martedì 7 aprile 2020

8) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 23 - Domenica 29 marzo 2020
Mi sono accorto che mantenere due rubriche al giorno (il diario e il commento alla Parola) mi era diventato pesante, quasi impossibile. Nelle mie giornate ci sono anche altre cose, che voglio mantenere vive e non sacrificare alla scrittura. Allora ha prevalso il favorire quella che appartiene di più alla mia scelta di vita: il commento giornaliero alla Parola di Dio. Tuttavia, non vorrei abbandonare del tutto il mio diario personale ai tempi del coronavirus, e così ho pensato di renderlo settimanale, sforzandomi di limitare la mia prolissità. Dovrò ricorrere a una scrittura più stringata ed essenziale. Sarò in grado di farlo? Ci provo.

Politica – Stringatezza ed essenzialità che, insieme ad altri valori e condizioni, faranno parte della nostra vita post epidemia. Ne saremo capaci? Ci dobbiamo assolutamente provare; anzi, ci dobbiamo giocoforza riuscire. In questa settimana è emerso infatti fortemente il tema del dopo. Che paese ci lascerà in eredità? Certamente con molte fragilità economiche e interiori. Come ripartire? Quanto ci vorrà per risalire la china e ricostruire un paese che possiamo definire e sentire casa comune, attenta a tutti i suoi membri? L’Europa è chiamata a fare la sua parte. Il coronavirus ci ha messo con le spalle al muro in questo senso. Il risultato sarà o una unità europea basata su nuove regole di solidarietà e sussidiarietà, o la fine di un sogno europeista. Quante energie e nuove categorie di pensiero sapremo mettere in campo per ricucire un tessuto relazionale e sociale, che mantenga vive e promuova le ricchezze umane acquisite nel periodo della quarantena?
Giustamente il governo pensa ora all’emergenza sanitaria. Conte lo ha detto e ripetuto che la priorità oggi è la salute degli italiani, e si tratta di uno sforzo immane. Domani sarà assicurare una vita degna ad ogni cittadino, e lo sforzo sarà forse ancora più grande. La riuscita dipenderà anche dalla collaborazione e responsabilità di ciascuno di noi. Certo, personalmente mi sarei augurato, in questi frangenti, una collaborazione ancora maggiore di tutte le forze politiche. A volte ho l’impressione che certe affermazioni siano proclami di propaganda partitica, più che preoccupazioni vere per la situazione del paese e della sua gente.

Società – Stamane mi hanno colpito un paio di notizie. La prima si riferisce a due paure: la possibilità di gruppi estremisti, che sfruttino la disperazione di alcuni per fomentare una ondata di proteste sociali violente contro lo Stato; l’ipotesi più che realistica di organizzazioni mafiose che si approfittino della crisi per fare affari sporchi, come hanno sempre fatto in momenti simili. Ai primi, ai quali è sempre piaciuto ventilare l’ipotesi di di rivolte come nuova primavera, dico che definire la violenza una primavera, è offesa a questa splendida stagione, che parla di rinascita e non di morte. La violenza, qualsiasi violenza, è piuttosto un inverno, un inferno, senza fiori né frutti, con poca luce e quasi nessuna gioia. Alle mafie è da ripetere l’anatema lanciato da Papa Giovanni Paolo II e ripreso da Papa Francesco. Non serve nemmeno andare in chiesa senza convertirsi dal male scelto e attuato, si è solo dei maledetti che, cito San Paolo, mangiano e bevono la propria condanna. È stato bello aver visto le lepri tornate nei parchi non più invase dagli uomini, i delfini spingersi fino ai porti, le anatre nella fontana di Piazza di Spagna, la natura che respira. È orribile, disgustoso, sapere che potrebbero comparire, se già non ci sono, “sciacalli”, pronti ad approfittarsi delle difficoltà delle persone e del momento. Questi esseri asfissiano più del virus.
La seconda notizia riguardava l’assalto di alcuni disperati ai supermercati, non avendo di che mangiare. È coinciso con il capitolo che sto leggendo de “I promessi sposi”, dove si parla del saccheggio dei forni a Milano durante la carestia. Premesso che innescare una tale spirale illegale non è accettabile, è doveroso però aggiungere che si dovrà pensare alle nuove situazioni di povertà che si sono originate, e ad altre che seguiranno, causate dalla prevista ed inevitabile crisi economica mondiale. Il governo sta adottando misure. Mi commuove lo slancio di privati, la loro sensibilità verso i bisogni altrui, che ho potuto constatare in questi giorni. Piccole gocce, ma che insieme possono formare un mare di spicciola, pratica ed essenziale solidarietà.
A questo proposito, sono tantissimi i personaggi famosi che stanno facendo o donando qualcosa per i bisognosi, per finanziare la lotta alla epidemia nei modi più vari, per promuovere le campagne del governo. In settimana lo ha fatto Roby Facchinetti, dei Pooh, con una canzone inedita, “Rinascerò, rinascerai”, in riferimento alla vita dopo il coronavirus. I proventi, naturalmente, saranno devoluti in beneficenza.

Chiesa L’immagine simbolo della settimana, che si è impressa nel cuore di molti, anche non cristiani, e ha mosso le coscienze, gli animi e i sentimenti di tutti, è stata l’adorazione eucaristica del Papa in San Pietro, venerdì 27. Un insieme di preghiera intensa e di parole forti, a commento della tempesta sedata (Mc 4,35-41). Il Papa ci ha ricordato che la “tempesta” che stiamo vivendo ci ha messi tutti sulla stessa barca: o collaboriamo, e noi cristiani risvegliamo Cristo in noi e nel mondo; o siamo destinati ad andare a fondo. Un’ora che rimarrà nella mente del mondo intero, per la sua portata emotiva e profetica. E poi, simboli chiarissimi ed efficacissimi, forse perché non cercati affatto per fare colpo: il crocifisso ligneo miracoloso, portato dalla chiesa di San Marcello, gocciolante per la pioggia caduta, come se Gesù stesse di nuovo sudando sangue e acqua, a causa dell’angoscia di fronte alla sofferenza e alla morte di tanta gente; il quadro, arrivato da Santa Maria Maggiore, della Virgo salutis populi Romae, accanto a suo figlio in croce; il Santissimo esposto nel portico della basilica, di fronte a una piazza assolutamente vuota, come lo sono le nostre città di questi tempi, riempita però fino all’inverosimile dagli occhi di chi guarda da casa, segno speriamo della capacità nuova di avere uno sguardo sull’altro, percependone la presenza e la necessità. Infine lui, Papa Francesco, antidivo per eccellenza, forte di una autorità umile, in consonanza totale con il vangelo di Gesù, con il quale sente e porta il peso della sofferenza e dei sofferenti del mondo. Una preghiera profonda e significativa, fatta di immagini più che di parole.

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