martedì 21 aprile 2015

Colombia e Ecuador, 23 gennaio-7 febbraio 2015


 

23 gennaio 2015 – Ogni anno, normalmente a gennaio, si tiene l’assemblea della Falc, cioè dei responsabili dei frati minori conventuali in America Latina. Quest’anno si è svolta a Quito (Ecuador), dal 26 al 31 gennaio. Per raggiungere la capitale ecuadoregna sono partito da Cúcuta (Colombia). Da quando sono cominciati i problemi tra il governo e le compagnie aeree, non è più possibile comprare biglietti in bolivares, solo in dollari. E non attraverso le agenzie venezuelane, ma per internet. Vista la valutazione enormemente esagerata della valuta estera rispetto al bolivar, si cerca di risparmiare al massimo sui passaggi. Spulciando e cercando, ci siamo accorti che partire da Cúcuta costa molto meno rispetto a Caracas. Inoltre, il seminario, dove vivo attualmente, si trova ai confini con la Colombia, poco distante da quella città. Un problema sono le code in entrata ed uscita. Ma questo è un discorso lungo, che riguarda vari aspetti politici e sociali della Venezuela di oggi...
Ho l’aereo domenica 25, alle 6.30 del mattino. Decido di partire con i nostri 5 giovani che vanno al noviziato in Paraguay, il cui aereo è alle 5.00 di sabato. Dovrò fermarmi un giorno a Cucuta, ospite di una famiglia amica. Arriviamo all’aeroporto senza grossi problemi, intorno alle 17.00, e ci predisponiamo a passare la notte lì, fino alle 2.00, quando aprono il check in. Ma la famiglia che mi ospita insiste perché andiamo tutti a mangiare a casa loro, per poi riaccompagnare i novizi all’aeroporto intorno alle 2.30. Naturalmente accettiamo volentieri, dopo una certa resistenza dovuta al fatto che non vogliamo dare loro fastidio. Ho sottovalutato la ospitalità latina.

24 gennaio – Passo tutto il giorno in casa, mentre i miei giovani amici sono al lavoro. Ne approfitto per terminare alcuni lavori al computer e giocare con il loro nipotino di 5 anni. La sera mangiamo un hamburger, e subito noto che cade pesante sul mio stomaco

Ecuador: Chiesa de la Virgen del Quinche
26-31 gennaio: Assemblea Falc a Yaruqui – L’agenda degli argomenti è piuttosto fitta. L’orario prevede circa otto ore di sedute assembleari, al di là dei momenti di preghiera e dei pasti. Il clima però è quello fraterno e allegro di sempre, per cui è un piacere condividere tempo con questi miei confratelli di altre circoscrizioni. Ne esco ogni volta incoraggiato ed edificato. Bella la casa di ritiro a circa 40 kilometri da Quito. Le suore vincenziane che la gestiscono sono di una gentilezza e disponibilità uniche. Ci mettono subito a nostro agio, in un clima molto familiare.
Sono il primo ad arrivare. Il viaggio è andato bene; ma sento che non ho digerito niente da ieri sera. Dopo pranzo mi corico un momento, ma lo stomaco lo sento davvero pesante e ho rigurgiti di vomito. Mi costringo a vomitare. Vomito come mai in vita mia. Mi sento alleggerito, ma evidentemente perdo anche troppi liquidi. Durante la messa della sera, in una parrocchia vicina, dove le suore mi hanno invitato a celebrare per aiutare il parroco che ogni domenica celebra cinque messe, al momento della consacrazione mi sento venir meno. Mi vedo costretto a sedermi e fino alla fine non riesco a rimettermi in piedi. Il parroco termina la messa e io concelebro come posso, seduto. Il malore è dovuto alla disidratazione e all’altura (siamo a circa 2.700 metri). Una flebo e il té di coca mi rimettono in sesto. Dopo un paio di giorni con piccoli malesseri, mi sento di nuovo completamente recuperato. Oltre le riunioni, un giorno e mezzo sono dedicati a escursioni turistiche.

Ecuador: Chiesa de la Virgen del Quinche
28 gennaio: Otavalo e dintorni  – Subito dopo colazione inizia questo giro che ci porterà alla cittadina di Otavalo, famosa per il suo mercato di artigianato ecuadoregno, e ad altri posti nei dintorni. Dopo una ventina di minuti entriamo a visitare il santuario de la Virgen del Quinche. Un gruppetto, nel quale fortunatamente mi trovo anch’io, si imbatte nel sacerdote responsabile del santuario, il quale ci porta in una stanza superiore dietro l’altare (“camarín de la Virgen”), dove possiamo arrivare a vedere molto da vicino la statua e ad accarezzarla. Ognuno dei presenti sale una piccola scala e si ritrova faccia a faccia con l’immagine della Madonna. È un momento toccante. Alcuni frati si commuovono 
profondamente, fino alle lacrime, per il privilegio inaspettato che ci è stato concesso. Io, europeo razionale, resto un po’ più freddo. Ma ammiro e mi commuove la fede bella, semplice e popolare dei miei confratelli. Avverto che mi manca qualcosa...

Otavalo e altri due paesi sono caratteristici per l’artigianato, come dicevo. Ma passo veloce per negozi e mercato, e mi dirigo a visitare le vie e il centro. Cosa che mi piace di più. Bella la visita al lago vulcanico di Cuichoa, con le sue due caratteristiche isolette.


