giovedì 5 maggio 2011

Settimana Santa 2011

Ritorno a Conchabamba dopo quattro anni: Settimana Santa del 2007. Il ricordo della volta scorsa è molto piacevole…

Dopo aver lasciato a Socopò i postulanti che hanno viaggiato con me e aver pranzato, mi dirigo al villaggio in compagnia di due ragazzi del posto, ai quali do un passaggio. Un favore reciproco: loro giungono a casa senza aspettare il jeep; io evito il pericolo di sbagliare strada.

Mi accoglie il fascino del “llano”, con le sue distese di prato per l’allevamento di bovini. Lasciata la strada asfaltata, deviamo a sinistra e ci addentriamo in un paesaggio un po’ più selvatico. Ci troviamo nella antica riserva forestale di Socopò. I bananeti, dopo circa 20 minuti di strada sterrata, annunciano che siamo arrivati. Mi affascina questo panorama. Sarà il ricordo della prima volta; saranno i nuvolosi che coprono il cielo e minacciano pioggia, però tutto mi appare sotto una luce nuova e accattivante. La stessa luce che mi accompagnerà camminando dalla casa di Dilcia e Isaac alla cappella, nei momenti che precedono il buio. Luce indefinita e struggente, che trasmette gioia e malinconia a un tempo.

La Messa della sera è infestata da nuvole di insetti, attirati dalla luce dei lampadari (al mattino spazzo la cappella da quelli caduti morti e che formano quasi un tappeto sul presbiterio). Una “piaga” che pare possa essere problema di tutti i giorni, dovuta alla pioggia e all’umidità. Tuttavia, dal giorno dopo si risolve perlomeno il problema degli insetti che volano proprio sulla mia testa, distraendomi dalla celebrazione. Si mantiene spenta la luce diretta sull’altare e leggo con quella di un lampadario della navata. Un vero sollievo…

A differenza della volta scorsa, quando mi fermai ospite di una famiglia, decido di stare nei locali annessi alla cappella. Scelta che si rivela subito felice, perché mi permette la libertà e gioia intima di incontrarmi in solitudine con Dio, all’inizio e alla fine della giornata. È il momento del riposo in Lui, che fa della cappella di questo sperduto villaggio rurale il centro dell’universo, soprattutto del mio mondo e dei miei affetti.

Domenica delle Palme, 17 aprile – Tutto il giorno lo trascorro a Conchabamba. Colazione e pranzo a casa di Dilcia e Isaac, insieme a 4 dei loro 7 figli, che rivedo con piacere cresciuti, alcuni già adulti. Alle tre del pomeriggio, benedizione delle palme presso la croce della missione e processione verso la cappella. L’omelia è sul significato evangelico dell’accoglienza di Gesù e su come prepararci a vivere la Settimana Santa; nonché sul valore simbolico tradizionale che il venezuelano attribuisce alle palme nel giorno odierno. Vado a letto presto, così come farò anche nei giorni successivi. Forse dovuto alla stanchezza, ma anche al bisogno e godimento di un sonno, dono di Dio, scevro da preoccupazioni immediate e di routine. A mezzanotte mi sveglia un tremendo acquazzone. Al risveglio ancora pioggia e problemi di diarrea (che dureranno solo il giorno di oggi). Credo mi faccia male l’acqua del rubinetto. Dovrò bollirla…

Il programma dei prossimi giorni è il seguente: al mattino, confessioni e Messa nei settori circostanti; nel pomeriggio, lo stesso, però a Conchabamba. Ritorno alle esperienze pastorali dei miei inizi in Venezuela, in zone di pianura, lottando con calore e zanzare (qui c’è anche un insetto quasi invisibile, che si chiama “ején”, che punge e brucia ancora di più). Inoltre, sudate abbondanti, accompagnate dal dolce e refrigerante rumore dei ventilatori, che mi accompagna anche di notte, sia per il fresco, che per tenere lontane le zanzare e permettermi di dormire.

