venerdì 1 ottobre 2010

25 anni e non sentirli

Strano titolo, vero? Potrebbe far pensare a una riflessione giovanile sul quarto di secolo e sull’ovvietà che 25 anni non sono niente, almeno per quanto concerne la condizione fisica, perché sotto altri aspetti il discorso potrebbe cambiare. Ma non è a questo che mi riferisco. I 25 anni del titolo si devono aggiungere ad altri 26 di età, e sono gli anni di professione solenne nell’Ordine dei frati minori conventuali. Ebbene sì, il 28 settembre ho compiuto 25 anni di professione solenne, cioè perpetua, nella vita religiosa francescana.

Il “non sentirli” potrebbe anche fare riferimento al fatto che non mi pesano. In effetti, se guardo indietro, vedo solo grazia di Dio, il quale ha riempito di presenza e presenze la mia vita, al di là di ogni merito o qualità personali. In questo caso si riferisce al fatto che non li ho “sentiti” proprio, perché sono passati completamente sotto silenzio, a causa della morte di padre Germano. Giustamente tutti i pensieri e le occupazioni erano rivolti a tale evento. Il che mi ha dato la possibilità di vivere l’anniversario nel silenzio, nell’intimità della mente e del cuore, gestendo emozioni e suggestioni che il giorno mi ha regalato e rendendolo unico.

In una preghiera famosa Kirk Kilgour, campione di pallavolo statunitense rimasto paralizzato per una caduta in allenamento, ripete più volte a Dio: “mi hai dato ciò che non ti avevo chiesto”, concludendo che questo aveva reso più ricca e intensa la sua vita. Lo stesso penso di poter dire del mio giorno anniversario, in cui la perplessità umana iniziale sulla distanza tra l’immaginato e il vissuto, è stata di gran lunga superata dalle esperienze che Dio mi ha regalato, piccole e significative, intime e indimenticabili, normali e uniche. Fuori da qualsiasi rumore di festa, tipico di questi avvenimenti. Per carità, non disdegno la vicinanza e gli auguri della mia gente, che amo spudoratamente tanto; ma in questo caso mi si è riservato qualcosa che, a conti fatti, ha lasciato un segno importante e regalato un vissuto più spirituale e personale.

Vi chiederete come mi ero immaginato il giorno dei 25 anni di professione solenne. Quando, qualche mese fa, mi sono reso conto dell’anniversario nell’anno in corso, ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto trascorrere alcuni giorni in Assisi e magari festeggiarlo vicino a S. Francesco. Immaginarsi la mia gioia al sapere che mi volevano come coordinatore del corso di formazione francescana per i frati dell’America Latina, con tutto un mese di permanenza in Assisi. Ho fantasticato sul giorno: peregrinazione all’eremo delle Carceri, ritorno per il bosco passando per l’abbazia di S. Benedetto sul Subasio, permanenza prolungata presso la tomba di S. Francesco… Stupendo stare in contatto fisico e geografico con il Padre fondatore e il suo carisma quasi in vivo.

Poi… leggo il programma e mi accorgo che il 28 settembre siamo a Padova!! Mi sono detto che il Signore voleva così e di sicuro mi avrebbe regalato qualcosa di bello e significativo anche lì. Ho immaginato il confronto con questo grande francescano della prima ora. Richiamo forte ed energico a una vita di sequela evangelica radicale, alla conoscenza delle Scritture e all’impegno pastorale instancabile, fatto di predicazione e amore ai bisognosi. Mi vedevo appoggiato sulla sua tomba, per riempirmi di energia positiva di santità.

