domenica 16 gennaio 2022

Dal panico alla festa (Gv. 2, 1-12)

 Il Vangelo da dentro

Incredulità. Sbigottimento. Panico. I termini che i nostri genitori usano quando ci raccontano di quel giorno speciale delle loro nozze. Cambia a volte l’ordine dei termini (oggi usereste quei simpatici ed espressivi emoticon per ognuna di queste espressioni), ma non i sentimenti che hanno provato quando il maestro di tavola, ossia l’incaricato dell’organizzazione della festa, si è avvicinato e ha sibilato ai loro orecchi che il vino si era esaurito.

Ancora oggi non si spiegano come fosse potuto succedere. Eppure non avevano lesinato sui soldi quando si era trattato di progettare e organizzare il tutto. Anzi, erano praticamente rimasti al verde. Volevano che quel giorno fosse indimenticabile, il giusto coronamento della loro storia d’amore e del loro tempo di fidanzamento. E il vino doveva essere abbondante, come la loro gioia, a supporto della festa di tutti.

Cosa fare?!? Non era solo questione di soldi, benché questi fossero indispensabili. Dove trovare tanto vino per tutta quella gente, quando alla fine dei festeggiamenti previsti mancava ancora del tempo e le cantine del paese non avevano tanta disponibilità?!? Si guardavano tra di loro, persi in occhi prossimi a lacrime di sconcerto, rabbia e delusione. Poi volgevano lo sguardo agli invitati, ignari del loro personale dramma, presi invece dalla festa nuziale, tra canti, danze e goliardie. Cosa avrebbero potuto dire? Come giustificare l’accaduto?

Mentre si stava consumando quel dramma familiare, è arrivato di corsa un servitore, con una brocca piena di… qualcosa, forse vino, ma preso da non si sa dove. Appena il direttore del banchetto ebbe assaggiato, scoppiò a ridere, pensando a uno scherzo da parte degli sposi, e si lanciò in un elogio per la bontà di questo nettare d’uva, di gran lunga migliore di quello servito fino ad allora. La festa poteva continuare, con ancora maggiore allegria.

Perplessità. Meraviglia. Stupore. I nostri genitori erano ignari di tutto. Non sapevano cosa fosse successo e chiesero spiegazioni ai servitori. Essi riferirono loro i fatti. Venuto effettivamente a mancare il vino, non sapevano cosa fare. A quel punto Maria, parente arrivata dalla vicina Nazareth e madre di Gesù, invitato anche lui insieme ai suoi discepoli, che lo consideravano un Rabbì, anche se non aveva i “titoli” per esserlo (aveva da un po’ lasciato il suo lavoro e la sua bottega per iniziare a predicare in tutta la Galilea), si è accorta del problema, probabilmente favorita dal fatto che il gruppo, pur essendo arrivati tra i primi, aveva scelto di occupare gli ultimi posti, quelli vicini alle cucine. Consultatasi con suo figlio, li avevano sentiti parlare di una certa “ora”, se fosse arrivata o meno. In seguito lei, con voce decisa e dolce a un tempo, aveva invitato i servitori a fare tutto ciò che suo figlio avesse loro indicato. Gesù comandò, con autorità e tenerezza insieme, di riempire di acqua, fino all’orlo, le sei anfore per le abluzioni (circa 600 litri!!), di attingere una brocca e portarne al maestro di tavola. Pur consapevoli dell’assurdo di entrambe le richieste, non avevano potuto fare a meno di obbedire; una forza interiore li aveva spinti ad avere fiducia in quelle due persone. Il resto era davanti a loro.

Naturalmente la festa poté continuare. Gli invitati non si erano resi conto di nulla. I nostri genitori, con gli occhi pieni di lacrime per la gioia e la gratitudine, pur in mezzo a quella allegra baldoria, riuscirono a scorgere il sorriso di compiacenza di Maria e Gesù. Da allora non hanno più dimenticato quei visi. E quella esperienza, quel miracolo frutto dell’intervento di Gesù e Maria, e della fiducia in loro dei servitori, ha segnato per sempre la loro vita.

Spesso ritornano con la memoria a quel giorno e a quei fatti. E non si stancano di raccontarceli. Quando poi si affaccia qualche sofferenza o difficoltà, oppure cala qualche ombra di stanchezza e aridità sul loro amore, ricorrono a un metodo molto proprio per uscirne fuori: riempiono due bicchieri di acqua fino all’orlo, fanno memoria di quel giorno, ripensano ai volti di Gesù e Maria, e brindano, guardandosi negli occhi, come allora. E si ripete il miracolo. Insieme a una commozione per lo più piena di lacrime, recuperano la gratitudine a Dio, ravvivano l’amore e la gioia, rinvigoriscono la complicità e la solidarietà.

Noi figli non ci stanchiamo mai di ascoltare quel racconto così importante, fondamentale per la loro vita. Ci basta vederli riempire di acqua i bicchieri, per essere invasi e contagiati da un rinnovato entusiasmo, che, sappiamo già, avvolgerà tutta la famiglia. È ormai una certezza, frutto di ripetute esperienze.

I miei hanno rivisto Gesù solo una volta, prima che lo giudicassero come un malfattore e lo mettessero a morte su una croce. È successo poco tempo dopo questi fatti, quando è passato da Cana e ha guarito il figlio di un funzionario del re. Ma i suoi discepoli attestano che egli è risorto, che è figlio di Dio e che è vivo, sempre presente tra noi. Una presenza che rinnova la pace e la gioia nei cuori di chi ci crede e la accoglie. Proprio come quel giorno a Cana.

                                                                                                                                fra Matteo

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