martedì 7 aprile 2020

9) Diario personale, dal convento, nei giorni del coronavirus


Lunedì 30 marzo - Domenica 05 aprile 2020
Rieccomi con il mio tentativo di diario, in questo tempo difficile e “speciale”, che secondo molti porterà a dei cambiamenti nelle nostre vite. C’è chi afferma che saremo peggiori, più rinchiusi in noi stessi, attanagliati dalla paura del contagio, bloccati dentro, dopo tanti mesi di distanze cautelative; incapaci di tornare alle precedenti relazioni sociali “umane”, di cercare vicinanze affettive, di farci “prossimo” accanto ai bisognosi. Chi invece scommette su una umanità migliorata dalla sofferenza comune e dalla lotta universale contro il nemico invisibile, più attenta alle persone in difficoltà, finalmente aperta a una solidarietà fraterna a livello mondiale, notevolmente sensibile verso scelte “ecologiche” a salvaguardia della vita in tutti i suoi aspetti e sfumature. Chi infine, molto prosaicamente, sostiene che, passata la paura e il pericolo, l’uomo dimenticherà presto tutto e tornerà a fare le cose di prima, né più né meno. Insomma, anche se so che suona macabro citare questo proverbio nel contesto attuale: chi vivrà, vedrà. Anche se mi augurerei il “chi ha visto, vivrà”... Proprio per aver visto, vivrà finalmente una vita vera, piena, quella che Gesù è venuto a portarci e che siamo prossimi a celebrare il giorno di Pasqua, impregnata cioè di valori che si contabilizzano più col cuore che con le mani.

Politica – In settimana l’emergenza sanitaria si è estesa decisamente ad altri paesi. I più colpiti: Stati Uniti e Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania (questa ultima però con poche morti rispetto al contagio). I primi due paesi hanno affrontato l’epidemia allo stesso modo, e cioè: i capi di governo hanno prima preso sottogamba il virus e fatto gli spavaldi davanti all’opinione pubblica; poi si sono ricreduti di fronte al dilagare del contagio e alle tante morti. Dispiace che stia piuttosto male il primo ministro britannico, dopo aver sviluppato il contagio insieme alla moglie, peraltro incinta. In politica è richiesto normalmente saper prendere decisioni, spesso forti o addirittura impopolari per il bene delle persone. In certi casi un poco di umiltà, di dialogo parlamentare, di confronto con la scienza e con l’esperienza fatta in altri paesi sarebbero doverosi. Gli altri paesi stanno vivendo una traiettoria simile a quella italiana.
In Italia, dopo tanti giorni di angoscia, si cominciano a intravedere alcuni timidi segnali positivi, ma le morti sono ancora tantissime. Si parla della fase 2 dell’emergenza, su come riaprire gradualmente le imprese e le nostre case. Allo stesso tempo, si insiste sul fatto che l’emergenza non è affatto terminata, che non si deve allentare la lotta proprio ora, né lasciarsi prendere da una prematura e deleteria euforia. Si teme un rimbalzo dei contagi, che sarebbe devastante per le persone e il paese. Più volte ho fatto appello a rispettare le norme del governo. Non è il momento di cedere a tentazioni estremamente dannose. In termini calcistici potrebbe succedere come quando una provinciale gioca contro la squadra prima in classifica. Si vede costretta nella propria metà campo, però riesce a reggere e mantenere il pareggio. Vedendo poi che gli avversari tirano un po’ il fiato, attaccano scriteriatamente scoprendosi dietro. Si sa già come andrà a finire. In tremenda e indimenticabile goleada!!