Quito: Vista della città dalla altura de la Virgen del Panecillo
Quito: Chiostro convento S. Francesco















31 gennaio: Quito – Al pomeriggio visitiamo il centro storico della capitale. Partiamo a piedi dalla Iglesia de la Consagración, in bello stile neogotico, per proseguire attraverso la via che ci porta alla chiesa dei gesuiti, alla piazza della cattedrale, alla chiesa e convento di San Francesco. Una camminata che mi piace molto. Mi piace passeggiare per i centri storici, camminare storia e volti. E quello di Quito è un gioiellino. Le due chiese poi, dei gesuiti e dei francescani, sono uno splendore. Quasi a fine pomeriggio ci rechiamo in bus alla altura della Virgen del panecillo, la cui enorme statua domina sulla città sottostante, e da dove si gode un panorama stupendo su Quito. Aspettiamo il tramonto, per ammirare dall’alto le prime luci illuminare la città e i suoi preziosi monumenti architettonici. La visita meriterebbe più tempo, e mi pento già di non aver previsto di fermarmi un paio di giorni ancora dopo l’assemblea.




1 febbraio: Latitudine 0º – La domenica, per chi non ha già la partenza, è prevista una visita al “centro del mondo”, alla latitudine 0º. Vi è una parte un po’ più turistica, precedentemente considerata la linea dell’equatore, secondo calcoli del 1700. Con i nuovi strumenti ci si è accorti che l’equatore passa poco distante, dove è nato un interessante museo e dove ci si diverte a vedere gli effetti della latitudine 0 a livello di fisica.

Al pomeriggio, i pochi rimasti ci ritroviamo nel convento dei frati a Quito. Nasce imprevista la proposta del guardiano di andare in macchina a un centro termale vicino. In verità si trova a più di un’ora di distanza. Alcuni preferiscono fermarsi a riposare. Sono stanco. Ma le suore della casa di ritiro, che dopo il malore mostrano di avermi preso sotto la loro ala protettrice, e dove siamo tornati per lasciare alcuni e cercare pantaloncini, mi spingono ad andare. Alla fine i partecipanti siamo cinque. La strada sale fino a quota 4.000 metri, per poi scendere verso il paesino con le acque termali provenienti dal vulcano. È un’esperienza rilassante e divertente a un tempo.

Bogotà: strada del centro storico
2-7 febbraio: Bogotà – Ci arrivo ancora una volta pentito di non aver previsto una sosta più lunga a Quito. Siccome il mio volo prevede uno scalo in Bogotà, ho deciso approfittarne per conoscere la città e condividere alcuni giorni con i frati di questa comunità. Qui si trova il postulantato della Custodia di Colombia. Sono accolto molto bene e la condivisione è molto bella, semplice e fraterna. Mi sento subito in famiglia.
Bogotà: Chiesa di S. Francesco
Due mezze giornate sono dedicate al turismo; il resto del tempo lo passo in convento, lavorando al computer, leggendo e vivendo i momenti comuni con i frati e i formatori. Le escursioni turistiche sono organizzate per me da fray Alexander. Tutti gli spostamenti sono a piedi e in bus pubblici, perché i frati, da ormai dieci anni, non hanno macchina. La mattina del 3 ci rechiamo a Zipaquirá, per visitare le miniere con le loro opere architettoniche e plastiche in sale. Al di lá di esse, è suggestivo addentrarse nel ventre della terra. Mi piace anche il centro della città, soprattutto la cattedrale con la piazza adiacente. Il pomeriggio del 4 saliamo in funivia alla chiesa della Virgen de Monserrate. La vista d’occhio sulla città in basso è la cosa migliore del posto. La chiesa, anche se non eccezionale, non è male. Una volta scesi, ci addentriamo a piedi nella parte antica di Bogotà. Anche questa non è male. Ci sono angoli suggestivi in stile coloniale. La chiesa di San Francesco e il Museo de la Moneda, con le opere di Botero, sono interessanti. Però Quito è ad un altro livello.
La mattina del 6, mi reco con fray Julian, a celebrare alle clarisse. In bus ci impieghiamo un’ora per arrivare. La messa e la colazione offerta dalle suore mi restano come un ricco ricordo. Infine il giorno 7 mattina riparto per Cucuta e per il Venezuela.


Zipaquirá: Chiesa nella miniera di sale
Che dire di questi giorni?!? Sono grato a Dio e ai confratelli per le belle esperienze fatte. Una considerazione quasi spontanea uscendo dal Venezuela è sulla situazione di questi paesi rispetto al nostro. Ormai ciò che attira e affascina il venezuelano all’estero non sono solo le bellezze paesaggistiche o artistiche, i luoghi di divertimento o i cibi. Sempre più spesso, almeno a me capita, si guarda con invidia e ammirazione alla sicurezza sociale; al poter camminare per strada senza la compagnia di un timore indeterminato che ti succeda qualcosa; all’economia abbastanza stabile; alla possibilità di accedere a beni di prima necessità senza fare file assurde; alla varietà e abbondanza dei prodotti di consumo a prezzi non esorbitanti rispetto al salario minimo; alle infrastrutture meglio tenute e curate. E stiamo parlando di paesi latinoamericani, certamente con meno risorse rispetto al nostro. La tentazione che ti assale, a volte, è di rimanere, unita a perplessità, dubbi e rabbie.

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