Il simpatico animale della foto si chiama chigüire, ed è direttamente coinvolto nei riti pasquali. Diciamo che a queste latitudini – o almeno nella zona di Barinas e della pianura venezuelana – è la vera vittima sacrificale, molto più dell’agnello (=cordero, che non esiste nel menù familiare). Come potete vedere ha le dimensioni di un cagnolino e le abitudini acquatiche di un castoro o di un bufalo; insomma gli piace l’acqua. Le sue zampe sono adatte al nuoto. Per questo è considerato un... pesce!!! Con la possibilità e il gusto di mangiarne la carne cucinata, normalmente dopo un periodo di conservazione sotto sale, anche durante la Settimana Santa e l’astinenza. Per i cittadini di Barinas è un rito e una prelibatezza, sempre più caro e raro, per il pericolo di estinzione. L’ho provato (immagino già la faccia schifata dei miei amici italiani, la stessa dei venezuelani quando dico che mangiamo carne di cavallo) e non è davvero male. Forse avrei difficoltà maggiori ad assaggiare altri tipi di carne, tipici di alcune regioni: scimmia, iguana, serpente, piccoli coccodrilli... È proprio vero che il gusto è anche questione di cultura e abitudine.
Tornando però alla Settimana Santa in aiuto ai nostri frati di Barinas, devo dire che sono stato proprio contento dell’esperienza. A differenza della pastorale “navideña” i frati sono più inseriti nella realtà parrocchiale, conoscendola meglio. Inoltre, essendo un sacerdote in meno, si è potuto e dovuto lavorare di più, vivendo un servizio che può anche costare stanchezza in alcuni momenti, però ti arricchisce e gratifica oltremisura, come ho avuto modo di ribadire in più occasioni.
Ero incaricato del servizio sacerdotale in due zone: “S. Francisco” (coadiuvato da tre suore francescane che hanno lì una casa) e “Mi Jardín” (insieme ai seminaristi fray Jonathan e Joysmer); e a disposizione di altre necessità. Descrivo brevemente l’attività svolta, per averne un’idea, e non perché sia eccezionale rispetto al lavoro pastorale dei frati pugliesi nelle loro rispettive comunità.
La Domenica delle Palme, dopo la liturgia del mattino nella cappella S. Francisco ho confessato fino a mezzogiorno e in parrocchia nel pomeriggio. Lunedì e martedì sono stato nei villaggi rurali di “Vega de los indios” e “Las malvinas”, a circa due ore e mezza da Barinas, per confessare la gente e far sì che potessero avere almeno una messa nella settimana (il resto dei giorni è stato animato da due seminaristi e due membri della OFS). Dal Mercoledì al Venerdì Santo ho celebrato e confessato nelle due zone della città, dalle 16.30 alle 23.00-23.30. Nelle mattinate di Venerdì e Sabato Santo ho confessato in parrocchia, e sabato ho tenuto anche una breve relazione a un ritiro di giovani di tutte le zone pastorali. Infine, la mia vigilia pasquale è consistita in 3 celebrazioni (per favore, non storcano la bocca i liturgisti... se no vengano qui per capire): 18.15 nella cappella de “La Esperanza”; 20.00 in “S. Francisco”; 22.00 a “Mi Jardín”... e a mezzanotte e mezza l’ultima confessione di un giovane in necessità di una parola cristiana.
Che considerazioni e conclusioni?
Innanzitutto la grandezza sproporzionata della parrocchia. Magari non in quanto ad abitanti, ma a vastità del territorio e varietà di situazioni socio economiche. È quasi impossibile poter fare un lavoro pastorale adeguato. Occorre avere una mentalità missionaria e un laicato forte e preparato, che affianchi i frati nell’opera di evangelizzazione. Il pericolo, o forse già la realtà, è il proliferare delle sette o la caduta nell’indifferenza religiosa.
La situazione territoriale è difficile per la sua complessità, accompagnata a una generalizzata insicurezza sociale. Barinas, tranquilla fino a pochi anni fa, è teatro, come molte altre città e zone del Venezuela, di ogni genere di delinquenza e di una violenza barbara, con vari morti assassinati, soprattutto tra i giovani, in una guerra tra gangs o semplicemente per atti di ritorsione i cui motivi spesso sono futili. In tutto il territorio è diffuso il sicariato, che è quasi economico. Un giovane mi confessò una volta di essere appartenuto alla guerriglia venezuelana: una organizzazione paramilitare impegnata a fare “pulizia” di chi si macchia di delitti efferati, conosciuta e tacitamente riconosciuta(?!?) dalle autorità. La piaga dei sequestri a scopo di estorsione si fa sentire anche da queste parti.