Società – Ho pensato molto, e continuo a farlo, a come una delle realtà più tristi di questo periodo sia legato alla morte. Evento già umanamente tragico in sé, diventatolo ancor di più a causa del coronavirus. Gli ammalati muoiono senza la presenza confortante dei familiari, anche se il personale sanitario fa ogni possibile ed encomiabile sforzo per far sentire la sua presenza. La gente comune muore senza la possibilità dei sacramenti, di una preghiera dei familiari, degli amici e della comunità cristiana. I corpi vengono subito rinchiusi e portati in forma privatissima al cimitero. Penso in questo momento a persone conosciute, che hanno vissuto la loro vita con profonda fede e in una viva testimonianza cristiana: Niní Langiulli, Tonino Orlando, la signora Giovanna, mamma di amici di sempre, e, notizia di oggi, la carissima Mariagrazia Prencipe, amica di liceo. Scrivevo in un paio di occasioni, commentando il  vangelo del giorno: “Una delle colpe più grandi del virus è lo strazio dei moribondi, costretti a morire da soli per paura del contagio; e quello dei familiari, impossibilitati a stare accanto ai loro cari in un momento così forte di passaggio. La fede mi porta a credere fermamente che Gesù, e con lui sua madre Maria, non ci lascia mai soli, men che meno nel momento della nostra morte. Egli si china sul moribondo, lo guarda in viso con infinita dolcezza e misericordia, e lo invita ad alzarsi incontro alla vita nella risurrezione dei morti”... “È un’opera di misericordia corporale seppellire i morti. Credo però che si tratti non solo di mettere i cadaveri in una tomba, ma anche di accompagnare i moribondi all’incontro con Dio e di trattare il corpo con una certa sacralità... una delle cose che maggiormente mi impressiona di questa epidemia è la non possibilità di vivere cristianamente il momento della morte. Tutta l’opera di madre Teresa di Calcutta ha preso l’avvio dal suo desiderio di accompagnare con dignità all’incontro con la morte i moribondi sulle strade di Calcutta... Possiamo e dobbiamo pregare per il riposo eterno dei defunti, e per la consolazione di Dio a familiari e amici; ma ancora di più affinché i moribondi sperimentino la tenera presenza del Signore durante la loro agonia e il loro trapasso. Che il profumo delle nostre preghiere salga intenso verso il Signore, e ridiscenda in grazia e conforto per tutti coloro che si preparano a lasciare la vita terrena per entrare in quella eterna”.

In ambito artistico discografico, in Spagna hanno prodotto una bella canzone sul resistere in questo tempo di quarantena. Essa va ad aggiungersi ad altri brani, inediti o interpretazioni di canzoni esistenti, motivati dal contagio e dallo stare a casa. Sarebbe bello pubblicare una compilation quando tutto sarà terminato, a ricordo. 
Inoltre, abbiamo celebrato i 50 anni del musical “Jesus Christ Superstar”. Quando da ragazzo l’ho visto al cinema del paese, sono rimasto fortemente colpito, dalle musiche e dalla novità nel rapportarsi a Gesù e al vangelo. Un modo allora nuovo di avvicinarsi a Gesù e di avvicinare il Vangelo alla società e ai giovani. Il migliore?!? Non saprei dire. Ma questo tempo ci porterà di sicuro nuove sfide in tal senso.

Chiesa  Appunto, nuove sfide e risposte da cercare. Stiamo vivendo un lungo tempo senza celebrazioni pubbliche, senza la presenza fisica dei fedeli. I nostri cristiani sono stati invitati – e lo stanno facendo – a dare attenzione alla preghiera familiare e personale; a mettere al centro la Parola, ora che le chiese non si possono frequentare. I risvolti positivi potrebbero essere: la presa di coscienza della famiglia come chiesa domestica; la valorizzazione finalmente della Parola di Dio, nella vita e nella preghiera quotidiane; la consapevolezza di essere popolo sacerdotale, che può e deve celebrare proprie liturgie familiari ed esistenziali; una declericalizzazione, che spinga a un vissuto e una testimonianza di fede “laica”, forse più umile, ma maggiormente radicata nella quotidianità e negli ambienti meno “frequentati” dal clero. Quelli negativi: maggiore disaffezione verso le chiese e allontanamento dai sacramenti; soddisfazione del bisogno religioso attraverso un dialogo esclusivamente personale con Dio, al di fuori di ogni forma e aspetto istituzionali; senso di abbandono da parte della Chiesa e dei suoi ministri, non eluso dall’abbondante uso dei socials e dalle trasmissioni in streaming (che per altro verso sono state pure apprezzate). Qualsiasi lettura della esperienza che stiamo attraversando, e qualunque risposta alle sfide che il virus propone alla Chiesa, non potranno non avere come fondamento e punto di partenza una rinnovata, radicale, evangelica passione per Dio e per l’uomo.

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