venerdì 4 febbraio 2022

A Nazareth (Lc 4, 21-30)

Il Vangelo da dentro

Il suo arrivo a casa mi ha colto di sorpresa. Sapevo che sarebbe tornato a farmi visita. Me lo aveva promesso, quando ha lasciato la bottega di suo padre e il lavoro di falegname per seguire una voce interiore, una intuizione del cuore, che lo ha portato a intraprendere il cammino di predicatore itinerante. L'eco del suo successo è giunta a Nazareth. Si dice che parla con una autorità e un fascino differenti da tutti gli altri maestri, che le sue parole profumano di coerenza e novità, che compie guarigioni di corpi e anime. Si è costituito intorno a lui e al suo annuncio un gruppo di discepoli che pendono dalle sue labbra. In ogni città o villaggio dove entra riceve una accoglienza entusiasta, suscitando però anche qualche contrasto con le autorità religiose, che si sentono minacciate nel loro ruolo e potere, da lui che non ha i titoli per essere maestro e avere dei discepoli al suo seguito.

Il suo arrivo mi ha riempito di gioia, certo. Non ci vedevamo da qualche tempo, dai fatti di Cana, da quelle nozze nelle quali lo avevo quasi obbligato ad anticipare quella che Lui chiama la "sua ora". Eppure si è fatto spazio in me anche una certa preoccupazione, come un retrogusto amaro che non riesco a spiegarmi del tutto. Perché si è presentato da solo, senza i suoi discepoli? Che pure lo avevano seguito a Cana e lo accompagnano ovunque. Una assenza che ho colto come un presagio di qualcosa di negativo che potesse o stava per accadere, e dal quale aveva voluto risparmiare i suoi discepoli, la sua nuova famiglia. Non ho avuto il coraggio di esporgli questo mio sentimento, né di fargli domande al riguardo. Volevo godermi mio figlio. Ho conservato tutto nel mio cuore, come spesso mi accade quando si tratta di lui.

Il sabato ci siamo recati alla sinagoga. La sua presenza nel villaggio aveva fatto sorgere grandi e numerose aspettative. Come di frequente avveniva finché è vissuto qua, e riconoscendo la sua particolare preparazione biblica, gli fu dato il rotolo della Scrittura per quel giorno, una profezia di Isaia riguardo i tempi e le azioni salvifiche del Messia promesso. Lo lesse con la sua bella voce e sedette. Gli oc
chi di tutti lo scrutavano ansiosi, desiderosi di ascoltare un suo commento. Il suo silenzio riempì di pathos l'ambiente. Con il capo chino e gli occhi chiusi, sembrava stesse cercando le parole adatte per quello che voleva dire.

Poi le sue parole risuonarono nette e distinte. Una deflagrazione che sconcertò i presenti: il figlio del falegname arrogava a sé la realizzazione di quella profezia. La sua parola, la sua presenza, la sua opera era tutto ciò che l'uomo potesse sperare per essere felice. Annuncio bellissimo!! Notizia stupenda!! Ma non quello che tutti si aspettavano di udire. Anzi, non erano venuti per ascoltare, ma per vedere, e cose eccezionali. D'altronde non erano loro i suoi concittadini e familiari? Non avevano più diritto degli altri di essere spettatori e destinatari di azioni spettacolari e guarigioni miracolose?

A me è parso di capire quale grande considerazione avesse Gesù di loro, con quali aspettative era tornato a Nazareth. Però loro no. Gli esempi di azioni miracolistiche compiute da Dio in favore di stranieri, avrebbero dovuto far capire che mio figlio riteneva che loro non ne avessero bisogno. Certe cose sono per convincere e convertire i lontani, per coloro che non hanno la nostra fede, per chi non ha conosciuto il Dio dei padri, il Dio Padre e il suo amore verso il suo popolo. Noi abbiamo la sua Parola, le sue Promesse, la sua Presenza. Ci dovrebbe bastare. Sarebbe dovuto bastare ai nazaretani per riconoscere ed accogliere in Gesù la Parola fatta carne, l'Amore resosi visibile.

A un certo punto la perplessità ha generato indignazione, e la disillusione è degenerata in rabbia. Hanno portato il mio Gesù fin sul ciglio del burrone, con intenzioni omicide. Ma egli ha girato lo sguardo verso di loro. I suoi occhi denotavano incredulità e delusione per la loro durezza di cuore, misericordia e compassione per la loro chiusa ignoranza di fronte alla salvezza annunciata. E con una autorevolezza inaspettata e incontrastabile si è aperto cammino in mezzo a loro, inesorabilmente, come una fiaccola nelle tenebre, come la Parola di Dio in noi, spada a doppio taglio che arriva fino alla nostra più intima e buia interiorità. Si è trattato forse della vera azione eccezionale compiuta da lui quel giorno.

Dopo di allora, Gesù è tornato a Cafarnao e lì ha stabilito la sua patria. Io l'ho seguito. A Nazareth ero ormai una presenza scomoda, e per di più sentivo che dovevo rimanergli vicino, come madre e discepola. Avevamo bisogno entrambi di questa rinnovata comunione. Al contempo, mi sono ritrovata madre di una nuova famiglia, quella dei suoi seguaci, in un vincolo che non sarebbe più venuto meno.

Alla fine della sua storia terrena, avrei ancora una volta assistito a una vicenda simile: il mio Gesù trasportato verso una altura, tra spintoni e insulti, da una folla che pochi giorni prima lo aveva acclamato, per essere ucciso appeso a una croce. Anche là avrei incrociato di nuovo i suoi occhi increduli di fronte a tanta chiusura e malvagità, e risplendenti di misericordia verso tale ignoranza circa la sua persona. Le sue ultime parole furono di perdono. La sua ultima azione, più che eccezionale, l'essersi aperto cammino attraverso il buio della morte, inesorabilmente, con la luce della sua risurrezione. E aver spalancato definitivamente le porte alla vita in Dio, eterna, per tutti noi.

 

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