lunedì 9 marzo 2009

Tra i monaci trappisti di Mérida











Terminato il periodo degli esami nella facoltà, sono partito – lunedì 23 febbraio – per Guanare, insieme a fray Pedro e alcuni suoi familiari, che avevano preso parte a un incontro per i fratelli e sorelle dei membri del seminario, durante le festività di carnevale. Come sempre è forte l’impatto con il clima caldo della pianura, per noi abituati alla mitezza di Palmira. Unico momento di oasi: il pranzo in una trattoria presso un torrente, con yuca (una radice il cui consumo è simile alle nostre patate) e cachama (un pesce di acqua dolce) fritta. È così raro mangiare pesce, che ogni volta si trasforma in un evento di vera leccornia. Il fritto poi è molto abituale sulla tavola dei venezuelani.
A Guanare ho avuto modo di condividere un paio d’ore con Eugenio ed Elisabetta, e le figlie Teresa e Sara. Abbiamo parlato della loro esperienza e del fatto che sta giungendo al termine, con l’abituale misto di gioie e malinconie; del passaggio della zona pastorale dai frati alla diocesi, il prossimo 8 marzo, delle loro reazioni e di quelle dei fedeli; dei risultati referendari e della situazione socio-politica; della nuova gravidanza di Elisabetta e di come si sente… Abbiamo chiacchierato con gusto, e con l’amicizia creatasi fin dal loro arrivo.
Martedì sono partito con fray Nixon alla volta di Pueblo Llano, dopo essere passati per Barinas a prendere fray Jesus Alexer. Infatti domani, mercoledì delle ceneri, subito dopo colazione, è previsto un ritiro dei 4 frati che si preparano alla professione solenne, a Barinas, il 7 marzo, fray Jesus e fray Edisson; a Pueblo Llano, l’8 marzo, fray Daniel e fray Yovani. Il responsabile del ritiro sono io, mentre fray Franklin si è interessato per trovare il luogo: il monastero trappista de El Hato de los Estanques, tra le città di Merida ed El Vigìa.

Il monastero si trova, isolato, immerso tra le montagne di Merida, su un costone e con una splendida vista sulla valle sottostante, circondato da un appezzamento di terreno che serve ai monaci per sostenersi. Siamo stati ospitati nella foresteria, una costruzione “venezuelana”, con un patio centrale e tutti i locali all’intorno, distaccata dal monastero vero e proprio. Con i sei monaci presenti abbiamo condiviso la liturgia quotidiana, sobria e solenne a un tempo, così differente dal concetto di solennità dei venezuelani, con l’abbondare di ridondanza e suoni. Con due di loro abbiamo avuto un incontro più “ravvicinato”, che ha arricchito e diversificato i nostri pochi giorni di ritiro.
Esperienza, comunque, di distacco dal mondo, di trasfigurazione, provvidenziale per prepararsi a un evento spirituale tanto importante. Anche se l’animatore (io) ha annoiato i poveri frati, ammorbandoli con la lettura e riflessione sulle Costituzioni dell’Ordine. Ci siamo accorti che le conosciamo molto poco e che sono una vera ricchezza per incarnare la regola e il carisma francescani. Come pochi sono stati giudicati i giorni a disposizione, sia per un’adeguata preparazione alla professione, sia per un approfondimento spirituale e applicativo delle Costituzioni. Bene, occorre sapersi accontentare.

Domenica, messa in monastero e velocissimo pranzo, per non far aspettare dei signori che mi davano un passaggio fino ai piedi della montagna, dove avrei preso un mezzo per tornare a S. Cristobal. Ho preso una delle numerose “busetas” tra Merida e El Vigìa e, dal terminal di quest’ultima, un mezzo fino a S. Cristobal. Sfortunatamente mi è toccato un “autobus” di una di quelle linee il cui bigliettaio si affaccia a ogni piè sospinto dalla porta per procacciare passeggeri, e che fermano ovunque ci sia un qualcuno che chieda salire o scendere. Risultato: circa due ore in più per coprire il tragitto. Però con un risvolto positivo anche per me: sono sceso molto vicino al seminario, senza dover arrivare al terminal di S. Cristobal, a una fermata… non prevista!!!