Lunedì Santo, 18 aprile – Faccio colazione in casa di José e Juanita, in compagnia del figlioletto José Emanuel, un bimbo di un paio d’anni, biondino y sveglio: riso, banane cotte e pesce fritto. José viene a prendermi con una moto presa in prestito, perché la sua giovane famiglia ha solo una bicicletta per muoversi. Alle 9.30 vado in moto a Costa de Conchabamba, distante 15 minuti circa di strada sterrata. Viaggiamo in tre sulla stessa moto: il conducente, un piccolo ministrante e io, con la borsa con l’occorrente per la celebrazione. I tre rigorosamente senza casco!!!. Nei giorni seguenti mi muoverò a volte in moto. Nella campagna è un modo facile ed economico di spostarsi da un luogo all’altro. Il casco praticamente non si usa, ed è normale che la moto si trasformi in mezzo di trasporto multiuso e con più viaggiatori.

Martedì Santo, 19 aprile – Ancora una volta in moto, per 20 minuti, fino a La Embajada. Stavolta andiamo in tre moto. L’inconveniente di questo mezzo sono le buche e la irregolarità della strada sterrata, al di là delle pozzanghere che si formano quando piove. Mi accompagnano due ministranti di 10 anni: Alberto e Jackson. Saranno i miei angeli custodi durante tutti questi giorni, compagnia gradevole e varia: Alberto pacioccone e grassottello, Jackson magro e sveglio.

Mercoledì Santo, 20 aprile – Mi sveglia un forte temporale. Normalmente la pioggia mi pone malinconico; però, qui in campagna, è uno spettacolo affascinante. Mi precipito fuori della cappella, per assaporare il panorama con gli occhi e respirare la pioggia…Oggi mi tocca andare a El Porvenir, a mezz’ora. Vengono a prendermi in camionetta (pick up). Piove durante tutta la mattina. Per questo alla Messa assistono in pochi. Però Dio mi ricompensa con una bellissima escursione attraverso questo territorio di allevamenti e bananeti, alla vista di bovini e gazze bianco rosate, al suono di abbondanti gocce dal cielo, inseguito dall’odore umido della vegetazione e dalla luce tipica dei giorni piovosi.

Giovedì Santo, 21 aprile – Oggi il clima è cambiato completamente. C’è il sole e il cielo è limpido. Vado per El Destierro, a 40 minuti, in pick up. Andata e ritorno tra una natura lussureggiante, malgrado gli interventi dell’uomo. Il verde degli alberi e dei prati risplende alla luce tersa del sole. Ci riceve con la solita cortesia il signor Alirio e la sua famiglia. Anche qui mi aspettano un paio d’ore di confessione e la Messa. Tornando entriamo a far visita a una vecchietta inferma e costretta a letto. Per arrivare alla sua casa si percorre uno stretto sentiero tra banani e vegetazione. La Messa della notte, con il lavatoio dei piedi, nella piccola cappella traboccante di gente, è semplice e solenne a un tempo.

Venerdì Santo, 22 aprile – Tutto il giorno è dedicato a Conchabamba. Al mattino l’incontro con il dolore degli uomini, nella visita agli ammalati della comunità. Le condizioni igienico sanitarie di un paio di loro sono impressionanti. Al pomeriggio mi scontro con il dolore dell’Uomo-Dio: Via Crucis intorno al villaggio fino alla cappella, dalle 14.30 alle 16.30; Adorazione della Croce e Sermone delle 7 parole di Gesù in croce, dalle 17.00 alle 19.00. Poi… solo in cappella!! Chiamo un momento a una persona amica, perché l’incontro con il dolore sconcerta e si sente il bisogno di una voce. Infine mi fermo a riflettere, davanti alla Croce, nella cappella vuota, sul giorno trascorso, impegnativo e bello. Il silenzio di quest’ora è la giusta compagnia alle celebrazioni umane e liturgiche di oggi.

Sabato Santo, 23 aprile – 45 minuti circa per giungere al Cinco, settore dove è prevista la Messa questa mattina. Ho provato a spiegare agli organizzatori che non ci sono Messe il Sabato santo; però mi hanno detto che ormai non si può cambiare il programma, deludendo una comunità preparata a questo e che mi aspetta. Cosicché celebro la resurrezione di Nostro Signore alle 11.00 del mattino!!! La gente apprezza e gradisce… La Veglia Pasquale a Conchabamba, alle 19.00, è molto partecipata. Tutto si svolge ordinatamente, benché ci sia un poco di chiasso da parte dei 5 bambini che si battezzano e dei loro familiari. Al termine di tutto, una signora chiede di parlarmi. Alle 23.00 finalmente vado a letto.

