Lunedì 30 marzo - Domenica 05
aprile 2020
Rieccomi con il mio tentativo di diario, in questo tempo difficile e
“speciale”, che secondo molti porterà a dei cambiamenti nelle nostre vite. C’è
chi afferma che saremo peggiori, più rinchiusi in noi stessi, attanagliati
dalla paura del contagio, bloccati dentro, dopo tanti mesi di distanze
cautelative; incapaci di tornare alle precedenti relazioni sociali “umane”, di
cercare vicinanze affettive, di farci “prossimo” accanto ai bisognosi. Chi
invece scommette su una umanità migliorata dalla sofferenza comune e dalla
lotta universale contro il nemico invisibile, più attenta alle persone in difficoltà,
finalmente aperta a una solidarietà fraterna a livello mondiale, notevolmente
sensibile verso scelte “ecologiche” a salvaguardia della vita in tutti i suoi
aspetti e sfumature. Chi infine, molto prosaicamente, sostiene che, passata la
paura e il pericolo, l’uomo dimenticherà presto tutto e tornerà a fare le cose
di prima, né più né meno. Insomma, anche se so che suona macabro citare questo
proverbio nel contesto attuale: chi vivrà, vedrà. Anche se mi augurerei il “chi
ha visto, vivrà”... Proprio per aver visto, vivrà finalmente una vita vera,
piena, quella che Gesù è venuto a portarci e che siamo prossimi a celebrare il
giorno di Pasqua, impregnata cioè di valori che si contabilizzano più col cuore
che con le mani.
Politica – In settimana l’emergenza
sanitaria si è estesa decisamente ad altri paesi. I più colpiti: Stati Uniti e
Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania (questa ultima però con poche morti
rispetto al contagio). I primi due paesi hanno affrontato l’epidemia allo
stesso modo, e cioè: i capi di governo hanno prima preso sottogamba il virus e
fatto gli spavaldi davanti all’opinione pubblica; poi si sono ricreduti di
fronte al dilagare del contagio e alle tante morti. Dispiace che stia piuttosto
male il primo ministro britannico, dopo aver sviluppato il contagio insieme
alla moglie, peraltro incinta. In politica è richiesto normalmente saper
prendere decisioni, spesso forti o addirittura impopolari per il bene delle
persone. In certi casi un poco di umiltà, di dialogo parlamentare, di confronto
con la scienza e con l’esperienza fatta in altri paesi sarebbero doverosi. Gli
altri paesi stanno vivendo una traiettoria simile a quella italiana.
In Italia, dopo tanti giorni di angoscia, si cominciano a intravedere
alcuni timidi segnali positivi, ma le morti sono ancora tantissime. Si parla
della fase 2 dell’emergenza, su come riaprire gradualmente le imprese e le
nostre case. Allo stesso tempo, si insiste sul fatto che l’emergenza non è
affatto terminata, che non si deve allentare la lotta proprio ora, né lasciarsi
prendere da una prematura e deleteria euforia. Si teme un rimbalzo dei contagi,
che sarebbe devastante per le persone e il paese. Più volte ho fatto appello a
rispettare le norme del governo. Non è il momento di cedere a tentazioni
estremamente dannose. In termini calcistici potrebbe succedere come quando una
provinciale gioca contro la squadra prima in classifica. Si vede costretta
nella propria metà campo, però riesce a reggere e mantenere il pareggio.
Vedendo poi che gli avversari tirano un po’ il fiato, attaccano
scriteriatamente scoprendosi dietro. Si sa già come andrà a finire. In tremenda
e indimenticabile goleada!!
