domenica 11 ottobre 2009

22 anni di sacerdozio

"È da poco più di tre ore che ho lasciato l’Italia. Mi trovo in aereo, di ritorno in Venezuela. Alcuni mi hanno chiesto di aggiornare quanto prima il blog. Non saprei se per conoscere le mie prime esperienze dopo l’arrivo, o le impressioni a caldo sulla mia ultima, lunga, calda, avvolgente… permanenza in Italia. Probabilmente le due cose. Allora mi ritrovo a scrivere su un pezzo di carta quanto so già di non poter trasmettere come vorrei. Gli aggettivi sulla mia permanenza italiana la dicono lunga sulla rete di relazioni e sensazioni che mi ha avvolto, avviluppato…”.

Questo è quanto sono riuscito a scrivere in aereo. Il pensiero dei giorni trascorsi in Puglia (se si eccettuano i tre a Sasso Marconi, per stare con mia sorella) mi ha lo stesso accompagnato durante tutto il viaggio, e anche dopo. Un succedersi di visi ed emozioni difficili da digerire e metabolizzare. Pensieri che allargano il cuore e stringono lo stomaco. Ad ogni modo, anche se si fatica un po’ a trangugiare cibo e groppo, ciò che esce spontaneo non è il bolo alimentare ed emozionale, ma il ringraziamento a Dio per il dono di tanta gente bella e di tanta storia importante, benché minima e quotidiana.

Come non ringraziare per aver potuto condividere giorni solari d’agosto e gli ultimi di settembre con i miei, con vari parenti, con i cugini di Roma e i loro figli, con alcuni amici d’infanzia, con i miei compaesani? Il sapore delle radici e dei frutti, riassaporati con il gusto degli anni e la freschezza del rincontro. Ciliegina sulla torta: la possibilità di partecipare alla festa di S. Michele.

E poi il senso del ritorno nostalgico alla mia “famiglia” spirituale dei frati pugliesi, con i quali ho condiviso fraternità, sentimenti di stima reciproci, progetti, difficoltà per molti anni (e non è che ora mi senta un estraneo). In un momento particolare per la Provincia: l’inizio di un quadriennio, dopo 12 anni di provincialato di fra Giuseppe Piemontese. Mi pare che Michele e i frati del definitorio abbiano fatto del loro meglio e che ci sia amore nel loro non facile servizio. Un momento magmatico e magnetico, quello degli inizi, con le sue liquide difficoltà e lo sguardo verso il progetto, al quale vorresti prendere parte. Ma per te è pronta un’altra obbedienza e una terra lontana… dove, in ogni caso, non sei orfano né estraneo.

E che dire dell’impatto emotivo con le persone che Dio ti ha donato negli anni di Gravina e Copertino?!? Quest’anno ho avuto la grazia di predicare la novena di S. Giuseppe. Già sapete che non è stato facile accettare la proposta. Ma, come spesso mi accade, ciò che non avevo chiesto a Dio, mi è stato dato come dono che trabocca ogni desiderio e volontà. Sono stati giorni intensi di incontri e celebrazioni. Persone riviste dopo quasi 12 anni. Che gioia e che nostalgia!!! Posso affermare che il braccio di Dio non è corto e che la sua generosità sorpassa ogni umana riluttanza e titubanza.


Così, tra cibo, lettura e film sono sbarcato a Caracas, abbracciato dal caldo umido di Maiquetia. Sbrigate le pratiche aeroportuali, mi attende una sorpresa: il bagaglio è rimasto a Roma e mi tocca ritirarlo domani. Fray Jesus mi porta al convento di Caracas e comunico a zia che il suo carico di “lampagioni” dovrà riceverlo domani o dopo. Intanto mi scoccia ipotizzare un ritardo nella mia partenza per il seminario o la possibilità che il bagaglio tardi ad arrivare.