Domenica di Pasqua, 24 aprile – Mi alzo alle 6.00 e preparo il bagagliaio. Terminata la colazione, alle 7.15 parto per il Seminario, insieme ad Aura Beatriz, figlia di Dilcia ed Isaac, che studia a Michelena. Lascio Beatriz nel terminal di S. Cristobal e attraverso il portone del seminario alle 12.30 circa. È stata una settimana molto bella di lavoro pastorale, grazie soprattutto alla gente, ai luoghi e all’aver avuto l’opportunità di momenti miei da solo con Dio nella cappella.

domenica 1 maggio 2011

Semana Santa 2011

Vuelvo de pastoral a Conchabamba después de cuatro años: Semana Santa del 2007. El recuerdo de la vez pasada es muy agradable…

Luego de haber dejado en Socopó a los cuatro postulantes que han viajado conmigo, y de haber almorzado, me dirijo a la aldea de Conchabamba en compañía de dos muchachos de allí, a los cuales doy la cola. Así ellos me ayudan para no equivocarme en la ruta.

Me acoge el paisaje fascinante del llano barinense, con sus praderas para pasto de bovinos. Dejada la carretera asfaltada cruzamos a la izquierda y nos adentramos en un paisaje más silvestre. Estamos en la antigua reserva forestal de Socopó. Las plataneras anuncian que hemos llegado a destino. Me encanta este paisaje. Será por el recuerdo de la primera experiencia aquí; será por los nubarrones amenazantes lluvia, todo me aparece bajo una luz nueva y cautivante. La misma luz me acompaña en mi camino de la casa de Dilcia e Isaac hacia la capilla, en los momentos que preceden la noche. Luz indefinida, que transmite alegría e melancolía a la vez.

La Misa de las 7 p.m. es infestada por “nubes” de insectos, atraídos por la luz de los bombillos. Plaga que parece vaya a ser problema de cada día, debido a la lluvia y humedad. Aunque, desde el día siguiente se soluciona por lo menos el problema de los bichos sobre el altar, teniendo apagado el bombillo directo y usando la luz indirecta de los de la nave de la capilla. Un verdadero alivio para mi…

A diferencia de la vez pasada, cuando fui huésped de una familia, decido quedarme en los locales junto a la capilla. Elección que aprecio enseguida, porque me permite la libertad y la alegría íntima de encontrarme en soledad con Dios, al comienzo y al final del día. Es descanso en Dios, que hace de la capilla de esta pequeña y perdida aldea rural, el centro del mundo, de mi mundo y mis afectos.

Domingo de Ramos, 17 de abril – Lo paso por entero en Conchabamba. Desayuno en casa de Dilcia e Isaac, junto a 4 de sus 7 hijos, que vuelvo a ver con gusto, más crecidos y unos ya adultos. A las tres de la tarde bendición de las palmas, cerca de la cruz de la misión, y procesión hacia la capilla. Homilía sobre el sentido de la acogida de Jesús y la vivencia de la Semana Santa, y sobre el valor simbólico tradicional que el venezolano atribuye a los ramos en este día. Me acuesto pronto, como haré en los días siguientes. Quizás debido al cansancio del día, pero también el gozo de un sueño que Dios me regala, libre de preocupaciones inmediatas y rutinarias. A medianoche me despierta un tremendo aguacero. Al amanecer aún lluvia y problemas de diarrea, supongo por el agua de la llave. Tendré que hervirla…

El programa de los próximos días es el siguiente: en las mañanas confesión y celebración de Misa en los sectores de alrededor; en la tarde en Conchabamba. Vuelvo a las experiencias pastorales de mis inicios en Venezuela, en zonas llaneras, lidiando con calor y zancudos (aquí hay un bicho casi invisibles, que empero pica y arde aún más duro: el ején). Encima, abundantes sudores, aliviados por los ventiladores, cuya briza y ruido me acompaña también de noche, o sea por el fresco, o sea para alejar a los zancudos.

Lunes santo, 18 de abril – Desayuno en casa de José y Juanita, acompañado por el hijito José Emanuel, un niño de un par de años, catire y pila. José llega a buscarme en una moto prestada, porque la familia posee tan sólo una pequeña bicicleta para desplazarse. A las 9.30 a.m. voy en moto a Costa de Conchabamba, que dista alrededor de 15 minutos en carretera de tierra. Nos acomodamos en tres sobre la misma moto: el chofer, un monaguillo y yo con la maleta para la Misa. Los tres sin casco, por supuesto!!! En los días siguientes me moveré a veces en moto. En el campo es una manera fácil y económica di trasladarse de un lugar a otro. El casco prácticamente no se usa, y es normal que la moto se transforme en medio de transporte multiuso y con más viajeros.

