venerdì 3 aprile 2009

Elezione del Provinciale

Scrivo brevissimamente per augurare a tutti una Santa Pasqua. Io “sparirò” di nuovo per alcuni giorni, nello stesso villaggio rurale – non eccessivamente distante dal seminario – dove sono stato già durante le feste di Natale. Poi, proprio come a Natale, dovrei andare di nuovo a Pueblo Llano, per fare presenza durante l’assenza dei frati di quella comunità, che hanno organizzato una vacanza in comune. Ritornerei al seminario la seconda domenica di Pasqua.

Approfitto anche per scrivere qualcosa sul Capitolo provinciale che ha concluso la prima parte dei suoi lavori. So che c’erano delle aspettative sulla mia persona, legate anche al desiderio di poter così tornare in Italia. Già sapete che il nuovo Ministro provinciale non sono io, ma fra Michele Pellegrini, al quale faccio i miei migliori auguri. Non è un servizio facile, e ha bisogno di tutto il nostro appoggio umano e spirituale. Sul mio può contare, in nome di una amicizia e stima antiche.
Come ho vissuto la cosa? Tranquillamente, potrei dire. Sono stato occupato in varie cose per “preoccuparmi” di una eventuale elezione. Dire che mai il mio pensiero è andato al Capitolo e a quello che avrebbe potuto significare per me, sarebbe una bugia inumana. Siccome sono umano, ci ho pensato. Ho anche immaginato cosa avrebbe potuto significare per me. Non ho perso il sonno né lo perderò ora. Mi è successo solo una cosa strana, una sensazione normale ritengo.
Il giorno 1 di aprile, tra le ore di scuola e l’impegno in seminario, il pensiero è corso con più frequenza al Capitolo, proiettandomi col pensiero, in modo naturale e in una alternanza di sentimenti, a come sarebbe potuta essere la mia vita da Ministro provinciale. Al risveglio del giorno 2, alle 5 del mattino, mi sono reso subito conto dell’esito della votazione (in caso contrario mi avrebbero svegliato prima). Poi mi è arrivato, alle 6, un sms di fray Yoan da Guanare sull’esito delle votazioni. Per alcuni attimi mi sono dovuto riappropriare della realtà venezuelana. È stato come un lungo flash. Una sensazione strana. Poi mi sono ritrovato a celebrare Messa con i seminaristi, all’aperto, sulla Tau nella piazzetta del seminario; quindi colazione, scuola e... la vita di sempre.
Alcuni mi hanno rimproverato di non essere venuto in Italia, di non essermi “proposto” adeguatamente... Vorrei concludere con una lettera scritta a chi avrebbe voluto che stessi in Italia nei giorni del Capitolo. Tra loro c’era anche fra Giuseppe Piemontese, almeno finché è venuto in visita in Venezuela e ho potuto comunicargli la mia decisione, senza però molte spiegazioni. Che poi sono semplici e, fondamentalmente, le seguenti espresse nella lettera (ometto pochi passaggi fuori tema).

... carissimi!!!
Scusatemi se non vi ho risposto in maniera immediata, come forse erano le vostre aspettative,... forse anche ciò che desidero scrivere mi ha fatto inconsciamente rimandare l’assunto in questione.
Non saprei cosa rispondere esattamente. O meglio, ho ben chiaro cosa voglio e cosa ho già deciso, ma mi costa dirvelo perché immagino potreste non capire o condividere. Proverò a farlo in breve.
La decisione presa è questa: non vengo in Italia per il Capitolo, ma accetto una eventuale decisione capitolare sulla mia persona. E provo a spiegarmi.
Partire per il Venezuela mi è costato molto. Lasciare i miei, i miei confratelli di una vita, il lavoro pastorale. Partivo quasi contando i giorni che mancavano al ritorno. Poi, come spesso o sempre mi accade, ho cominciato a lavorare qui, a condividere relazioni e progetti, ad assumere servizi e responsabilità. Insomma, sento che anche questa è una famiglia per me, quella dei frati e delle altre persone conosciute. E mi costerebbe lasciare tutto dopo poco più di tre anni, né mi sembra giusto verso questa realtà e le persone di qui. Sono un po’ stanco di cambiare radicalmente ogni 4 anni, come mi è successo durante il mandato di Giuseppe. Se dipendesse da me, mi fermerei ancora qualche tempo in Venezuela. Mi pare di lasciare sempre le cose a metà in questi ultimi anni...
Perché non vengo in Italia? Per me le ragioni sono evidentissime, lapalissiane. Che senso ha essere lì quando non ho diritto di partecipare al Capitolo?!? Non ho nessuna intenzione di “candidarmi”. Andrebbe contro quello che sono, ho sempre fatto e creduto, e contro ogni logica francescana. Spero sia una esagerazione quella delle autocandidature. Se fosse vera, sarebbe da preoccuparsi.
Vivendo qui, la mia vita attuale è qui. Non mi è parso giusto farla dipendere – come stavo erroneamente facendo – dal Capitolo provinciale. Certo, non posso ignorare che è importante e che potrebbe avere ripercussioni sulla mia vita futura, ma non potevo bloccarmi in attesa dell’evento. Così ho deciso di vivere i miei impegni e di accettarne almeno fino a Pasqua: due corsi intensivi nell’Istituto Teologico (15 ore settimanali tra italiano ed ebreo), e animazione della Settimana Santa nell’aldea rurale dove sono stato nel periodo natalizio.
Che succederà se doveste eleggermi? Non vedo alternative alla sospensione della elezione del definitorio. E d’altronde, se le regole prevedono che tutto l’Ordine abbia voce passiva in una elezione provinciale, si dovrà prevedere che un eletto che viva in America abbia il tempo di organizzarsi per tornare in Italia.
Probabilmente non è quanto avreste voluto ascoltare; però non riesco a pensare a una decisione migliore di questa, a lungo meditata e confrontata con varie persone. Per il resto, lasciamo fare a Dio, come dicevano, con saggezza e fede, i nostri antichi.
Potrebbe sembrare affettato dirvi che vi voglio un gran bene, ma è la verità. E mi sforzerò di volervene anche se... mi votate!!! Un abbraccio.