sabato 12 febbraio 2022

63 anni… passaggio a situazione endemica?

È la speranza di questi giorni: passare da una situazione pandemica a una endemica. Imparare insomma a convivere con il virus e lui con l’uomo, per la sopravvivenza di entrambi. “Se non puoi vincere il nemico, fattelo amico”, recita un vecchio e saggio detto.

Bella sfida la convivenza, la convivialità delle differenze. Oggi più che mai necessaria e vitale. Soffiano all’est venti di guerra; i conflitti armati continuano a macchia di leopardo, in quella che il Papa definisce una terza guerra mondiale “diffusa”; le migrazioni-fuga da situazioni di fame, di guerra e repressione politica si susseguono senza soluzione di continuità; i regimi autoritari e violenti sembrano addirittura in aumento; i diritti umani, delle minoranze e delle donne, sono spesso calpestati; lo sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra non si placa e l’ecosistema è in grave pericolo; in Italia, dopo la rielezione di Mattarella a presidente della Repubblica (scelta oculatamente obbligata), i partiti sono entrati in guerra tra loro e al loro interno. A livello personale, da pochi giorni ci ha lasciati Angelo, amico caro fin dal liceo.

Per farla breve, uno scenario che pare non lasciare posto e scampo alla speranza. Eppure, il compleanno è celebrazione della vita. Ancorché ostinatamente. E ancora una volta mi sento di celebrarla, insieme a tutto ciò che mi ha regalato, alle storie che mi hanno accompagnato e alle relazioni che mi hanno arricchito. Perché se è pur vero che il telone di fondo è quello descritto sopra, il palcoscenico può e deve essere occupato da attori che tessano una trama di bene – e grazie a Dio ce ne sono ancora tanti, ma tanti –, che dimostrino coraggio e capacità di cambiare lo scenario, forzando le ovvie conclusioni, per continuare a raccontare storie belle di vita e di promozione umana. E aiutare Dio a sorridere.

36, anni speculari di 63 – Il gioco continua, insieme all’obbligo del ricordo e alla gratitudine.

36 anni: 1995. Ottavo anno della mia presenza a Copertino. La mia prima obbedienza dopo i sei anni di studi a Roma. Non è stato facile, il primo mese, adattarmi a questa nuova esperienza. Il salto dalla capitale al paese mi è costato, come anche il rinunciare a un progetto che mi era stato prospettato in Assisi. Devo ringraziare i frati allora di comunità, Nicola in particolare, mio coetaneo, e la gente di Copertino. Non tanto per l’aiuto ad adattarmi, quanto per avermi fatto sentire amato, accolto. Ho capito di essere a casa, in famiglia. A volte mi fermo a pensare a come sarebbe potuta essere la mia storia se fossi andato ad Assisi. Si tratta più di un gioco mentale, di curiosità immaginativa, perché, di fatto, almeno sinora, sono molto contento della mia vita, che leggo sotto l’ottica della Provvidenza, pur con i miei limiti ed errori.

Una scenetta simpatica, che mi ha fatto sorridere e che non dimentico, ha caratterizzato il mio 11 febbraio del 1995, anno in cui noi francescani abbiamo celebrato gli 800 anni della nascita di S. Antonio di Padova. Entrato in cucina per la colazione, vi ho trovato padre Egidio, che stava sbucciando un frutto. Le due cuoche, Gina ed Anna, mi hanno subito fatto gli auguri. Al che padre Egidio mi ha chiesto il perché di quegli auguri. Gli ho risposto, con la baldanza dei miei anni giovani, che era il mio compleanno. E lui: Quanti anni compi? Io: 36. Di rimando padre Egidio, e con la sua innocente semplicità e spontaneità: Ah, gli anni che aveva S. Antonio quando è morto.

Chiaramente non c’era nessuna cattiveria o cinismo in quella frase; padre Egidio, lo sappiamo tutti, ne era incapace. E infatti io ho sorriso per quella coincidenza a cui non avevo pensato. Però è pur vero che si deve essere santi sempre, anche in giovane età. Io, a tutt’oggi, sono consapevole che di cammino verso la santità ne ho ancora parecchio da fare, e forse conviene che mi sbrighi e mi decida!!  

Festival di Sanremo – A differenza dell’anno scorso, quando per la pandemia era slittato a marzo, si è tenuto nei giorni previsti, quelli dell’inizio di febbraio, precedendo di pochi giorni il mio compleanno. Quindi, stavolta potrò riprendere il gioco delle canzoni che più mi hanno colpito, e che lascio come ricordo e “colonna sonora” dei miei 63 anni. Devo confessare che, non seguendo la kermesse sonora, in genere conosco o riascolto le canzoni classificatesi ai primi tre posti, facendo forse torto ad altre più meritevoli. Quest’anno ho guardato, registrati, lo show di Fiorello e di Checco Zalone, e, in diretta, parte della puntata dedicata alle covers.

La mia favorita è stata “Apri tutte le porte”, di Jovanotti, cantata da Gianni Morandi. Un vero inno alla vita, con un testo non banale e una musica coinvolgente. A Morandi, inoltre, calzava a pennello, sia come voce che come “testimonial” del messaggio contenuto nel testo. Il sole, a cui la canzone invita ad aprire le porte, ha caratterizzato la mattina del mio compleanno, insieme al mare. Sono stato a passeggiare, vista la gran bella giornata, nel tratto tra Torre Squillace e la penisola dell’Astrea, riserva naturale di Porto Cesareo. E se non fossi così freddoloso, poteva scapparci anche un bagno fuori stagione.

Il festival lo ha vinto la canzone “Brividi”. Ma a me i brividi li ha fatti venire, come sempre quando la ascolto, la cover di “A muso duro”, di Pierangelo Bertoli, portata sul palco da Sangiovanni e Fiorella Mannoia. A qualcuno potrebbe non essere piaciuta l’esecuzione (a me non è dispiaciuta), ma si tratta di un capolavoro di musica e poesia, da ascoltare e riascoltare. “Canterò le mie canzoni per la strada / ed affronterò la vita a muso duro / un guerriero senza patria e senza spada / con un piede nel passato / e lo sguardo dritto e aperto nel futuro… e alla fine della strada / potrò dire che i miei giorni li ho vissuti”.




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