giovedì 12 novembre 2015

Un mese a Pueblo Llano



11 novembre 2015, San Martino di Tour. Giorno di intensa pioggia, che ha portato un po’ più di freddo. Il mio pensiero, oggi, come sempre in questa data, va nostalgicamente a Copertino e alla maniera bella di celebrare questo giorno in comunità, attorno a una ricca tavola e un buon vino.

Un mese fa, l’11 ottobre, ha avuto inizio ufficiale la mia esperienza a Pueblo Llano, con la presentazione ai fedeli nella messa domenicale. Il giorno dopo abbiamo celebrato il nostro primo capitolo conventuale, insieme ai miei due compagni di avventura cristiana, fray Evelio e fray Wilmer, con all’ordine del giorno l’approvazione dell’orario e la ripartizione degli uffici conventuali e parrocchiali. In ogni caso, siamo ancora in fase di conoscenza della realtà, di sperimentazione e inserzione.

Esterno della chiesa
Il viaggio – Ma torniamo indietro di qualche giorno rispetto all’11. Il viaggio di ritorno in Venezuela è iniziato forse già il 2 ottobre, quando ho lasciato Monte Sant’Angelo diretto a Bologna. Qui ho vissuto dei giorni belli e pieni, ma già ormai, irrimediabilmente, proiettato verso l’America Latina.
Il 7 mattina, accompagnato da Leo e Lina, sono andato all’aeroporto di Bologna, e alle 10.30 ero in volo verso il ritorno, con destinazione Cúcuta, Colombia, ai confini con il Venezuela. Scalo a Francoforte e Bogotà, arrivo a Cúcuta alle 22.00 ora locale (le 5 del mattino in Italia: 22 ore da quando ho lasciato la casa di mia sorella). Qui, insieme al tipico caldo afoso della città, mi accoglie la sorella di fray Evelio, ospite suo per questa notte, visto che la frontiera con il Venezuela è chiusa da circa due mesi (e lo è ancora al momento del mio resoconto, senza che si intravvedano soluzioni prossime). Dopo aver cenato, a mezzanotte circa vado a coricarmi, con un provvidenziale ventilatore puntato verso il letto. Altrimenti, impossibile dormire per il caldo.
Interno della chiesa
Dopo una nottata così così per il fuso orario, al mattino faccio colazione e in taxi raggiungo il ponte internazionale che divide i due paesi confinanti. Timbro il passaporto in uscita dalla Colombia e mi dirigo al posto di blocco venezuelano, a metà del ponte, che è lungo 300 metri circa. Qui mi tocca vivere una scena quotidianamente surreale. Coloro che hanno i documenti in ordine possono passare, ma non raggiungere l’altra parte del ponte. Devono aspettare un autobus che viene a prenderli. Essendo il primo della fila, mi tocca aspettare circa mezz’ora, visto che l’altra corsa è partita appena io sono arrivato. Con me ci sono un paio di persone in carrozzella. Chi può, si ripara dal sole sotto un improvvisato tendone. Poi arriva l’agognato autobus che ti porta per i rimanenti 150 metri a marcia indietro, perché non c’è nemmeno lo spazio per fare inversione. Per cui: metti sopra valigie e carrozzelle, fai 150 metri e ridiscendi. A piedi si impiegherebbero un paio di minuti, se hai valige con te. Assurdo e grottesco!!! Con la giustificazione ridicola che si fa per la dignità del cittadino, mentre a me pare una umiliante perdita di tempo, che si è costretti a ingoiare senza protestare, pena l’essere rimandato indietro. Se fosse per il bene del cittadino, mi chiedo perché allora non lo si trasporta fino al posto dove si timbra il passaporto in entrata, distante 15-20 minuti a piedi!?!
Dall’altra parte del ponte mi attende, finalmente, il caro fray Franklin, rettore del seminario, dove arriviamo per pranzo. Il pomeriggio lo dedico a rimettere a posto la stanza dove ho abitato l’ultimo anno e mezzo, e a impacchettare ciò che non sono riuscito a mandare a Pueblo Llano. Mi fa piacere e mi commuove rivedere i seminaristi con i quali ho passato giorni molto belli in questo luogo logisticamente stupendo. Il 9, dopo colazione, fray Alirio mi porta in macchina a Pueblo Llano, dove giungo verso sera. Il 10 mi dedico a mettere a posto le mie cose. E dell’11 già ho scritto.
Cosa dire del viaggio?!? Senz’altro lungo e un poco avventuroso, anche se, grazie a Dio, senza inconvenienti, a parte quelli già previsti.

