Nel sabato che precede la festa del Corpus Domini, vorrei raccontarvi qualcosa di veramente speciale che mi è capitato proprio in riferimento all’Eucaristia. Nessun rapimento mistico. Per carità: non lo merito e non ne sarei capace. Molto di più: la percezione fisica della presenza di Cristo nei ragazzi che ricevevano la loro prima comunione, e nell’amore dei loro familiari, molti dei quali non hanno fatto la comunione per situazioni matrimoniali irregolari (che sono regola, più che eccezione...). Avrei voluto scrivere subito di questo, ma non l’ho fatto perché mi avevano promesso delle foto, alle quali ci tengo molto. Purtroppo ad oggi non ho ricevuto niente. Dovrete “accontentarvi” di una scena eucaristica che circonda l’ingresso della cappella, riferentesi a un volo mistico di S. Giuseppe da Copertino. Appena avrò le foto le pubblico e metto un avviso sul blog, perché possiate vederle, magari con un clic a ritroso.
Giovedi 8 maggio, quasi in contemporanea con le prime comunioni a Gravina, ho avuto l’opportunità e la gioia di celebrare una Messa di prima comunione molto speciale. In verità, il Signore mi ha donato, anche qui in Venezuela, di vivere uno dei momenti più belli per un sacerdote, quello appunto di permettere a dei fanciulli ci incontrarsi per la prima volta con Gesù Eucaristia. Che ricordo bello e ricco, quello delle prime comunioni nella parrocchia di Gravina!!!
Questa volta la cerimonia è stata davvero particolare, commovente e inattesa. Tramite una conoscente, mi è stato chiesto di celebrare la prima comunione di alcuni bambini “speciali” (è la terminologia, bellissima, che qui usano), di un istituto di S. Cristobal per persone con problemi di handicap mentale (mi mancano le parole per descriverli e ho paura di usare termini offensivi della loro dignità). Il sacerdote della parrocchia quel giorno era occupato, grazie a Dio. Così ho potuto vivere qualcosa di raro e che mi ha toccato il cuore.
È venuto a prendermi il papà di Steven, un ragazzo di 18 anni in sedia a rotelle, che era emozionatissimo per la sua prima comunione. I suoi lo avevano vestito come si usa, e quando sono arrivato mi ha tempestato di domande e considerazioni. All’arrivo mi sono reso conto che Steven era uno dei più fortunati da un punto di vista fisico mentale. C’erano i ragazzi con le loro famiglie, tutti gli operatori del centro e i volontari. Ho avuto un attimo di smarrimento: mi sono sentito piccolo per un evento tanto grande e significativo, e inadeguato alla situazione. Fortuna che il Signore mi ha dato coraggio e che tutti si sono mostrati molto accoglienti con me, l’unico “straniero” della situazione.
Questi i pensieri e le considerazioni espressi durante la Messa e che desidero condividere con voi, amici.
Per primo ho ringraziato i genitori di questi ragazzi perché stavano aiutando e permettendo a Gesù di entrare sacramentalmente nella loro vita. Un desiderio forte di Cristo, testimoniato dal vangelo, quello dell’incontro con i “piccoli”, spesso avversato da benpensanti discepoli di tutti i tempi ed epoche. Genitori che già sono, per i loro piccoli, presenza sacramentale dell’amore di Dio, che trova nell’Eucaristia motivazione, esempio e alimento. Espressione di un Dio che rompe le distanze per fare comunione, indipendentemente dalla nostra consapevolezza e aldilà di ogni merito.
Per questo, dicevo, non vale nemmeno l’obiezione che essi non intendono quello che stanno facendo, con le dovute proporzioni di ogni singolo caso. Chi siamo noi per impedire l’incontro sacramentale di Dio con loro?!? E se fosse valida l’obiezione, chi di noi intende veramente il mistero dell’amore oblativo di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia?!? Dovremmo astenercene tutti, per correttezza. I santi dicono che se la capissimo davvero, moriremmo all’istante, incapaci di sopportare una emozione simile. Si può cadere in pericoli di magia e superstizione? Non mi pareva fosse il clima della cerimonia, dove si assemblavano l’emozione e la sofferenza, sentimenti forti e senso di realismo. E poi, l’amore non è forse “magia”? Sfido chiunque a dire che l’Amore di Dio non si possa definire “magico”, immensamente più della “magia” degli amori umani, pur belli e grandi.
Magari per alcuni potrebbe essere la prima e ultima comunione, per oggettive difficoltà legate al loro stato. Un paio, innervositi forse dal clima creatosi e dai “fotografi”, non hanno voluto aprire la bocca al momento della comunione, malgrado i familiari li invitassero a “mangiare il biscotto” che il padre – io – stava porgendo. Ho allora consegnato il pezzo di ostia ai genitori, perché nella tranquillità del rispettivo posto, li imboccasero di Cristo, esercitando e dando seguito al loro sacerdozio comune. Infatti, sono essi e non io, nella vita ordinaria, coloro che trasmettono l’affetto e l’amore di Dio, fattosi presenza nutritiva nel sacramento dell’Eucaristia.
