venerdì 7 luglio 2023

VIAGGIO IN VENEZUELA (luglio 2023) - 1ª Settimana (28 giugno-6 luglio)

Oggi, giovedì 6 luglio, è giusto una settimana da quando ho rimesso piede in Venezuela, dopo una assenza di circa 4 anni. Ci sono venuto per partecipare al capitolo della Custodia in rappresentanza del Ministro provinciale. E anche se mi sarebbe piaciuto fermarmi un po' più di tempo, tuttavia ringrazio Dio per l'opportunità che ho di rivedere gente e luoghi ai quali sono molto affezionato.

Il viaggio Bari-Istanbul-Caracas (28 giugno partenza da Bari e 29 arrivo a Caracas) è stato tutto sommato tranquillo. Ho viaggiato insieme a fra Hermes. Non sono mancati un paio di episodi che avrebbero potuto complicarci la vita, ma siamo riusciti a venirne fuori. Entrambi nell'aeroporto di Bari.

Il primo subito dopo il check in, in area di imbarco. Volendo controllare i posti che avevamo, ci siamo accorti che i biglietti da Istanbul a Caracas erano entrambi a nome mio, con un unico posto assegnato (il 32J, per la cronaca). Per cui Hermes è dovuto uscire di nuovo, scortato da addetti ai lavori, recarsi al banco della Turkish e correggere l'errore. Ce ne fossimo accorti ad Istanbul, sarebbero stati guai.

Poco prima di imbarcarci, o già sull'aereo (non ricordo bene), Hermes ha guardato il passaporto e ha visto che il timbro di uscita dall'Italia era quasi invisibile, mentre il mio lo era del tutto. Credo che si fossero dimenticati di controllare l'inchiostro; cosa banale, ma che potrebbe diventare una tragedia al momento dell'arrivo a un paese straniero. Ci siamo affidati a Dio, non potendo fare altro. Arrivati a Caracas, dopo più di 12 ore di volo, l'addetta ai passaporti si è accorta che al mio mancava quel timbro. Ho cercato di spiegarle. Allora mi ha chiesto di vedere il biglietto, su cui comparivano il nome mio e di Hermes, e forse avendo visto il mio confratello in tonaca, ci ha timbrato l'entrata in Venezuela. Devo ammettere che l'ho scampata bella.

All'aeroporto abbiamo dovuto attendere parecchio che uscisse fra Miguel, che si era unito a noi a Istanbul proveniente da Roma, perché le sue valigie sono state le ultime ad uscire sul nastro trasportatore. Ci attendeva con la macchina fra Fernando. Salendo a Caracas non ho provato niente. Tutto mi veniva incontro in modo familiare. Era come se fossi partito il giorno prima e stessi ora tornando.

Il giorno dopo, alle 6.30, partenza di nuovo per l'aeroporto nazionale, per prendere l'aereo che mi ha portato in Táchira, a Palmira, al seminario dove sono stato per più di 6 anni. Qui mi sono fermato fino ad oggi. Dopodomani partiamo per il capitolo a Mérida. Mi aspettano circa 5 ore di macchina, su strade mediocri o pessime.

Permanenza in Táchira

Ho trovato il seminario molto ben tenuto e curato. 
L'accoglienza è stata cordiale e fraterna, ma non avevo dubbi su questo. I miei confratelli mi hanno messo al corrente della situazione socio economica del momento e, per la difficoltà a trovare carburante, mi hanno detto che non avrebbero potuto portarmi a visitare i luoghi che avrei desiderato vedere, soprattutto Potrero e Venegara.

Sabato 1 luglio - Ho ripreso dimestichezza con questo luogo amato, dove ho vissuto momenti importanti della mia vita. È venuto a trovarmi Alirio Moncada, che domani è diponibile a portarmi a Potrero. A sera ho potuto riabbracciare Sioli e consegnarle della cioccolata inviata da suo fratello fra José Antonio. Con lei c'erano i nipoti Alejandro e Daniela, per i quali è mamma e papà dopo la morte dei genitori. Mi sorprende sempre constatare la crescita dei ragazzi dopo un tempo di assenza. Daniela è un armonico moto perpetuo.