Martes santo, 19 de abril – Otra vez en moto, hasta La Embajada. Vamos en tres motos. Los inconvenientes de viajar en moto se deben a los huecos y la irregularidad de la carretera de tierra, además de las charcas que se forman a llover. Me acompañan dos monaguillos de 10 años: Alberto y Jackson. Serán mis ángeles de la guarda durante todos estos días, una compañía muy agradable y variada: Alberto más gordito y tranquilo, Jackson flaco y muy pila.

Miércoles santo, 20 de abril – Me despierta un fuerte chubasco. Normalmente la lluvia me vuelve melancólico, pero en el campo es un espectáculo que me fascina. Me escabullo fuera de la capilla, para saborear con los ojos el panorama y respirar la lluvia… Hoy me toca ir a El Porvenir, a media hora de distancia. Por supuesto me buscan en camioneta. Llueve durante toda la mañana. Por eso a la Misa participan pocos. Sin embargo, Dios me recompensa con una bellísima excursión por este territorio de pasto para bovinos y plataneras, admirando las vacas y sus amigas las garzas; al sonido de gotas copiosas que caen del cielo, acompañado por el olor húmedo de la vegetación y la luz típica de los días de lluvia.

Jueves santo, 21 de abril – Hoy el clima ha cambiado del todo. Hay sol y cielo despejado. Voy para El Destierro, a 40 minutos en camioneta. Ida y vuelta entre una naturaleza lozana, a pesar de las intervenciones del hombre. El verdor de los árboles y de los prados resplandece a la luz clara del sol de hoy. Nos recibe con la usual amabilidad el señor Alirio y su familia. También aquí me esperan un par de horas de confesión y la Misa. De regreso, entramos a visitar a una viejita enferma en cama. Para llegar se recorre un angosto sendero entre plátanos y vegetación. La Misa de la noche, con el lavatorio de los pies, en una capilla repleta, es sencilla y solemne a un tiempo.

Viernes santo, 22 de abril – Todo el día de hoy es dedicado a Conchabamba. En la mañana me encuentro con el dolor de los hombres, en mi visita a los enfermos de la comunidad. Las condiciones higiénico-sanitarias de algunos son impactantes. En la tarde choco con el dolor del Hombre-Dios: Vía Crucis en los alrededores de la aldea hasta la capilla, de las 2.30 a las 4.30; Adoración de la Cruz y Sermón de las 7 palabras, de las 5.00 a las 7.00. Luego… ¡¡solo en la capilla!! Llamo un momento a una persona amiga, porque el encuentro con el dolor desconcierta y se puede sentir la necesidad de una voz. Después me quedo a reflexionar, delante de la cruz, en la capilla vacía, sobre el día, fuerte y bello a la vez. El silencio de esta hora es la precisa compañía a las celebraciones humanas y litúrgicas de hoy.

Sábado santo, 23 de abril – Alrededor de 45 minutos para llegar al Cinco, sector donde es prevista una Misa en la mañana. Expliqué a los organizadores que no hay misas el Sábado santo, pero me dijeron que ya no se podía cambiar programa o decepcionar a una comunidad en espera. Así que celebro la resurrección de Nuestro Señor ¡¡a las 11 de la mañana!!Y la gente aprecia el hecho de haber tenido Misa… La Vigilia pascual en Conchabamba, a las 7.00 de la tarde, es muy participada. Todo se desenvuelve en manera ordenada, aunque haya un poco de bulla por los niños que se van a bautizar. Al terminar, una señora quiere hablarme. A las 11.00 por fin puedo acostarme.

Domingo de Resurrección, 24 de abril – Me levanto a las 6.00 y preparo mi maleta. Después del desayuno, a las 7.15 arranco para el seminario, en compañía de Aura Beatriz, una hija de Dilcia e Isaac que estudia en Michelena. Dejo a Beatriz en el terminal de S. Cristóbal y cruzo el portón del seminario a las 12.30 cerca. Ha sido una semana de trabajo pastoral muy linda, gracias sobretodo a la gente, a los lugares y al haber tenido la oportunidad de mis momentos a solas con Dios en la capilla.