Tutto si è concluso con le foto di gruppo, da me pretese. Non volevo mi mancasse il ricordo di un momento così bello.
Ê probabile che abbia sfiorato l’eresia in qualche mia affermazione o azione. Non importa. Mi è sembrato al momento, e continuo a pensarlo ora che scrivo, che si sia trattato più di sostegno e ispirazione divini. E poi, credo di aver contribuito a regalare un sorriso a... Dio!!!
Giovedi 8 maggio, quasi in contemporanea con le prime comunioni a Gravina, ho avuto l’opportunità e la gioia di celebrare una Messa di prima comunione molto speciale. In verità, il Signore mi ha donato, anche qui in Venezuela, di vivere uno dei momenti più belli per un sacerdote, quello appunto di permettere a dei fanciulli ci incontrarsi per la prima volta con Gesù Eucaristia. Che ricordo bello e ricco, quello delle prime comunioni nella parrocchia di Gravina!!!
Questa volta la cerimonia è stata davvero particolare, commovente e inattesa. Tramite una conoscente, mi è stato chiesto di celebrare la prima comunione di alcuni bambini “speciali” (è la terminologia, bellissima, che qui usano), di un istituto di S. Cristobal per persone con problemi di handicap mentale (mi mancano le parole per descriverli e ho paura di usare termini offensivi della loro dignità). Il sacerdote della parrocchia quel giorno era occupato, grazie a Dio. Così ho potuto vivere qualcosa di raro e che mi ha toccato il cuore.
È venuto a prendermi il papà di Steven, un ragazzo di 18 anni in sedia a rotelle, che era emozionatissimo per la sua prima comunione. I suoi lo avevano vestito come si usa, e quando sono arrivato mi ha tempestato di domande e considerazioni. All’arrivo mi sono reso conto che Steven era uno dei più fortunati da un punto di vista fisico mentale. C’erano i ragazzi con le loro famiglie, tutti gli operatori del centro e i volontari. Ho avuto un attimo di smarrimento: mi sono sentito piccolo per un evento tanto grande e significativo, e inadeguato alla situazione. Fortuna che il Signore mi ha dato coraggio e che tutti si sono mostrati molto accoglienti con me, l’unico “straniero” della situazione.
Questi i pensieri e le considerazioni espressi durante la Messa e che desidero condividere con voi, amici.
Per primo ho ringraziato i genitori di questi ragazzi perché stavano aiutando e permettendo a Gesù di entrare sacramentalmente nella loro vita. Un desiderio forte di Cristo, testimoniato dal vangelo, quello dell’incontro con i “piccoli”, spesso avversato da benpensanti discepoli di tutti i tempi ed epoche. Genitori che già sono, per i loro piccoli, presenza sacramentale dell’amore di Dio, che trova nell’Eucaristia motivazione, esempio e alimento. Espressione di un Dio che rompe le distanze per fare comunione, indipendentemente dalla nostra consapevolezza e aldilà di ogni merito.
Per questo, dicevo, non vale nemmeno l’obiezione che essi non intendono quello che stanno facendo, con le dovute proporzioni di ogni singolo caso. Chi siamo noi per impedire l’incontro sacramentale di Dio con loro?!? E se fosse valida l’obiezione, chi di noi intende veramente il mistero dell’amore oblativo di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia?!? Dovremmo astenercene tutti, per correttezza. I santi dicono che se la capissimo davvero, moriremmo all’istante, incapaci di sopportare una emozione simile. Si può cadere in pericoli di magia e superstizione? Non mi pareva fosse il clima della cerimonia, dove si assemblavano l’emozione e la sofferenza, sentimenti forti e senso di realismo. E poi, l’amore non è forse “magia”? Sfido chiunque a dire che l’Amore di Dio non si possa definire “magico”, immensamente più della “magia” degli amori umani, pur belli e grandi.
Magari per alcuni potrebbe essere la prima e ultima comunione, per oggettive difficoltà legate al loro stato. Un paio, innervositi forse dal clima creatosi e dai “fotografi”, non hanno voluto aprire la bocca al momento della comunione, malgrado i familiari li invitassero a “mangiare il biscotto” che il padre – io – stava porgendo. Ho allora consegnato il pezzo di ostia ai genitori, perché nella tranquillità del rispettivo posto, li imboccasero di Cristo, esercitando e dando seguito al loro sacerdozio comune. Infatti, sono essi e non io, nella vita ordinaria, coloro che trasmettono l’affetto e l’amore di Dio, fattosi presenza nutritiva nel sacramento dell’Eucaristia.
Tutto si è concluso con le foto di gruppo, da me pretese. Non volevo mi mancasse il ricordo di un momento così bello.
Ê probabile che abbia sfiorato l’eresia in qualche mia affermazione o azione. Non importa. Mi è sembrato al momento, e continuo a pensarlo ora che scrivo, che si sia trattato più di sostegno e ispirazione divini. E poi, credo di aver contribuito a regalare un sorriso a... Dio!!!