Il Vangelo da dentro
Incredulità. Sbigottimento. Panico. I termini che i nostri genitori usano quando ci raccontano di quel giorno speciale delle loro nozze. Cambia a volte l’ordine dei termini (oggi usereste quei simpatici ed espressivi emoticon per ognuna di queste espressioni), ma non i sentimenti che hanno provato quando il maestro di tavola, ossia l’incaricato dell’organizzazione della festa, si è avvicinato e ha sibilato ai loro orecchi che il vino si era esaurito.
Ancora
oggi non si spiegano come fosse potuto succedere. Eppure non avevano lesinato
sui soldi quando si era trattato di progettare e organizzare il tutto. Anzi,
erano praticamente rimasti al verde. Volevano che quel giorno fosse
indimenticabile, il giusto coronamento della loro storia d’amore e del loro
tempo di fidanzamento. E il vino doveva essere abbondante, come la loro gioia,
a supporto della festa di tutti.
Cosa
fare?!? Non era solo questione di soldi, benché questi fossero indispensabili.
Dove trovare tanto vino per tutta quella gente, quando alla fine dei
festeggiamenti previsti mancava ancora del tempo e le cantine del paese non
avevano tanta disponibilità?!? Si guardavano tra di loro, persi in occhi
prossimi a lacrime di sconcerto, rabbia e delusione. Poi volgevano lo sguardo agli
invitati, ignari del loro personale dramma, presi invece dalla festa nuziale,
tra canti, danze e goliardie. Cosa avrebbero potuto dire? Come giustificare
l’accaduto?
Mentre
si stava consumando quel dramma familiare, è arrivato di corsa un servitore,
con una brocca piena di… qualcosa, forse vino, ma preso da non si sa dove. Appena
il direttore del banchetto ebbe assaggiato, scoppiò a ridere, pensando a uno
scherzo da parte degli sposi, e si lanciò in un elogio per la bontà di questo nettare
d’uva, di gran lunga migliore di quello servito fino ad allora. La festa poteva
continuare, con ancora maggiore allegria.
Perplessità.
Meraviglia. Stupore. I nostri genitori erano ignari di tutto. Non sapevano cosa
fosse successo e chiesero spiegazioni ai servitori. Essi riferirono loro i
fatti. Venuto effettivamente a mancare il vino, non sapevano cosa fare. A quel
punto Maria, parente arrivata dalla vicina Nazareth e madre di Gesù, invitato
anche lui insieme ai suoi discepoli, che lo consideravano un Rabbì, anche se
non aveva i “titoli” per esserlo (aveva da un po’ lasciato il suo lavoro e la
sua bottega per iniziare a predicare in tutta la Galilea), si è accorta del
problema, probabilmente favorita dal fatto che il gruppo, pur essendo arrivati
tra i primi, aveva scelto di occupare gli ultimi posti, quelli vicini alle
cucine. Consultatasi con suo figlio, li avevano sentiti parlare di una certa
“ora”, se fosse arrivata o meno. In seguito lei, con voce decisa e dolce a un
tempo, aveva invitato i servitori a fare tutto ciò che suo figlio avesse loro
indicato. Gesù comandò, con autorità e tenerezza insieme, di riempire di acqua,
fino all’orlo, le sei anfore per le abluzioni (circa 600 litri!!), di attingere
una brocca e portarne al maestro di tavola. Pur consapevoli dell’assurdo di
entrambe le richieste, non avevano potuto fare a meno di obbedire; una forza
interiore li aveva spinti ad avere fiducia in quelle due persone. Il resto era
davanti a loro.
Naturalmente
la festa poté continuare. Gli invitati non si erano resi conto di nulla. I
nostri genitori, con gli occhi pieni di lacrime per la gioia e la gratitudine, pur
in mezzo a quella allegra baldoria, riuscirono a scorgere il sorriso di
compiacenza di Maria e Gesù. Da allora non hanno più dimenticato quei visi. E
quella esperienza, quel miracolo frutto dell’intervento di Gesù e Maria, e
della fiducia in loro dei servitori, ha segnato per sempre la loro vita.
Spesso
ritornano con la memoria a quel giorno e a quei fatti. E non si stancano di
raccontarceli. Quando poi si affaccia qualche sofferenza o difficoltà, oppure
cala qualche ombra di stanchezza e aridità sul loro amore, ricorrono a un
metodo molto proprio per uscirne fuori: riempiono due bicchieri di acqua fino
all’orlo, fanno memoria di quel giorno, ripensano ai volti di Gesù e Maria, e
brindano, guardandosi negli occhi, come allora. E si ripete il miracolo. Insieme
a una commozione per lo più piena di lacrime, recuperano la gratitudine a Dio,
ravvivano l’amore e la gioia, rinvigoriscono la complicità e la solidarietà.
Noi
figli non ci stanchiamo mai di ascoltare quel racconto così importante,
fondamentale per la loro vita. Ci basta vederli riempire di acqua i bicchieri, per
essere invasi e contagiati da un rinnovato entusiasmo, che, sappiamo già,
avvolgerà tutta la famiglia. È ormai una certezza, frutto di ripetute
esperienze.
I miei hanno rivisto Gesù solo una volta, prima che lo giudicassero come un malfattore e lo mettessero a morte su una croce. È successo poco tempo dopo questi fatti, quando è passato da Cana e ha guarito il figlio di un funzionario del re. Ma i suoi discepoli attestano che egli è risorto, che è figlio di Dio e che è vivo, sempre presente tra noi. Una presenza che rinnova la pace e la gioia nei cuori di chi ci crede e la accoglie. Proprio come quel giorno a Cana.
fra Matteo
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