paure ancestrali e climi da caccia all’untore, e il rischio che ci si trasformi in moderni monatti.
Ecco, mi ero ripromesso di non parlare di politica e invece ci sono cascato. Meno male che sono riuscito a stare zitto sulla mia delusione alle ultime elezioni...
Non me ne vogliate. Sapete che vi amo, amici miei di destra e sinistra. L’importante è che riusciamo tutti, come cristiani, a essere coerenti con scelte evangeliche, a difenderle e a diffonderle, anche a costo della impopolarità...
Vi lascio con una lettera di don Milani a un suo amico politico. Mi ha sempre colpito, forse perché lascia intravvedere il dramma di un sacerdote che paga per le sue scelte, e la sua coerenza fino all’estremo, al seguito del suo Maestro.
Caro Pipetta,
ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora…Lo dici perché tra noi due ci siamo sempre intesi anche se te della scomunica te ne freghi e se dei miei fratelli preti ne faresti volentieri polpette. Tu dici che ci siamo intesi perché t'ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni.
Ma dimmi Pipetta, m'hai inteso davvero?
È un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori. San Paolo non faceva così.
E quel caso è stato quel 18 aprile che ha sconfitto insieme ai tuoi torti anche le tue ragioni. È solo perché ho avuto la disgrazia di vincere che…
Mi piego, Pipetta, a soffrire con te delle ingiustizie. Ma credi, mi piego con ripugnanza. Lascia che te lo dica a te solo. Che me ne sarebbe importato a me della tua miseria?
Se vincevi te, credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. Ti manca il pane? Che vuoi che me ne importasse a me, quando avevo la coscienza pulita di non averne più di te, che vuoi che me ne importasse a me che vorrei parlarti solo di quell'altro Pane che tu dal giorno che tornasti da prigioniero e venisti colla tua mamma a prenderlo non m'hai più chiesto.
Pipetta, tutto passa. Per chi muore piagato sull'uscio dei ricchi, di là c'è il Pane di Dio.
È solo questo che il mio Signore m'aveva detto di dirti. È la storia che mi s'è buttata contro, è il 18 aprile che ha guastato tutto, è stato il vincere la mia grande sconfitta.
Ora che il ricco t'ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco.
Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch'io sono l'unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita.
E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18… non m'avresti mai veduto scendere là in basso, a combattere i ricchi.
Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione.
Ma come è poca parola questa che tu m'hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso questa frase giusta che tu m'hai fatto dire. Pipetta, fratello, quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, Pipetta quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: «Hai ragione». Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all'unico grido di vittoria degno d'un sacerdote di Cristo: «Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cieli è loro».
Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò.
Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.

domenica 30 marzo 2008

Cordero e... chigüire



Il simpatico animale della foto si chiama chigüire, ed è direttamente coinvolto nei riti pasquali. Diciamo che a queste latitudini – o almeno nella zona di Barinas e della pianura venezuelana – è la vera vittima sacrificale, molto più dell’agnello (=cordero, che non esiste nel menù familiare). Come potete vedere ha le dimensioni di un cagnolino e le abitudini acquatiche di un castoro o di un bufalo; insomma gli piace l’acqua. Le sue zampe sono adatte al nuoto. Per questo è considerato un... pesce!!! Con la possibilità e il gusto di mangiarne la carne cucinata, normalmente dopo un periodo di conservazione sotto sale, anche durante la Settimana Santa e l’astinenza. Per i cittadini di Barinas è un rito e una prelibatezza, sempre più caro e raro, per il pericolo di estinzione. L’ho provato (immagino già la faccia schifata dei miei amici italiani, la stessa dei venezuelani quando dico che mangiamo carne di cavallo) e non è davvero male. Forse avrei difficoltà maggiori ad assaggiare altri tipi di carne, tipici di alcune regioni: scimmia, iguana, serpente, piccoli coccodrilli... È proprio vero che il gusto è anche questione di cultura e abitudine.


Tornando però alla Settimana Santa in aiuto ai nostri frati di Barinas, devo dire che sono stato proprio contento dell’esperienza. A differenza della pastorale “navideña” i frati sono più inseriti nella realtà parrocchiale, conoscendola meglio. Inoltre, essendo un sacerdote in meno, si è potuto e dovuto lavorare di più, vivendo un servizio che può anche costare stanchezza in alcuni momenti, però ti arricchisce e gratifica oltremisura, come ho avuto modo di ribadire in più occasioni.
Ero incaricato del servizio sacerdotale in due zone: “S. Francisco” (coadiuvato da tre suore francescane che hanno lì una casa) e “Mi Jardín” (insieme ai seminaristi fray Jonathan e Joysmer); e a disposizione di altre necessità. Descrivo brevemente l’attività svolta, per averne un’idea, e non perché sia eccezionale rispetto al lavoro pastorale dei frati pugliesi nelle loro rispettive comunità.
La Domenica delle Palme, dopo la liturgia del mattino nella cappella S. Francisco ho confessato fino a mezzogiorno e in parrocchia nel pomeriggio. Lunedì e martedì sono stato nei villaggi rurali di “Vega de los indios” e “Las malvinas”, a circa due ore e mezza da Barinas, per confessare la gente e far sì che potessero avere almeno una messa nella settimana (il resto dei giorni è stato animato da due seminaristi e due membri della OFS). Dal Mercoledì al Venerdì Santo ho celebrato e confessato nelle due zone della città, dalle 16.30 alle 23.00-23.30. Nelle mattinate di Venerdì e Sabato Santo ho confessato in parrocchia, e sabato ho tenuto anche una breve relazione a un ritiro di giovani di tutte le zone pastorali. Infine, la mia vigilia pasquale è consistita in 3 celebrazioni (per favore, non storcano la bocca i liturgisti... se no vengano qui per capire): 18.15 nella cappella de “La Esperanza”; 20.00 in “S. Francisco”; 22.00 a “Mi Jardín”... e a mezzanotte e mezza l’ultima confessione di un giovane in necessità di una parola cristiana.