Società – Ho pensato molto, e continuo a
farlo, a come una delle realtà più tristi di questo periodo sia legato alla
morte. Evento già umanamente tragico in sé, diventatolo ancor di più a causa
del coronavirus. Gli ammalati muoiono senza la presenza confortante dei
familiari, anche se il personale sanitario fa ogni possibile ed encomiabile
sforzo per far sentire la sua presenza. La gente comune muore senza la
possibilità dei sacramenti, di una preghiera dei familiari, degli amici e della
comunità cristiana. I corpi vengono subito rinchiusi e portati in forma
privatissima al cimitero. Penso in questo momento a persone conosciute, che
hanno vissuto la loro vita con profonda fede e in una viva testimonianza
cristiana: Niní Langiulli, Tonino Orlando, la signora Giovanna, mamma di amici
di sempre, e, notizia di oggi, la carissima Mariagrazia Prencipe, amica di
liceo. Scrivevo in un paio di occasioni, commentando il vangelo del giorno: “Una delle colpe più
grandi del virus è lo strazio dei moribondi, costretti a morire da soli per
paura del contagio; e quello dei familiari, impossibilitati a stare accanto ai
loro cari in un momento così forte di passaggio. La fede mi porta a credere
fermamente che Gesù, e con lui sua madre Maria, non ci lascia mai soli, men che
meno nel momento della nostra morte. Egli si china sul moribondo, lo guarda in
viso con infinita dolcezza e misericordia, e lo invita ad alzarsi incontro alla
vita nella risurrezione dei morti”... “È un’opera di misericordia corporale
seppellire i morti. Credo però che si tratti non solo di mettere i cadaveri in
una tomba, ma anche di accompagnare i moribondi all’incontro con Dio e di
trattare il corpo con una certa sacralità... una delle cose che maggiormente mi
impressiona di questa epidemia è la non possibilità di vivere cristianamente il
momento della morte. Tutta l’opera di madre Teresa di Calcutta ha preso l’avvio
dal suo desiderio di accompagnare con dignità all’incontro con la morte i
moribondi sulle strade di Calcutta... Possiamo e dobbiamo pregare per il riposo
eterno dei defunti, e per la consolazione di Dio a familiari e amici; ma ancora
di più affinché i moribondi sperimentino la tenera presenza del Signore durante
la loro agonia e il loro trapasso. Che il profumo delle nostre preghiere salga
intenso verso il Signore, e ridiscenda in grazia e conforto per tutti coloro
che si preparano a lasciare la vita terrena per entrare in quella eterna”.
In ambito artistico discografico, in Spagna hanno prodotto una bella
canzone sul resistere in questo tempo di quarantena. Essa va ad aggiungersi ad altri
brani, inediti o interpretazioni di canzoni esistenti, motivati dal contagio e
dallo stare a casa. Sarebbe bello pubblicare una compilation quando tutto sarà
terminato, a ricordo.
Inoltre, abbiamo celebrato i 50 anni del musical “Jesus Christ
Superstar”. Quando da ragazzo l’ho visto al cinema del paese, sono rimasto
fortemente colpito, dalle musiche e dalla novità nel rapportarsi a Gesù e al
vangelo. Un modo allora nuovo di avvicinarsi a Gesù e di avvicinare il Vangelo
alla società e ai giovani. Il migliore?!? Non saprei dire. Ma questo tempo ci
porterà di sicuro nuove sfide in tal senso.
Chiesa –
Appunto, nuove sfide e risposte da cercare. Stiamo vivendo un lungo
tempo senza celebrazioni pubbliche, senza la presenza fisica dei fedeli. I
nostri cristiani sono stati invitati – e lo stanno facendo – a dare attenzione alla
preghiera familiare e personale; a mettere al centro la Parola, ora che le
chiese non si possono frequentare. I risvolti positivi potrebbero essere: la presa
di coscienza della famiglia come chiesa domestica; la valorizzazione finalmente
della Parola di Dio, nella vita e nella preghiera quotidiane; la consapevolezza
di essere popolo sacerdotale, che può e deve celebrare proprie liturgie
familiari ed esistenziali; una declericalizzazione, che spinga a un vissuto e
una testimonianza di fede “laica”, forse più umile, ma maggiormente radicata
nella quotidianità e negli ambienti meno “frequentati” dal clero. Quelli
negativi: maggiore disaffezione verso le chiese e allontanamento dai
sacramenti; soddisfazione del bisogno religioso attraverso un dialogo esclusivamente
personale con Dio, al di fuori di ogni forma e aspetto istituzionali; senso di
abbandono da parte della Chiesa e dei suoi ministri, non eluso dall’abbondante
uso dei socials e dalle trasmissioni in streaming (che per altro verso sono
state pure apprezzate). Qualsiasi lettura della esperienza che stiamo
attraversando, e qualunque risposta alle sfide che il virus propone alla
Chiesa, non potranno non avere come fondamento e punto di partenza una
rinnovata, radicale, evangelica passione per Dio e per l’uomo.
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