Interno del convento
Pueblo Llano –  Come ho già detto ad alcuni in Italia, Pueblo Llano è un paese dedito completamente all’agricoltura, in grandissima prevalenza alla produzione di patate e carote. Il convento si trova all’inizio del paese, a circa 2.300 metri di altezza, mentre il resto delle case e del municipio si sviluppa verso l’alto, fino credo a circa 3.000 mt. La popolazione totale si aggira sui 17.000 abitanti. Il panorama è parecchio bello. Sono in montagna, nella zona andina. Peccato che non ci sia, in tutta Venezuela, la cultura del trekking, per cui sono pochi i sentieri e del tutto assenti quelli segnati. Mi hanno detto che ci sono bei posti da vedere. Vedremo... spero di poterli conoscere, poco a poco.
Finora posso dire che mi trovo a gusto, sia con i frati che con i fedeli. È gente buona, alla quale non è difficile voler bene. È vero che non posso ancora dire di conoscere molto del posto e delle persone, ma questa è l’impressione che ho. Mi sto riabituando a temperature più rigide rispetto a quelle degli altri conventi. Mi sto riabituando a un lavoro pastorale più continuo e sistematico, come è quello di una parrocchia, rispetto all’esperienza precedente in seminario o come custode. A Gravina, in parrocchia, mi sono trovato ottimamente; qui spero avvenga lo stesso.
Chiostro del convento
Altri aspetti del luogo. I cattolici sono la stragrande maggioranza; tuttavia, la presenza di sette o di chiese protestanti è parecchia. La gente ha una cultura religiosa legata a forme di devozione popolare, che avrebbe bisogno di essere evangelizzata. A volte, o spesso, affiora una mentalità sincretista, dove la cultura ancestrale si mischia a credenze cristiane e al devozionismo. Inoltre, ci sono problemi sociali piuttosto radicati nella gente: mentalità di tipo machista; violazioni; matrimoni tra consanguinei; imbarazzi precoci; alto numero di suicidi o di morti causate da incidenti, soprattutto di persone giovani; alcool e droga, con tutti i problemi che comporta. I giovani che frequentano la parrocchia sono relativamente pochi. Mi sembra che manchino ideali alti ai quali appoggiarsi, nonché proposte formative alternative a un quotidiano spesso vissuto come piatto e monotono. Mi da pena vedere che la unica alternativa al bere, o insieme a esso, lo “sport” preferito è dare giri attorno alle due strade principali e alla piazza centrale del paese, in macchina o in moto, con canzoni a tutto volume. Un triste bisogno di visibilità a tutti i costi. I sacramenti sono vissuti come eventi sociali, tappe dovute dello sviluppo di una persona, non come mezzi per un cammino spirituale alto. La parola di Dio, gli ideali evangelici, si perdono spesso tra la musica a tutto volume degli altoparlanti di macchine e camion, e il nonsenso di ciò che si vive. La vita pare a volte avere molta poca importanza.

Vista dalle porte della chiesa
Malgrado questo, ripeto che ci sono molte positività, in persone e ideali, in desideri di eternità e belle testimonianze di fede. Mi rendo conto che ho molto da imparare e amare. Dio mi aiuti a vederlo e farlo presente nella mia vita e in quella di coloro che la sua Provvidenza ha voluto donarmi, qui, a Pueblo Llano.

Vacanze 2015

2 ottobre – 2 novembre 2015. Oggi si compie un mese dalla mia partenza da Monte Sant’Angelo, una mattina autunnale, molto presto, appena inizia ad albeggiare, dopo il saluto ai miei genitori, usuale ormai da dieci anni, ma sempre con la stessa dose di camuffato disagio e nascosta straziante nostalgia. Se tutto va bene, ci rivedremo tra circa un anno.
Ma anche il saluto al paese, a questo luogo madre che mi ha dato i natali e mi ha visto crescere, mi ha svezzato prima di consegnarmi al mondo, dopo avermi consegnato alla vita e alimentato con i valori e la cultura che ancora e sempre mi porto dietro. Ogni volta provo un sano orgoglio e commossa gratitudine verso coloro, amici e parenti e conoscenti, che hanno accompagnato questo percorso di iniziazione e che rivedo con gioia. Alcuni non ci sono più, e il giorno di oggi rinnova il ricordo del pezzo di vita condiviso e la commozione per quanto ricevuto.
Certo, il panorama umano e geografico attuale è parecchio cambiato rispetto a quello della memoria e degli affetti di un tempo; fa male al cuore passare per vie e vicoli, guardato da porte chiuse che forse non ritorneranno ad aprirsi, mai più. È forte incontrarsi d’estate, per pochi giorni, con amici che provano la stessa insoddisfatta nostalgia, costretti dalla vita e le circostanze ad abitare altri luoghi, dove ormai sono “di casa”, ma che il contatto con il paese restituisce alla loro “estraneità”. Siamo fatti così noi montanari, capaci di appropriarci di un termine generico e trasformarlo in identità. Monte è poco più di una collina; ma il senso di forte, ottusa, gelosa, emozionata appartenenza è propria di chi vive l’esperienza tutta particolare del “montanaro”.
Ancora una volta ho provato la gioia di rivedere amici e parenti, accolto con amore come figlio e figura del luogo. Ho condiviso tempo e presenza con i miei genitori, in semplicità e gioia. Ho rivissuto l’esperienza spirituale della grotta dell’Arcangelo e l’infantile emozione della festa patronale. Mi sono sentito fratello con i miei frati del convento, dai quali sempre ricevo francescana accoglienza e tratto amabile. Ho rivisto il crocifisso della parrocchia, la più veramente “mia”, a cui spesso ho rivolto lo sguardo da ragazzo e dal quale mi sono sentito sempre amorevolmente visto, guardato, accolto. Ho camminato strade e posti conosciuti, ma capaci ancora di rapirti e riempirti. Ho ricevuto e fatto visite che hanno dato maggior pienezza e colore ai miei giorni montanari.