Tra le confessioni di questa settimana santa mi ha impressionato l’alto numero di pre e adolescenti che hanno esperienze sessuali, non sempre occasionali, e senza alcuna educazione previa. Per cui non è difficile, soprattutto nelle zone rurali, imbattersi in madri intorno ai 15 anni, spesso senza un uomo al loro fianco. È il fenomeno diffusissimo delle ragazze-madri (=madre soltera). A questo proposito mi piace riportare, come testimonianza sintomatica, quanto scritto dai due volontari OFS di Guanare, Eugenio ed Elisabetta: “Abbiamo purtroppo dovuto rinunciare alla presenza di Jennifer, la cui mamma da circa un anno ha lasciato il marito con gli 8 figli, che sono costretti a passare le giornate a casa soli a fare le faccende domestiche. Purtroppo nemmeno il padre, che di giorno deve lavorare, è riuscito a convincerla a continuare qui da noi, da quando nella sua vita è comparso un fidanzato di 12 anni, come lei. E a quanto pare sembra avere abbandonato anche la scuola (in cui frequentava la terza elementare, senza ancora saper leggere e scrivere accettabilmente). Speriamo solo che non si senta già abbastanza “grande” da mettere su famiglia, come capita spesso qui a ragazzine della sua età. Proprio questo mese un’altra ragazzina, Zulimar, di 15 anni, che aveva partecipato per un breve tempo al gruppo giovanile della cappella, ha deciso di andare via di casa per vivere in un “ranchito”, una baracca di lamiera, con il suo fidanzato, di 25 anni. La sua scelta, come quella di tante altre, è stata dettata dall’illusione di vivere una vita migliore, scappando da una famiglia segnata dai tanti problemi creati da una padre da sempre violento e alcolizzato; purtroppo ci chiediamo quanti mesi saranno necessari perché rimanga incinta e si ritrovi a rivivere esattamente le stesse difficoltà da cui cerca di scappare”.
È chiaro che ho conosciuto anche persone splendide, molte, che vivono con speranza e gioia la loro esistenza e la testimonianza cristiana. Una continua scuola di vita, in situazioni spesso difficili, come quella di “Mi Jardín”, quartiere povero e a rischio delinquenza. La “cappella” è un piccolo terreno polveroso all’aria aperta, dove ho sperimentato, con la ridotta comunità presente alle liturgie, “persa” in mezzo ai tanti altri abitanti e rumori, una gioia forte e un senso di Dio che ti può dare solo il cuore della gente, meglio di qualsiasi cattedrale. Il Giovedì Santo, per ovvi motivi, l’asciugamano della lavanda dei piedi era diventato nero!! Il Sabato le ragazze del ministero di danza hanno danzato sulla nuda terra, stendendosi anche a terra, senza batter ciglio. Semplicità e impegno cristiano schietto che dovremmo imparare un po’ di più in Italia. So che in certi luoghi non si sperimenta sempre la poesia e che si può vivere qualcosa di bello se racchiuso in pochi giorni, ma i fanciulli e i giovani presenti mi hanno riempito il cuore e mi hanno fatto innamorare di loro. Come le altre meravigliose persone della parrocchia, tra cui molti santi neocatecumenali, che potrebbero dare tanto nell’evangelizzazione del territorio, se solo avessero catechisti meno gretti e meno chiusi sui loro interessi ristretti e sulle strutture del cammino, e più aperti a collaborare con i frati per il bene di tutta la comunità. I frati, dopo un periodo di assestamento e con tutti i limiti personali, stanno facendo bene, e la gente già vede la differenza da prima, e apprezza la maniera fraterna della conduzione e dei rapporti umani.
Peccato solo non aver portato la macchina fotografica, per testimoniare tutto questo anche da un punto di vista visivo. Ma penso che la immaginazione di ognuno sarà più efficace di qualsiasi foto. Ê che sono tanto trascurato e distratto...
Ero incaricato del servizio sacerdotale in due zone: “S. Francisco” (coadiuvato da tre suore francescane che hanno lì una casa) e “Mi Jardín” (insieme ai seminaristi fray Jonathan e Joysmer); e a disposizione di altre necessità. Descrivo brevemente l’attività svolta, per averne un’idea, e non perché sia eccezionale rispetto al lavoro pastorale dei frati pugliesi nelle loro rispettive comunità.
La Domenica delle Palme, dopo la liturgia del mattino nella cappella S. Francisco ho confessato fino a mezzogiorno e in parrocchia nel pomeriggio. Lunedì e martedì sono stato nei villaggi rurali di “Vega de los indios” e “Las malvinas”, a circa due ore e mezza da Barinas, per confessare la gente e far sì che potessero avere almeno una messa nella settimana (il resto dei giorni è stato animato da due seminaristi e due membri della OFS). Dal Mercoledì al Venerdì Santo ho celebrato e confessato nelle due zone della città, dalle 16.30 alle 23.00-23.30. Nelle mattinate di Venerdì e Sabato Santo ho confessato in parrocchia, e sabato ho tenuto anche una breve relazione a un ritiro di giovani di tutte le zone pastorali. Infine, la mia vigilia pasquale è consistita in 3 celebrazioni (per favore, non storcano la bocca i liturgisti... se no vengano qui per capire): 18.15 nella cappella de “La Esperanza”; 20.00 in “S. Francisco”; 22.00 a “Mi Jardín”... e a mezzanotte e mezza l’ultima confessione di un giovane in necessità di una parola cristiana.
Che considerazioni e conclusioni?
