Mi è stato chiesto
un articolo circa il mio ritorno in Italia dopo 12 anni di Venezuela. So che mi
si considera “missionario”, frate che ha portato il vangelo a posti lontani. Ho
sempre affermato che in Venezuela ho incontrato piuttosto persone di una fede
profonda, sincera, schietta, che mi hanno aiutato a evangelizzare un po’ di più
la mia vita. Ciò che mi ha riportato in Italia è stata l’obbedienza, non una
mia richiesta, quasi come quando sono partito per quelle terre. Non mi sono mai
pentito di aver accettato di andare in Venezuela. Mi sento più ricco. Non più
santo. Differente da quando sono partito. Sono sicuro che il Signore, che mai
si lascia vincere in generosità, mi concederà un’esperienza altrettanto
arricchente e piena di vita anche in questa nuova obbedienza.
Credo opportuno, ai
fini di questo articolo, riportare la traduzione della lettera scritta in due
momenti distinti (durante lo scalo a Lisbona e poi a Copertino) al Venezuela e
ai venezuelani. Consapevole che, come italiano di ritorno e quasi straniero,
devo poco a poco riappropriarmi della lingua e della cultura del Belpaese.
Finalmente posso scrivervi e mandarvi notizie circa il
viaggio e il mio stato d’animo. Mi trovo già a Copertino, la mia nuova
comunità. Ho partecipato alla novena di San Giuseppe ed ora, insieme agli altri
frati di comunità, stiamo cercando di avviare il lavoro pastorale. Così come
rispondo alla gente che mi chiede, posso dire che sto bene, anche se ancora
cercando di assimilare il cambio e gestendo la nostalgia. Sto bene con le
persone che ho reincontrato e con i posti lasciati alcuni anni fa; allo stesso
tempo mi pesa aver lasciato il Venezuela e tutti voi.
Il viaggio da Caracas a Roma e alla Puglia è stato più
lungo e noioso del previsto, pur essendo giunto senza veri problemi. Sono e
sarò eternamente grato ai miei frati della Custodia venezuelana e alla gente
del Venezuela, mia seconda patria. Come ho ripetuto durante i miei saluti,
potrà venirmi meno la memoria, ma non il cuore e ciò che provo per voi.
Le ultime due settimane in Venezuela sono state un lungo
e nostalgico saluto, incluso i giorni a Caracas prima di partire. La situazione
del paese e il poco tempo a disposizione non mi hanno permesso di congedarmi
nel modo che avrei desiderato e avevo pensato. Non sono potuto ritornare al mio
amato Táchira, né a Guanare e Barinas. Sappiate che voglio a tutti voi un gran
bene. Naturalmente ho potuto farlo con calma a Pueblo Llano e nei suoi
differenti settori pastorali. Vale a dire:
La Culata, la mia bella comunità, che ho assistito in
questi ultimi due anni e che adoro. Là mi hanno ricevuto come un fratello e
trattato con molto amore, come a un figlio. Non vi potrò mai dimenticare, né
potró smettere di ringraziare Dio per avermi donato la possibilità di
condividere con voi il mio tempo e la mia fede. Un regalo bellissimo è stato
aver potuto visitare e salutare i miei ammalati.
Arbolito e Mutús, dove sempre mi hanno ricevuto con molto
affetto ogni volta che ho avuto la fortuna di celebrare in quelle cappelle.
Il Centro del paese,
dove forse sono stato presente meno del dovuto, anche se le relazioni sono
state intense. Commoventi i saluti dei gruppi della parrocchia, soprattutto del
Cursillo e dei giovani. Una esperienza inattesa e meravigliosa per spontaneità
e semplicità.
Un proverbio venezuelano dice: “Chi molto saluta, non ha
voglia di andarsene”... né voi ne avete avuta di lasciarmi andare. Grazie di
cuore per avermi complicato la partenza dal Venezuela a causa del vostro
affetto viscerale e impagabile. Dio vi ricompensi per avermi voluto tanto bene.
Ora mi attendono altri luoghi e impegni differenti. Sono
in un santuario non parrocchiale, e mi hanno affidato l’Animazione della
Pastorale giovanile (ve lo immaginate?!? alla mia età!!!) e vocazionale della
Provincia. Ci manterremo uniti in Dio, con la preghiera e il ricordo grato. A
causa della differenza del fuso orario, non ci sarà una ora in cui non saremo collegati
spiritualmente. Non è una bella cosa?!?
Arrivederci! E se Dio vorrà, a presto! Un abbraccio forte
a tutti e ciascuno. Vi amo.
Un’ultima considerazione. Sono contento di
essere a Copertino. Il nostro, un po’ mio, caro San Giuseppe ha accompagnato tutti
i momenti importanti della mia vocazione e vita religiosa tra i frati minori
conventuali. Nel 1978, quando ho iniziato il postulantato (era la prima volta
che si faceva una tale esperienza nell’Ordine), il luogo era il settore del
Sacro Convento di Assisi destinato a San Giuseppe durante la sua permanenza in
quella città. Nel 1980 ho fatto il noviziato ad Osimo, presso la tomba del
nostro Santo. La prima obbedienza subito dopo gli studi teologici e
l’ordinazione sacerdotale, nel 1987, è stata Copertino, dove sono rimasto dieci
anni. La destinazione al mio arrivo in Venezuela, a dicembre del 2005, è stato
il Seminario Misionero Franciscano “San José de Copertino”, dove sono rimasto
per vari anni. Infine, da settembre sono di nuovo a Copertino, di ritorno in
Italia, dopo dodici anni in Venezuela e venti dalla mia partenza da questa
città. Insomma, mi pare proprio che San Giuseppe voglia accompagnare il mio
cammino vocazionale e i momenti chiave della mia vita religiosa. Il che mi
rende felice. Il mio cuore vola grato a Dio e al nostro Santo, e, se
permettete, anche un po’ mio.