Oltre che a Monte, sono stato a Sasso Marconi, Gravina e Copertino. Dappertutto divinamente bene. Ma prima vorrei ricordare gli incontri con i mie fratelli frati, nelle differenti comunità per le quali sono passato. Dappertutto è stata una festa l’incontrarsi. La distanza non altera l’affetto, lo approfondisce.
Sono arrivato e ripartito da Bologna, il che mi ha dato la possibilità di fermarmi alcuni giorni da mia sorella Lina a Sasso Marconi. Alcuni suoi amici lo sono da tempo anche miei e mi fa piacere rivederli. In parrocchia mi sento adottato e ricevuto con gioia, come uno di famiglia, oltre che dai parrochiani storici, anche da parte del nuovo parroco don Paolo, succeduto al caro don Dario, morto sulla breccia oltre i novant’anni. Inoltre è tradizione dedicare un giorno ai vecchi amici di postulato in Assisi che vivono a Sant’Agata Bolognese: Massimo Z., Massimo e Marco G. Qui ci raggiunge Claudio da Brescia, e quest’anno anche Mauro da Salsomaggiore. È una bella rimpatriata, organizzata dalla regia caciarona e commossa di Massimo Z. Quest’anno, al mio arrivo, mi sono recato a trovare Pinuccio e Rosaria all’ospedale Rizzoli. Mi ha fatto piacere rivedere subito questi miei amici fraterni di Gravina, malgrado il motivo della loro presenza fosse di malattia. Sulla strada del ritorno a Bologna, per riprendere l’aereo per il Venezuela, mi sono fermato un giorno a Porto Recanati, per una dovuta e voluta visita ai miei zii Leonardo e Gloria, a mio cugino Lino e alla sua famiglia. Ne ho approfittato per andare ad Osimo, dove mi sono rivisto con Liviana e Annamaria, alle quali mi lega una bella e antica amicizia, presenze preziose durante il mio anno di noviziato. Lo spazio di un giorno è risultato essere poco, ma l`ho vissuto con pienezza e piacere.

A Gravina in Puglia e Copertino ci sono andato da Monte, come da tradizione. Che aggiungere a quanto vado scrivendo ogni anno?!? Sono luoghi dove ho vissuto anni bellissimi e mai sarò sufficientemente grato a Dio e alle persone che mi ha donato per il tanto bene ricevuto. Quest’anno poi ci sono stati due avvenimenti che sono stati per me motivo di incontri e commozioni particolari, fino alle lacrime, in un misto di gioia e nostalgia. Il matrimonio di Mariagrazia e Giacomo, a Gravina, con il contorno dei loro amici, giovani appartenenti al mio vecchio gruppo di dopocresima e altri, che amo come se fossero miei nipoti; abbiamo riso, sorriso, pianto insieme e ci siamo raccontati. Mi piace ricordare anche la visita a Mariella, insieme a fra Mario. La sua fede semplice e profonda e la sua forza mi erano sconosciute; ne sono uscito con una lezione di fede e di vita che mi hanno fatto bene. A Copertino la professione solenne di fra Vito alla Grottella, che mi ha permesso, insieme alla partecipazione al primo giorno della novena di San Giuseppe, di rivedere di botto un sacco di questa mia gente, alla quale mi lega un profondo, grato e ricambiato affetto.

Naturalmente, come ogni anno, gli incontri sono stati numerosi e tutti belli e arricchenti, sia a Monte che negli altri luoghi visitati. Non posso raccontarli tutti, ma vi assicuro che sono ben presenti nella mia mente e nel mio cuore, in quanto a circostanze e volti. Il Signore vi benedica e abbia cura di voi! Il Signore vi dia pace!