È la speranza di questi giorni: passare da una situazione pandemica a una endemica. Imparare insomma a convivere con il virus e lui con l’uomo, per la sopravvivenza di entrambi. “Se non puoi vincere il nemico, fattelo amico”, recita un vecchio e saggio detto.
Bella sfida la convivenza, la convivialità delle differenze. Oggi più
che mai necessaria e vitale. Soffiano all’est venti di guerra; i conflitti
armati continuano a macchia di leopardo, in quella che il Papa definisce una
terza guerra mondiale “diffusa”; le migrazioni-fuga da situazioni di fame, di
guerra e repressione politica si susseguono senza soluzione di continuità; i regimi
autoritari e violenti sembrano addirittura in aumento; i diritti umani, delle
minoranze e delle donne, sono spesso calpestati; lo sfruttamento indiscriminato
delle risorse della terra non si placa e l’ecosistema è in grave pericolo; in
Italia, dopo la rielezione di Mattarella a presidente della Repubblica (scelta
oculatamente obbligata), i partiti sono entrati in guerra tra loro e al loro
interno. A livello personale, da pochi giorni ci ha lasciati Angelo, amico caro
fin dal liceo.
Per farla breve, uno scenario che pare non lasciare posto e scampo alla
speranza. Eppure, il compleanno è celebrazione della vita. Ancorché
ostinatamente. E ancora una volta mi sento di celebrarla, insieme a tutto ciò
che mi ha regalato, alle storie che mi hanno accompagnato e alle relazioni che
mi hanno arricchito. Perché se è pur vero che il telone di fondo è quello
descritto sopra, il palcoscenico può e deve essere occupato da attori che tessano
una trama di bene – e grazie a Dio ce ne sono ancora tanti, ma tanti –, che dimostrino
coraggio e capacità di cambiare lo scenario, forzando le ovvie conclusioni, per
continuare a raccontare storie belle di vita e di promozione umana. E aiutare
Dio a sorridere.
36, anni speculari di 63 – Il gioco continua, insieme all’obbligo del ricordo e alla gratitudine.
36 anni: 1995. Ottavo anno della mia presenza a Copertino. La mia prima
obbedienza dopo i sei anni di studi a Roma. Non è stato facile, il primo mese,
adattarmi a questa nuova esperienza. Il salto dalla capitale al paese mi è costato,
come anche il rinunciare a un progetto che mi era stato prospettato in Assisi.
Devo ringraziare i frati allora di comunità, Nicola in particolare, mio
coetaneo, e la gente di Copertino. Non tanto per l’aiuto ad adattarmi, quanto
per avermi fatto sentire amato, accolto. Ho capito di essere a casa, in
famiglia. A volte mi fermo a pensare a come sarebbe potuta essere la mia storia
se fossi andato ad Assisi. Si tratta più di un gioco mentale, di curiosità
immaginativa, perché, di fatto, almeno sinora, sono molto contento della mia
vita, che leggo sotto l’ottica della Provvidenza, pur con i miei limiti ed
errori.
Una scenetta simpatica, che mi ha fatto sorridere e che non dimentico,
ha caratterizzato il mio 11 febbraio del 1995, anno in cui noi francescani
abbiamo celebrato gli 800 anni della nascita di S. Antonio di Padova. Entrato
in cucina per la colazione, vi ho trovato padre Egidio, che stava sbucciando un
frutto. Le due cuoche, Gina ed Anna, mi hanno subito fatto gli auguri. Al che
padre Egidio mi ha chiesto il perché di quegli auguri. Gli ho risposto, con la
baldanza dei miei anni giovani, che era il mio compleanno. E lui: Quanti
anni compi? Io: 36. Di rimando padre Egidio, e con la sua innocente
semplicità e spontaneità: Ah, gli anni che aveva S. Antonio quando è morto.
Chiaramente non c’era nessuna cattiveria o cinismo in quella frase;
padre Egidio, lo sappiamo tutti, ne era incapace. E infatti io ho sorriso per
quella coincidenza a cui non avevo pensato. Però è pur vero che si deve essere
santi sempre, anche in giovane età. Io, a tutt’oggi, sono consapevole che di
cammino verso la santità ne ho ancora parecchio da fare, e forse conviene che
mi sbrighi e mi decida!!
La mia favorita è stata “Apri tutte le porte”, di
Jovanotti, cantata da Gianni Morandi. Un vero inno alla vita, con un testo non
banale e una musica coinvolgente. A Morandi, inoltre, calzava a pennello, sia
come voce che come “testimonial” del messaggio contenuto nel testo. Il sole, a
cui la canzone invita ad aprire le porte, ha caratterizzato la mattina del mio
compleanno, insieme al mare. Sono stato a passeggiare, vista la gran bella
giornata, nel tratto tra Torre Squillace e la penisola dell’Astrea, riserva
naturale di Porto Cesareo. E se non fossi così freddoloso, poteva scapparci
anche un bagno fuori stagione.
Il festival lo ha vinto la canzone “Brividi”. Ma a me i brividi li ha fatti venire, come sempre quando la ascolto, la cover di “A muso duro”, di Pierangelo Bertoli, portata sul palco da Sangiovanni e Fiorella Mannoia. A qualcuno potrebbe non essere piaciuta l’esecuzione (a me non è dispiaciuta), ma si tratta di un capolavoro di musica e poesia, da ascoltare e riascoltare. “Canterò le mie canzoni per la strada / ed affronterò la vita a muso duro / un guerriero senza patria e senza spada / con un piede nel passato / e lo sguardo dritto e aperto nel futuro… e alla fine della strada / potrò dire che i miei giorni li ho vissuti”.
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