Il 27 settembre sera ci comunicano che è morto padre Germano, per cui prendo, insieme ad altri due frati venezuelani, l’unico treno notturno che da Padova porta a Bari, e alle sette di mattina del 28 giungo a destinazione. Sorpreso dalle “sorprese” di Dio. Ha voluto mi confrontassi non con i “giganti” Francesco e Antonio, con il rischio di uscirne schiacciato; ma con la vita e le opere del mio confratello Germano. Di qualcuno, in pratica, che ha fatto parte della mia storia religiosa, avendomi egli accolto nell’Ordine come provinciale di Puglia, ricevuto i miei primi voti dopo il noviziato, accolto in Venezuela in qualità di Custode. Sento di non essere deciso come lui nella vita di frate e nelle scelte pastorali; non ho la sua preparazione culturale, né il suo talento visionario e trascinatore; però è un mio fratello, che parla alla mia storia e alle mie realtà di vita. Insomma, credo che il Signore abbia voluto che facessi un atto di realismo storico e di fede. Non che l’altro sogno fosse irreale o irresponsabile, ma l’indicazione è a mediare la grandezza di Francesco e Antonio nella mia storia di tutti i giorni, con i confratelli e le realtà pastorali che Dio mi ha dato e continua a regalarmi.

Come ho trascorso il giorno dell’anniversario? Ci sono stati due elementi che lo hanno caratterizzato e determinato: la Messa del mattino, alla presenza del feretro di padre Germano, e la peregrinazione alla tomba di S. Nicola, nel pomeriggio.

La celebrazione dell’Eucaristia è stata un evento del tutto imprevisto. Ci trovavamo in preghiera nella cappella del Santissimo della nostra parrocchia a Bari, di fronte al feretro di padre Germano, quando i miei confratelli venezuelani hanno proposto di celebrare una santa Messa presente cadavere, cosa comune in Venezuela alla morte di un sacerdote. Anzi, pare che lì ogni sacerdote celebri una Messa quando si reca a far visita al defunto. La sorpresa è stata che hanno voluto presiedessi io. Nessuno, naturalmente, sospettava che stessi celebrando l’anniversario di professione. Io che volevo avere un momento di preghiera particolare presso la tomba di S. Francesco o S. Antonio, mi sono trovato a celebrare in spagnolo, insieme ai miei frati venezuelani, presso la bara con il corpo di Germano. È stato un dono grande e che mi ha commosso, circondato dai miei nuovi confratelli, alla presenza di fedeli baresi, tutti cercando la presenza di Dio e la lezione di vita religiosa lasciataci dal nostro fratello defunto. È stato arduo trattenere le lacrime.

Nel pomeriggio mi sono deciso a peregrinare a piedi alla tomba di S. Nicola, presso l’omonima basilica, un po’ per una passeggiata di sfogo e pensieri in solitudine, e un po’ per stare accanto a questo santo patrono della nostra provincia francescana. La chiesa romanica è un invito constante alla preghiera. Sono sceso nella cripta e ho recitato il rosario con un gruppo di fedeli. L’atmosfera mi è parsa molto particolare. Guardavo la cripta e la sua architettura. Mi sono rivisto in essa. Le colonne, tutte disuguali, potevano rappresentare i miei anni di vita religiosa, tutti diversi, alcuni più riusciti, altri meno, però ognuno indispensabile al mantenimento della struttura, armonica nella sua alternanza di colonne e capitelli. Le volte basse, a crociera, erano un po’ scrostate (magari necessitate di manutenzione), simbolo delle debolezze e mancanze di fedeltà durante questi anni. Non belle a vedersi, ma ininfluenti nella bellezza e armonia della struttura. Il mio intonaco a volte perde pezzi, si vede un po’ scrostato; tuttavia, quello che Dio va costruendo è infinitamente più grande e bello delle mie resistenze e incrostazioni. E la gente – grazie a Dio – ammira più il congiunto che ogni piccolo particolare.

Dopo sono uscito per tornare in parrocchia, e si era all’imbrunire. Che spettacolo Bari vecchia e il lungomare, con la luce naturale che cedeva il posto alla artificiale, cambiando la magia degli effetti e dei colori! Mi sono fermato ad ammirare la scenografia che la natura mi stava dispiegando davanti. L’ho letto come messaggio e presagio. Alla sera della vita…


1 commento:

Unknown ha detto...

E' un dono conoscerti
Maria