Innanzitutto la grandezza sproporzionata della parrocchia. Magari non in quanto ad abitanti, ma a vastità del territorio e varietà di situazioni socio economiche. È quasi impossibile poter fare un lavoro pastorale adeguato. Occorre avere una mentalità missionaria e un laicato forte e preparato, che affianchi i frati nell’opera di evangelizzazione. Il pericolo, o forse già la realtà, è il proliferare delle sette o la caduta nell’indifferenza religiosa.
La situazione territoriale è difficile per la sua complessità, accompagnata a una generalizzata insicurezza sociale. Barinas, tranquilla fino a pochi anni fa, è teatro, come molte altre città e zone del Venezuela, di ogni genere di delinquenza e di una violenza barbara, con vari morti assassinati, soprattutto tra i giovani, in una guerra tra gangs o semplicemente per atti di ritorsione i cui motivi spesso sono futili. In tutto il territorio è diffuso il sicariato, che è quasi economico. Un giovane mi confessò una volta di essere appartenuto alla guerriglia venezuelana: una organizzazione paramilitare impegnata a fare “pulizia” di chi si macchia di delitti efferati, conosciuta e tacitamente riconosciuta(?!?) dalle autorità. La piaga dei sequestri a scopo di estorsione si fa sentire anche da queste parti.
Tra le confessioni di questa settimana santa mi ha impressionato l’alto numero di pre e adolescenti che hanno esperienze sessuali, non sempre occasionali, e senza alcuna educazione previa. Per cui non è difficile, soprattutto nelle zone rurali, imbattersi in madri intorno ai 15 anni, spesso senza un uomo al loro fianco. È il fenomeno diffusissimo delle ragazze-madri (=madre soltera). A questo proposito mi piace riportare, come testimonianza sintomatica, quanto scritto dai due volontari OFS di Guanare, Eugenio ed Elisabetta: “Abbiamo purtroppo dovuto rinunciare alla presenza di Jennifer, la cui mamma da circa un anno ha lasciato il marito con gli 8 figli, che sono costretti a passare le giornate a casa soli a fare le faccende domestiche. Purtroppo nemmeno il padre, che di giorno deve lavorare, è riuscito a convincerla a continuare qui da noi, da quando nella sua vita è comparso un fidanzato di 12 anni, come lei. E a quanto pare sembra avere abbandonato anche la scuola (in cui frequentava la terza elementare, senza ancora saper leggere e scrivere accettabilmente). Speriamo solo che non si senta già abbastanza “grande” da mettere su famiglia, come capita spesso qui a ragazzine della sua età. Proprio questo mese un’altra ragazzina, Zulimar, di 15 anni, che aveva partecipato per un breve tempo al gruppo giovanile della cappella, ha deciso di andare via di casa per vivere in un “ranchito”, una baracca di lamiera, con il suo fidanzato, di 25 anni. La sua scelta, come quella di tante altre, è stata dettata dall’illusione di vivere una vita migliore, scappando da una famiglia segnata dai tanti problemi creati da una padre da sempre violento e alcolizzato; purtroppo ci chiediamo quanti mesi saranno necessari perché rimanga incinta e si ritrovi a rivivere esattamente le stesse difficoltà da cui cerca di scappare”.
È chiaro che ho conosciuto anche persone splendide, molte, che vivono con speranza e gioia la loro esistenza e la testimonianza cristiana. Una continua scuola di vita, in situazioni spesso difficili, come quella di “Mi Jardín”, quartiere povero e a rischio delinquenza. La “cappella” è un piccolo terreno polveroso all’aria aperta, dove ho sperimentato, con la ridotta comunità presente alle liturgie, “persa” in mezzo ai tanti altri abitanti e rumori, una gioia forte e un senso di Dio che ti può dare solo il cuore della gente, meglio di qualsiasi cattedrale. Il Giovedì Santo, per ovvi motivi, l’asciugamano della lavanda dei piedi era diventato nero!! Il Sabato le ragazze del ministero di danza hanno danzato sulla nuda terra, stendendosi anche a terra, senza batter ciglio. Semplicità e impegno cristiano schietto che dovremmo imparare un po’ di più in Italia. So che in certi luoghi non si sperimenta sempre la poesia e che si può vivere qualcosa di bello se racchiuso in pochi giorni, ma i fanciulli e i giovani presenti mi hanno riempito il cuore e mi hanno fatto innamorare di loro. Come le altre meravigliose persone della parrocchia, tra cui molti santi neocatecumenali, che potrebbero dare tanto nell’evangelizzazione del territorio, se solo avessero catechisti meno gretti e meno chiusi sui loro interessi ristretti e sulle strutture del cammino, e più aperti a collaborare con i frati per il bene di tutta la comunità. I frati, dopo un periodo di assestamento e con tutti i limiti personali, stanno facendo bene, e la gente già vede la differenza da prima, e apprezza la maniera fraterna della conduzione e dei rapporti umani.
Peccato solo non aver portato la macchina fotografica, per testimoniare tutto questo anche da un punto di vista visivo. Ma penso che la immaginazione di ognuno sarà più efficace di qualsiasi foto. Ê che sono tanto trascurato e distratto...