Che considerazioni e conclusioni?
Innanzitutto la grandezza sproporzionata della parrocchia. Magari non in quanto ad abitanti, ma a vastità del territorio e varietà di situazioni socio economiche. È quasi impossibile poter fare un lavoro pastorale adeguato. Occorre avere una mentalità missionaria e un laicato forte e preparato, che affianchi i frati nell’opera di evangelizzazione. Il pericolo, o forse già la realtà, è il proliferare delle sette o la caduta nell’indifferenza religiosa.
La situazione territoriale è difficile per la sua complessità, accompagnata a una generalizzata insicurezza sociale. Barinas, tranquilla fino a pochi anni fa, è teatro, come molte altre città e zone del Venezuela, di ogni genere di delinquenza e di una violenza barbara, con vari morti assassinati, soprattutto tra i giovani, in una guerra tra gangs o semplicemente per atti di ritorsione i cui motivi spesso sono futili. In tutto il territorio è diffuso il sicariato, che è quasi economico. Un giovane mi confessò una volta di essere appartenuto alla guerriglia venezuelana: una organizzazione paramilitare impegnata a fare “pulizia” di chi si macchia di delitti efferati, conosciuta e tacitamente riconosciuta(?!?) dalle autorità. La piaga dei sequestri a scopo di estorsione si fa sentire anche da queste parti.
Tra le confessioni di questa settimana santa mi ha impressionato l’alto numero di pre e adolescenti che hanno esperienze sessuali, non sempre occasionali, e senza alcuna educazione previa. Per cui non è difficile, soprattutto nelle zone rurali, imbattersi in madri intorno ai 15 anni, spesso senza un uomo al loro fianco. È il fenomeno diffusissimo delle ragazze-madri (=madre soltera). A questo proposito mi piace riportare, come testimonianza sintomatica, quanto scritto dai due volontari OFS di Guanare, Eugenio ed Elisabetta: “Abbiamo purtroppo dovuto rinunciare alla presenza di Jennifer, la cui mamma da circa un anno ha lasciato il marito con gli 8 figli, che sono costretti a passare le giornate a casa soli a fare le faccende domestiche. Purtroppo nemmeno il padre, che di giorno deve lavorare, è riuscito a convincerla a continuare qui da noi, da quando nella sua vita è comparso un fidanzato di 12 anni, come lei. E a quanto pare sembra avere abbandonato anche la scuola (in cui frequentava la terza elementare, senza ancora saper leggere e scrivere accettabilmente). Speriamo solo che non si senta già abbastanza “grande” da mettere su famiglia, come capita spesso qui a ragazzine della sua età. Proprio questo mese un’altra ragazzina, Zulimar, di 15 anni, che aveva partecipato per un breve tempo al gruppo giovanile della cappella, ha deciso di andare via di casa per vivere in un “ranchito”, una baracca di lamiera, con il suo fidanzato, di 25 anni. La sua scelta, come quella di tante altre, è stata dettata dall’illusione di vivere una vita migliore, scappando da una famiglia segnata dai tanti problemi creati da una padre da sempre violento e alcolizzato; purtroppo ci chiediamo quanti mesi saranno necessari perché rimanga incinta e si ritrovi a rivivere esattamente le stesse difficoltà da cui cerca di scappare”.