Il giorno dopo vado a mangiare dalla zia e ammazzo un po’ di nostalgia con fettuccine al sugo di calamari ripieni (niente male no?). Nel pomeriggio, visto che nessuno risponde a telefono dall’ufficio dell’aeroporto, decido ugualmente di andare a vedere se il bagaglio fosse arrivato. All’arrivo devo alzare la voce con un impiegato che mi dice che è troppo tardi per ritirare il bagaglio. Gli faccio notare (con tono leggermente alterato, in verità) che sono stato per più di un’ora a chiamare, senza ricevere risposta, e che all’orario di chiusura manca ancora mezz’ora. Mi consegna lo zaino. Però mi attende un’altra sgradita sorpresa alla stazione degli autobus: tutti i biglietti per S. Cristobal, di tutte le compagnie, sono esauriti, forse per il fatto di essere venerdì. Decido di partire domani notte, per stare almeno la mattina presto di S. Francesco in seminario.

Sabato 3 mi sveglio con febbre e raffreddore, per cui, su consiglio dei frati, decido di non viaggiare più questa notte. Prendo delle medicine e passo tutto il giorno a letto. Bel modo di celebrare 28 anni di professione semplice! Alle 23.30, già addormentato, vengo svegliato dal pianto di fray Carlos, che ha appena ricevuto la notizia della morte improvvisa di sua madre. Fray Jesus lo convince a non partire subito; lo accompagnerà con Javier domani alle 5 del mattino. Per cui mi chiede come sto (non è che stia proprio bene, ma almeno non ho febbre) e se me la sento di celebrare due messe al posto suo domani 4, domenica e festa di S. Francesco. Lo rassicuro. L’imprevisto si trasforma così in presenza provvidente.

Domenica 4 è un S. Francesco particolare. Le due messe le celebro senza particolari problemi fisici e mi riempiono, ma aleggia il fatto della mamma di Carlos e, per me, la lontananza dalla mia comunità.

Lunedì partiamo alle 4.30 del mattino per il funerale, fissato per le 10 ad Acarigua (5 ore di macchina). La cerimonia è gioiosa e molto partecipata. Proseguo poi per Guanare, dove pranzo, riposo, parlo con fray Beto, celebro la messa della sera e… vado a letto.

Il mattino dopo, alle 5 parto con fray Pietro e Orlando per il seminario, dove finalmente arriviamo per l’ora di pranzo. La prima impressione è forte e strana a un tempo: quest’anno ci sono solo 7 postulanti, a fronte di un seminario che ne contiene comodamente una sessantina. Dovremo forse fare l’abitudine a numeri che non saranno più quelli di una volta. Mi assale anche la tentazione, oggettivamente plausibile, di pensare che 3 formatori, ai quali se ne aggiunge un altro almeno per quest’anno, siano uno spreco, pensando a tanti bisogni pastorali, anche in Puglia. Probabile che sia umanamente vero. Poi sento che il Signore mi vuole ora qui, a servizio di questo piccolissimo gregge e delle eventuali esigenze e richieste pastorali che dovessero sorgere. Mi tranquillizzo.

Mercoledì 7 mi reco all’Istituto teologico e, per non perdere la serie delle sorprese, mi ritrovo con corsi nuovi, diversi dai previsti. Mi chiedono di accettarli ugualmente, perché non hanno alternative al momento. Giovedì e venerdì inizio già a dare lezioni.


Infine, oggi 10: 22 anni di sacerdozio. Nessuno qui lo sa o se ne ricorda; ma non mi fa male. Né penso di renderlo pubblico. Stamani ho celebrato messa davanti a una assemblea di… 5 fedeli., vale a dire i seminaristi presenti. Però insieme a loro c’eravate tutti, di ogni luogo e di ogni tempo. E questo mi basta. Naturalmente vi chiedo una preghiera di ringraziamento a Dio per il dono fattomi, e una d’intercessione per le mie molte e inveterate debolezze e codardie.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

AUGURI!!!
... e Dio ti benedica sempre nella tua missione!
Ciao Fratello,
con stima e affetto fraterno

Lorenza

Nicola Lagreca ha detto...

Auguri di cuore per i tuoi 23 (o 22 come scritto nel titolo?) anni di sacerdozio.
Fa un pò senso saperti un pò "inutilizzato" a migliaia di Km. dai tuoi luoghi, dai tuoi cari, dalle tue radici....ma l'augurio è che quanto prima possa essere per sempre tornare fra noi in Italia forte di questa altra esperienza missionaria che stai svolgendo, come sempre, alla grande da "piccolo" come ami essere.
Auguri