Domenica 2 luglio - Ho presieduto la celebrazione eucaristica del mattino, dando e ricevendo baci e abbracci prima e dopo. Un insieme di gioia e commozione nel ritrovare persone e rivedere visi che appartengono alla mia geografia affettiva. A pomeriggio Alirio mi ha portato a Potrero, dove ho salutato i miei amici fraterni carmelitani scalzi e ho condiviso un paio d'ore con l'ineffabile Ismelda, cuoca del convento, e suo marito Hermes, nella loro casa vicina. Abbiamo bevuto una tisana di erbe del posto. A un certo punto mi è sembrato di vedere un topo dalla parte del lavandino. E sì, era proprio un topolino di campagna che girava indisturbato. Mi hanno detto che almeno uno esce fuori quando ci sono "ospiti", e che per loro è ormai una presenza abituale, una mascotte.

Mentre rientravamo, Alirio mi ha proposto di andare a salutare padre Lucio, amico comune, e padre Mauro Orru, prete italiano dell'Aquila, da vari anni in questa diocesi. Lucio aveva da fare e ci siamo riproposti di rivederci a casa di Alirio per una cena. Mauro ci ha accolti nella sua casa canonica del settore El Corozo. È stato davvero edificante parlare con lui e ascoltare la sua storia in questo quartiere, a cominciare dagli inizi. Io sarei forse scappato per le condizioni di partenza in cui si è trovato. Ho seguito con piacere la sua bella testimonianza di fede. Ormai è uno della comunità, benvoluto da tutti. Siccome il governo non gli stava rinnovando il visto di soggiorno, gli abitanti hanno raccolto più di 600 firme, tra cui quelle dei pastori protestanti del posto e dei loro fedeli, e si sono recati dal governatore, che ha assicurato che glielo farà avere. Intanto lui va avanti, ma non può uscire dal paese, pena il non poter più rientrare. Avendo ingegno e visione, è riuscito a mettere su, con il lavoro delle sue mani e della sua comunità, la casa canonica, bellissima a mio modo di vedere, in uno stile semplice, francescano. Perché Mauro è un vero francescano e un santo sacerdote, che ha tanto da insegnarmi.

3-5 luglio - Tra i miei desideri vi era quello di visitare Venegara, a circa due ore e mezza di macchina, dove sono andato come "missionario" per 5 anni e dove mi recavo mensilmente a cercare verdura per il seminario. Ho contattato padre Miguel Antonio Duque, figlio della famiglia che mi ha ospitato gli ultimi tre anni, parroco di una parrocchia di San Cristóbal, e avendomi detto che sarebbe andato a casa in questi giorni, gli ho chiesto di poter andare con lui. Un vero regalo della provvidenza. Arrivati la sera del 3, siamo ripartiti dopo pranzo del 5. Mi è mancato il tempo di rivedere tutti quelli che avrei voluto. In poco tempo mi sono riempito di storie aggiornate e mi è dispiaciuto di non poterle aggiornare tutte. Ho trovato una realtà più povera, anche se l'accoglienza è stata della cordialità di sempre. L'agricoltura, fonte precedentemente di buoni guadagni per loro, è ora in crisi per i prezzi troppo bassi ai produttori, a fronte di aumentate spese di produzione, e per gli aumentati costi della vita. La gente "guapea", cioè cerca di tirare avanti tra mille difficoltà.

Il Venezuela è cambiato, forse ancor più peggiorato per alcuni aspetti. Gli stipendi sono sempre da fame, a fronte di un costo della vita più alto del nostro. Le cose si trovano, ma a quali prezzi. La gente si arrangia come può. La gran parte delle persone è costretta a svolgere due o tre lavori, ma solo per poter sopravvivere. Il bolivaro si svaluta in continuazione e l'economia si è dollarizzata. In Táchira le due monete che circolano sono il peso colombiano e il dollaro. La sanità pubblica è allo sbando totale. L'educazione scolastica pubblica è pessima; le ore di scuola poche alla settimana, perché i maestri e professori sono stati invitati dal presidente a cercarsi altri lavori per poter vivere, essendo i loro stipendi una vera miseria. Dà pena vedere come in un paese dalle enormi potenzialità si debba vivere in questo modo, o si sia costretti ad emigrare.

In questi ultimi due giorni a Palmira continuerò a ricevere qualche visita, in continuità con la bella e commovente litania di volti e di storie che mi hanno accompagnato in questo poco tempo qui (le foto sono solo una piccola parte degli incontri avuti); ma allo stesso tempo dovrò dedicarmi a una preparazione più immediata alla celebrazione del Capitolo custodiale. Ringrazio Dio per quanto bene ha messo sul mio cammino negli anni vissuti in questo seminario.

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