“Il Signore concesse a me, frate Francesco, di iniziare in questo modo a fare penitenza; in effetto, vivendo tra i peccati, mi sembrava molto amaro vedere lebbrosi. E il Signore stesso mi condusse tra loro, e usai con loro misericordia. E, al separarmi da loro, quello che mi sembrava amaro, si trasformò in dolcezza d’anima e di corpo; e, dopo di questo, aspettai un poco di tempo e uscii dal mondo” (Testamento di S. Francesco, 1-3). Così Francesco d’Assisi descrive il momento fondante della conversione, rileggendo la sua esperienza di vita poco prima della morte.
Si direbbe un itinerario di “uscite” ed “incontri”: l’incontro con Cristo e l’uscita da se stesso per incontrarsi con i lebbrosi, mondo sconosciuto e temuto. Incontro dalle valenze insospettate e inattese, che cambia radicalmente la sua visione delle cose, lo porta ad uscire da un mondo senza l’orizzonte Dio, per ridare spazio a Dio e a se stesso in Dio (la penitenza); recuperando, allo stesso tempo, la propria e altrui umanità, in un processo di inclusione e non di esclusione (usare la misericordia).
In fondo la medesima dinamica della Bibbia: Dio esce verso all’uomo, per invitarlo a uscire incontro a Lui e all’altro, in una modalità generativa includente e non escludente, riflettendo l’immagine stessa di Dio e ritrovando la propria identità nella prospettiva di famiglia e fraternità. Il camminare di Dio verso l’uomo è “rivelazione”, che permette a questi di scoprire l’Altro, altrimenti sconosciuto, e la sua “prossimità” nelle creature. L’incontro con l’Altro e gli altri si trasforma in itinerario necessario per incontrare se stessi e dare il senso, la direzione appropriata alla propria vita. Come Francesco d’Assisi e tutti quelli che si lasciano incontrare dal Signore. Incontro unico e fondamentale in un momento determinato della esperienza umano-cristiana, ma che richiede continui esodi quotidiani, nella ricerca constante del proprio ruolo nel mondo e nel disegno di Dio.
Nel mio caso di religioso francescano, un momento fondante di esodo da me stesso e di radicamento in Dio e nell’incontro con l’altro, assunto come fratello, è costituito dalla professione religiosa (in altri dalla risposta vocazionale a Dio, che sempre chiama a “uscire” per essere veri discepoli). Una “uscita” che ti colloca nel luogo dell’esodo-pellegrinaggio verso la terra promessa, intuita e anelata, con le sue risposte quotidiane alle sfide della vita, che ti spingono a rinnovare l’adesione a Dio, nella necessaria dinamica di penitenza-uscita e misericordia-incontro. In tal senso il voto di obbedienza diventa la provocazione di Dio a uscire da se stessi per incontrare l’Altro e gli altri. Esperienza naturalmente dolorosa nei suoi momenti iniziali (lasciare una realtà, un mondo, abitudini, relazioni e affetti, i propri schemi…); gioiosa e arricchente se ci si dispone a farsi incontrare e accogliere. Obbedienza difficile e foriera di pienezza, nella sua accezione fondante e/o quotidiana di interpellanza alla conversione, al cambio di direzione da sé all’altro.
Sempre mi è costato obbedire, uscire. Non ho cambiato molti luoghi nei miei 25 anni di frate; ruoli e scenari di presenza sì. Di certo, il cambio più radicale è stato quello che mi ha portato dove sono attualmente: il Venezuela. Dio solo sa quanto mi sia costato abbandonare la realtà pugliese e le persone di là, per abbracciare, almeno mentalmente, una cultura, un mondo e un impegno del tutto nuovi rispetto agli abituali. Mi sono “voluto” fidare di Dio, forte delle esperienze esodali già vissute, esperimentate come cammino di ricchezza nell’incontro e di rinnovata gratitudine verso la generosità traboccante di Dio, malgrado titubanze e opposizioni. E non mi sono sbagliato. Continuo nelle mie infedeltà e dubbi umani; ma quando lo Spirito riesce a parlare più forte del sottoscritto, mi rendo conto che lo spazio sottratto a me (dolorosamente a volte) e dato a Dio e al fratello, diventa il luogo della identità ritrovata e rinnovata, della gioia vera e della vita piena. In questo senso non abbiamo sempre da imparare, preceduti e guidati dall’esempio di Maria e dei nostri santi, instancabili camminatori dello Spirito, ricercatori assidui di vita e identità, pellegrini nell’itinerario verso Dio e l’uomo?!?