Chiesa parrocchiale: altare del Giovedí Santo |
Per la Settimana Santa del 2015 sono
tornato alla stessa parrocchia dove ho trascorso la novena di Natale. Si tratta
della chiesa del “Buen Pastor”, in un quartiere popolare della città di San
Cristóbal, zona ancora considerata come “rossa”, nel senso di pericolosa, anche
se al momento è molto più tranquilla di una volta. Qui ci sono un parroco e un
vice, ma c’è sempre bisogno di aiuto, soprattutto per le confessioni, alle
quali mi dedico con piacere, mentre loro sono impegnati per l’organizzazione
delle celebrazioni. Io celebro la sera nella cappella de “La Popa”, distante
dieci minuti di macchina. Qui mi aiutano due postulanti francescani, impegnati
ad animare la comunità durante il giorno. È una zona costituita da una strada
principale più larga, che corre sul crinale di una altura, mentre le case sono
costruite su una falda, quasi tutte in forte pendenza. Le salite di Monte
Sant’Angelo sono dolci rispetto a queste. Lo stesso succede per la città, con
pendenze che ricordano quelle viste nei film ambientati a San Francisco.
Dovuto alle numerose confessioni, questa
esperienza mi ricorda di più gli anni di Copertino e
Cappella de La Popa |
Gravina. Inoltre, alcune
tradizioni legate alla Settimana Santa qui si possono vivere meglio e in
maniera più intensa, rispetto a quando mi sono trovato a “missionare” in zone
rurali. Una molto forte è quella della visita alle sette chiese, che inizia già
la mattina del giovedì santo, fino al primo pomeriggio del venerdì,
accompagnata dalla recita di 33 credo. La mattina di questi due giorni mi sono
reso disponibile per confessare in una parrocchia centrale molto frequentata da
tali “pellegrini”, dalle 9.30 alle 12.30, e non mi è mancato il lavoro. Quello
delle confessioni è un ministero che mi piace ed edifica tanto, e ho imparato
ad apprezzarlo fin dalla prima esperienza sacerdotale a Copertino.
Rispetto alla chiesa parrocchiale
centrale, grande e molto frequentata, le liturgie della piccola cappella sono
state più povere e con meno gente. Tuttavia, mi sono piaciute per il clima di
familiarità, anche se certe improvvisazioni spesso hanno costituito motivo di
distrazione. Le gente è buona e collabora per il possibile. C’è da dire che è
forse la prima volta che si vive una Settimana Santa completa, con un sacerdote
e seminaristi dedicati a questo; per cui la comunità si è trovata anche un
attimo impreparata.
Il ricordo più forte?!? Il via crucis
lungo un paio di chilometri della strada principale, venerdì santo, al
pomeriggio. Un gruppo di bambini ha rappresentato le scene delle varie
stazioni, con “costumi” preparati da alcune mamme, con materiali poveri e bella
fantasia. A metà del percorso è venuto giù un acquazzone incredibile. Abbiamo
terminato completamente fradici. Subito dopo c’era l’adorazione della croce. Al
mio invito – molto italiano – ad andare tutti a casa ed eventualmente annullare
la cerimonia, tutti mi hanno detto che preferivano continuare e lasciare che i
vestiti si asciugassero addosso. Il più fortunato forse sono stato io, insieme
ad alcuni previdenti che avevano portato degli ombrelli (oggetto generalmente
molto poco usato...). In sacrestia mi sono tolto la tonaca e la maglietta,
bagnatissimi, e ho indossato camice e casula. I postulanti mi avevano invitato
a togliermi anche i pantaloni, ma mi sono fatto vincere da un certo pudore...
La celebrazione si è svolta con assoluta normalità e senza alcuna fretta o
impazienza da parte di nessuno. Li ho ringraziati per l’esempio di fede
dimostratomi.
La veglia del sabato santo l’ho celebrata
alle 19.00 nella cappella de La Popa. Normalmente in Venezuela le celebrazioni
previste per la notte si anticipano per motivi di sicurezza. Quando erano quasi
le 22.00, sono rientrato in parrocchia, dove stava per iniziare la messa della
vigilia animata dalle comunità neocatecumenali, la cui presenza è significativa
per numero e servizio. Visto che era presto per andare a dormire, ho deciso di
partecipare, almeno fino a tutta l’omelia, così, per vivere una liturgia
pasquale della Parola in modo più lungo e approfondito. È stata una esperienza
bella e positiva, terminata all’una e mezza del mattino, quando mi sono
ritirato in camera mia, prima dei battesimi e del resto della messa, durata
fino alle tre e mezza. Quello che mi è piaciuto di meno?!? Il canto di vittoria
di Maria, la sorella di Mosé, e di tutto il popolo d’Israele dopo la lettura
del passaggio del Mar Rosso. A Gravina mi dava i brividi ascoltare il Canto del
Mare di Frisina, se non erro. Qui quello catecumenale mi è sembrato ridicolo, e
molto meno solenne degli altri salmi cantati dopo le letture. Ma si sa, i gusti
sono qualcosa di personale e indiscutibili... La mattina di Pasqua ho celebrato
alle 9.00 nella cappella e il pomeriggio sono tornato in seminario.
E veniamo al lunedí dell’Angelo, a
pasquetta. È stato un giorno molto particolare. Mi sono svegliato con la voglia
di riposare e fare qualcosa di piacevole. Un giorno alla italiana insomma,
anche se qui è lavorativo. E invece... Subito dopo colazione, dalle 9.00 alle
12.00, c’è stato da usare il coltello per separare dalle ossa e comporre la
carne di un vitello che ci avevano regalato, per porre il tutto a congelare
prima che andasse a male. Lo stesso motivo ha portato a pelare due sacchi di
yucca nel pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.00. Questo è un tubero di forma
allungata, la cui buccia è dura, e molto più difficile da pelare che le patate.
Non c’è che dire: una pasquetta davvero originale e inattesa!!! In fondo, però,
una bella esperienza di lavoro per la comunità insieme ai postulanti presenti.