Lunedì 23 - Domenica 29 marzo
2020
Mi sono accorto che mantenere due rubriche al giorno (il diario e il
commento alla Parola) mi era diventato pesante, quasi impossibile. Nelle mie
giornate ci sono anche altre cose, che voglio mantenere vive e non sacrificare
alla scrittura. Allora ha prevalso il favorire quella che appartiene di più
alla mia scelta di vita: il commento giornaliero alla Parola di Dio. Tuttavia,
non vorrei abbandonare del tutto il mio diario personale ai tempi del
coronavirus, e così ho pensato di renderlo settimanale, sforzandomi di limitare
la mia prolissità. Dovrò ricorrere a una scrittura più stringata ed essenziale.
Sarò in grado di farlo? Ci provo.
Politica – Stringatezza ed essenzialità
che, insieme ad altri valori e condizioni, faranno parte della nostra vita post
epidemia. Ne saremo capaci? Ci dobbiamo assolutamente provare; anzi, ci
dobbiamo giocoforza riuscire. In questa settimana è emerso infatti fortemente
il tema del dopo. Che paese ci lascerà in eredità? Certamente con molte
fragilità economiche e interiori. Come ripartire? Quanto ci vorrà per risalire
la china e ricostruire un paese che possiamo definire e sentire casa comune,
attenta a tutti i suoi membri? L’Europa è chiamata a fare la sua parte. Il
coronavirus ci ha messo con le spalle al muro in questo senso. Il risultato
sarà o una unità europea basata su nuove regole di solidarietà e sussidiarietà,
o la fine di un sogno europeista. Quante energie e nuove categorie di pensiero
sapremo mettere in campo per ricucire un tessuto relazionale e sociale, che
mantenga vive e promuova le ricchezze umane acquisite nel periodo della
quarantena?
Giustamente il governo pensa ora all’emergenza sanitaria. Conte lo ha
detto e ripetuto che la priorità oggi è la salute degli italiani, e si tratta
di uno sforzo immane. Domani sarà assicurare una vita degna ad ogni cittadino,
e lo sforzo sarà forse ancora più grande. La riuscita dipenderà anche dalla
collaborazione e responsabilità di ciascuno di noi. Certo, personalmente mi
sarei augurato, in questi frangenti, una collaborazione ancora maggiore di
tutte le forze politiche. A volte ho l’impressione che certe affermazioni siano
proclami di propaganda partitica, più che preoccupazioni vere per la situazione
del paese e della sua gente.
Società – Stamane mi hanno colpito un paio
di notizie. La prima si riferisce a due paure: la possibilità di gruppi
estremisti, che sfruttino la disperazione di alcuni per fomentare una ondata di
proteste sociali violente contro lo Stato; l’ipotesi più che realistica di
organizzazioni mafiose che si approfittino della crisi per fare affari sporchi,
come hanno sempre fatto in momenti simili. Ai primi, ai quali è sempre piaciuto
ventilare l’ipotesi di di rivolte come nuova primavera, dico che definire la
violenza una primavera, è offesa a questa splendida stagione, che parla di
rinascita e non di morte. La violenza, qualsiasi violenza, è piuttosto un
inverno, un inferno, senza fiori né frutti, con poca luce e quasi nessuna
gioia. Alle mafie è da ripetere l’anatema lanciato da Papa Giovanni Paolo II e
ripreso da Papa Francesco. Non serve nemmeno andare in chiesa senza convertirsi
dal male scelto e attuato, si è solo dei maledetti che, cito San Paolo,
mangiano e bevono la propria condanna. È stato bello aver visto le lepri
tornate nei parchi non più invase dagli uomini, i delfini spingersi fino ai
porti, le anatre nella fontana di Piazza di Spagna, la natura che respira. È
orribile, disgustoso, sapere che potrebbero comparire, se già non ci sono,
“sciacalli”, pronti ad approfittarsi delle difficoltà delle persone e del
momento. Questi esseri asfissiano più del virus.
La seconda notizia riguardava l’assalto di alcuni disperati ai
supermercati, non avendo di che mangiare. È coinciso con il capitolo che sto
leggendo de “I promessi sposi”, dove si parla del saccheggio dei forni a Milano
durante la carestia. Premesso che innescare una tale spirale illegale non è
accettabile, è doveroso però aggiungere che si dovrà pensare alle nuove
situazioni di povertà che si sono originate, e ad altre che seguiranno, causate
dalla prevista ed inevitabile crisi economica mondiale. Il governo sta
adottando misure. Mi commuove lo slancio di privati, la loro sensibilità verso i
bisogni altrui, che ho potuto constatare in questi giorni. Piccole gocce, ma
che insieme possono formare un mare di spicciola, pratica ed essenziale
solidarietà.
A questo proposito, sono tantissimi i personaggi famosi che stanno
facendo o donando qualcosa per i bisognosi, per finanziare la lotta alla
epidemia nei modi più vari, per promuovere le campagne del governo. In
settimana lo ha fatto Roby Facchinetti, dei Pooh, con una canzone inedita,
“Rinascerò, rinascerai”, in riferimento alla vita dopo il coronavirus. I
proventi, naturalmente, saranno devoluti in beneficenza.
Chiesa – L’immagine simbolo della settima na, che si è
impressa nel cuore di molti, anche non cristiani, e ha mosso le coscienze, gli
animi e i sentimenti di tutti, è stata l’adorazione eucaristica del Papa in San
Pietro, venerdì 27. Un insieme di preghiera intensa e di parole forti, a
commento della tempesta sedata (Mc 4,35-41). Il Papa ci ha ricordato che la
“tempesta” che stiamo vivendo ci ha messi tutti sulla stessa barca: o
collaboriamo, e noi cristiani risvegliamo Cristo in noi e nel mondo; o siamo
destinati ad andare a fondo. Un’ora che rimarrà nella mente del mondo intero,
per la sua portata emotiva e profetica. E poi, simboli chiarissimi ed
efficacissimi, forse perché non cercati affatto per fare colpo: il crocifisso
ligneo miracoloso, portato dalla chiesa di San Marcello, gocciolante per la
pioggia caduta, come se Gesù stesse di nuovo sudando sangue e acqua, a causa dell’angoscia
di fronte alla sofferenza e alla morte di tanta gente; il quadro, arrivato da
Santa Maria Maggiore, della Virgo salutis populi Romae, accanto a suo figlio in
croce; il Santissimo esposto nel portico della basilica, di fronte a una piazza
assolutamente vuota, come lo sono le nostre città di questi tempi, riempita
però fino all’inverosimile dagli occhi di chi guarda da casa, segno speriamo
della capacità nuova di avere uno sguardo sull’altro, percependone la presenza
e la necessità. Infine lui, Papa Francesco, antidivo per eccellenza, forte di
una autorità umile, in consonanza totale con il vangelo di Gesù, con il quale
sente e porta il peso della sofferenza e dei sofferenti del mondo. Una
preghiera profonda e significativa, fatta di immagini più che di parole.
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