È chiaro che ho conosciuto anche persone splendide, molte, che vivono con speranza e gioia la loro esistenza e la testimonianza cristiana. Una continua scuola di vita, in situazioni spesso difficili, come quella di “Mi Jardín”, quartiere povero e a rischio delinquenza. La “cappella” è un piccolo terreno polveroso all’aria aperta, dove ho sperimentato, con la ridotta comunità presente alle liturgie, “persa” in mezzo ai tanti altri abitanti e rumori, una gioia forte e un senso di Dio che ti può dare solo il cuore della gente, meglio di qualsiasi cattedrale. Il Giovedì Santo, per ovvi motivi, l’asciugamano della lavanda dei piedi era diventato nero!! Il Sabato le ragazze del ministero di danza hanno danzato sulla nuda terra, stendendosi anche a terra, senza batter ciglio. Semplicità e impegno cristiano schietto che dovremmo imparare un po’ di più in Italia. So che in certi luoghi non si sperimenta sempre la poesia e che si può vivere qualcosa di bello se racchiuso in pochi giorni, ma i fanciulli e i giovani presenti mi hanno riempito il cuore e mi hanno fatto innamorare di loro. Come le altre meravigliose persone della parrocchia, tra cui molti santi neocatecumenali, che potrebbero dare tanto nell’evangelizzazione del territorio, se solo avessero catechisti meno gretti e meno chiusi sui loro interessi ristretti e sulle strutture del cammino, e più aperti a collaborare con i frati per il bene di tutta la comunità. I frati, dopo un periodo di assestamento e con tutti i limiti personali, stanno facendo bene, e la gente già vede la differenza da prima, e apprezza la maniera fraterna della conduzione e dei rapporti umani.
Peccato solo non aver portato la macchina fotografica, per testimoniare tutto questo anche da un punto di vista visivo. Ma penso che la immaginazione di ognuno sarà più efficace di qualsiasi foto. Ê che sono tanto trascurato e distratto...

martedì 11 marzo 2008

We are the champions



Circa venti giorni fa, a tredici dal 49º compleanno, mi è successo di vincere per la prima volta un torneo di calcio. Ci sono andato vicino alcune volte, ma non avrei pensato di poterlo vincere dopo quasi 40 anni di calci a un pallone. Esperienza bellissima quella del gioco del calcio prima, e del calcetto una volta terminati gli studi di teologia. E che continua ad accompagnarmi a discreti livelli, considerata l’età e il dover confrontarmi con ragazzi che spesso hanno meno della metà dei miei anni, che iniziano a farsi sentire. Però per ora tiro avanti, in attesa di appendere un giorno le scarpette al chiodo, grato a Dio che mi ha permesso di giocare finora e di approfittare del gioco come palestra di vita, occasione di socializzazione e di conoscenza dei ragazzi.
Tornando al torneo, lo abbiamo vinto in maniera completamente insperata, “all’italiana”, quando nessuno – noi compresi – avrebbe scommesso un “bolivaro” sulla nostra vittoria finale. È stato un torneo esterno, organizzato dall’associazione “Soldedi” (“Soldados de Dios”), che ha una spiritualità e una organizzazione educativa in tutto o quasi uguale agli scouts, e che sono assistiti da due nostri frati in formazione. Oltre a loro e noi, le altre 4 squadre erano composte da ragazzi del municipio di Palmira.
Abbiamo giocato due partite il sabato, perdendo la prima ai rigori e vincendo la seconda. La nostra fortuna forse è stato, paradossalmente, l’infortunio del nostro giocatore migliore, che è davvero bravo, ma che vuole risolvere le partite da solo, finendo per stressare se stesso e la squadra, fisicamente e psicologicamente. Così, dalla seconda partita sono subentrato io, che ero destinato a fare da spettatore.
Il giorno dopo siamo andati al campo con l’unico desiderio di divertirci, senza niente da perdere. E questa tranquillità, come spesso succede nel calcio (cf. gli europei vinti dalla Danimarca e dalla Grecia) ci ha fatto vincere. In semifinale abbiamo incontrato la squadra più forte in assoluto, che avrebbe dovuto fare un solo boccone di noi. Credo abbiano provato anche a prenderci in giro, ma alla fine sono dovuti – loro!!! – uscire ai rigori. In finale ci siamo ritrovati con quelli di Soldedi, che ci avevano battuto ai rigori il giorno prima. Dopo il pareggio in campo, ci siamo vendicati... ai rigori!
Pare quasi una vittoria epica, come la sto raccontando. Ed è stato invece un bellissimo momento di vita assieme e di gioia condivisa, ottenuta con la partecipazione massima di tutti. Sfatti e soddisfatti; io addirittura distrutto. Abbiamo festeggiato con vera gioia, perché arrivata, come già detto, in modo totalmente insperato, grazie e premiando l’impegno assoluto di tutti.
Ci siamo detti che, al di là della gioia della vittoria, è stata anche una bella lezione di vita: con lo sforzo e la collaborazione di tutti si possono raggiungere traguardi importanti, vissuti con la soddisfazione del successo e accolti come dono generoso, che premia più dei meriti effettivi.
E poi, vuoi mettere vincere il tuo primo torneo a poca distanza dall’aver compiuto 49 anni?!?... e dopo aver dato, con vera gioia, calci a un pallone per 40 anni?!?... ma non ho ancora smesso... per ora.
PS Le divise usate sono quelle ufficiali del seminario. Se magliette e pantaloncini (esclusi i miei, ridicoli) vi ricordano i colori dell'Inter, mbé c'avete azzeccato. Sono un graditissimo regalo di p. Pietro Carluccio, appassionato tifoso dell'Inter, risalente ad alcuni anni fa, in risposta a una richiesta esplicita dei ragazzi. E chissà, conoscendo i due e il loro sfottersi sull'argomento, che non sia stato anche uno scherzo giocato all'amico p. Germano, allora rettore del seminario e tifoso accanito della Juve.