giovedì 4 novembre 2010

Assimilando il ritorno


Sono in ritardo!!! Spesso mi capita di esserlo, per i motivi più disparati. Questa volta è dovuto al fatto che mi sono trovato immerso di colpo nella realtà del Venezuela, con relativi annessi e connessi. C’ho impiegato un po’ di tempo a digerire cambi e impegni, soprattutto perché il tempo fuori è stato effettivamente lungo. Ritornando ho dovuto riappropriarmi del reale quotidiano, con alcuni piccoli cambiamenti, normali, ma che non avevo avuto tempo e occasione di metabolizzare. Metteteci il cambio di cultura e mondo... Ancora ho dei mal di pancia, ma so che sono destinati a diminuire e sparire, con l’abitudine a “cibi” e “sostanze” diversi rispetto a quelli mangiati per più di due mesi in Italia. Grazie a Dio non sono perfetti sconosciuti, e giorno per giorno ritorno a “sapori” venezuelani, differenti certo, ma interesanti e intriganti lo stesso.

Il ritorno è stato... lungo. Almeno fino al seminario. Partito lunedí mattina 18 ottobre da Bari, sono arrivato in seminario la sera del 20, dopo aver attraversato vari stati del Venezuela, da Caracas a Palmira. La trasvolata oceanica è stata tutto sommato piacevole. Accanto a un anziano di origini italiane, da 57 anni in Venezuela. Mi ha ceduto il suo posto per poter ascoltare i film in programma, ai quali non era interessato, visto che il mio auricolare non funzionava. La programmazione prevedeva tre film : “The Joneses”, interessante riguardo al tema dell’essere realtivo all’apparire e della falsità dei bisogni commerciali; “Il principe di Persia”, avventura disneyana distensiva; “Mine vaganti”, bello e provocante, sull’amore disposto a accettare la diversità e a rinunciare per il bene dell’altro. Il gioco di “consegne” in quest’ultimo film mi pare davvero grande e difficile, per noi che in amore siamo spesso egoisti e possessivi.

Cosa ho trovato in seminario? Innanzitutto una calda e simpatica accoglienza, con la bacheca dedicata al mio ritorno, insieme ai dettagli ornamentali sulla mia porta e in camera. Un nuovo frate di comunità: fray Daniel, che ha preso il posto di fray Pedrito, mandato a Caracas. Un gruppo di cinque nuovi seminaristi che mi sembrano bravi, insieme ai vecchi, i quali già lo erano. In più ci sono fray Javier Antonio e fray Deiby, neo professi, che staranno con noi fino a febbraio, quando andranno in Costarica per continuare con i loro studi. E poi: l’insegnamento biblico (mi sta costando molto accettare l’idea dell’insegnamento di Ebraico e Introduzione al Nuovo Testamento in questo semestre; avrei preferito entrare poco a poco in queste realtà); il corso biblico per postulanti religiosi al martedí pomeriggio; la direzione spirituale e le confessioni, anche per gente non del seminario; le celebrazioni mattutine al collegio Nazareth (per le suore lunedí, mercoledí e venerdí alle 6.00; per suore e studenti il martedí e giovedí, alle 7.15). Quest’ultima esperienza mi piace, soprattutto le celebrazioni per gli studenti, dalla prima elementare all’ultimo anno di superiori, per turni di classe (normalmente costituite da 35-40 alunni). Interagire con loro durante la messa; confessarli dopo, a volte per un paio d’ore, mi fa sentire sensazioni pastorali belle, complementari al lavoro in seminario. E poi ci sono i reincontri con le persone di qua, che fanno parte della mia vita e dei miei orizzonti, e alle quali sento di appartenere.

Infine, lunedí 1 novembre, abbiamo avuto la professione solenne in seminario di fray José Alberto. Tutto il baillame della preparazione può anche stancare un po'; onestamente, però, ha pesato più sulle spalle di altri che sulle mie. In ogni caso, è l’occasione per ringraziare Dio per un nuovo fratello e rivedersi in lui, rinnovando voti e utopie. Ancor più per me, che sono stato scelto come testimone, onore e responsabilità allo stesso tempo, che mi commuove, perché sento di essere percepito come fratello venezuelano e non come “straniero”, e mi sfida a livello di testimonianza e vicinanza fraterna.