sabato 2 novembre 2024

Era mio padre. 26 settembre – 2 novembre 2024

Il 2 novembre di quest’anno ha per me un sapore tutto particolare, agrodolce. Il 26 settembre è morto mio padre, per cui oggi, commemorazione di tutti i defunti, il mio pensiero corre particolarmente a lui, e lo commemoro in modo speciale insieme alla mia famiglia. Sapore agrodolce, come quello provato il giorno del suo funerale e i giorni seguenti, e ogni volta che il pensiero ritorna a lui. Agro, per il dispiacere e dissapore di non averlo più tra noi fisicamente, evento al quale non si arriva mai davvero preparati, tanto che anche la memoria diventa pastosa, intrisa di lacrime che si obbligano a non uscire, e pudiche nostalgie inespresse e inesprimibili. Dolce, per il dono lungo di anni insieme a noi, per una sofferenza fisica abbastanza breve e non particolarmente acuta negli ultimi tempi della sua esistenza terrena, ma soprattutto per l’esempio di vita che ci ha donato e lasciato in eredità.

Non temo di essere smentito se dico che mio padre ha vissuto una bella vita, non scevra da difficoltà e sofferenze varie, ma fondamentalmente bella. È stato un uomo buono, e da giovane anche parecchio bello. Di animo nobile, gentile nei modi, intelligente, amante della lettura (da pensionato ha divorato caterve di libri) e dei films (soprattutto western), gran camminatore, appassionato di ciclismo, poco incline a occupare primi posti, incapace di mettersi in mostra, con punte di timidezza senza essere introverso, sincero e disinteressato nelle relazioni umane, romantico e sensibile nel cuore e nelle espressioni (specie da anziano, quando alcuni filtri gli erano caduti e non provava vergogna nel fare complimenti ed esprimere gratitudine), dotato di un fine senso dell’umorismo, incline al buonumore e al sorriso (la risata sguaiata non gli apparteneva, e credo che noi figli abbiamo preso da lui e mia madre in questo), riconoscente verso le persone amiche, empatico nei rapporti umani, generoso nelle necessità altrui, grato verso la vita. Sapeva voler bene, ed era facile e spontaneo volergliene. Naturalmente, papà aveva anche i suoi limiti e debolezze, come tutti, ma senza nessuna cattiveria o furbizia. Non era santo già fatto, da nicchia; tuttavia, aveva quelle caratteristiche di santità quotidiana, della porta accanto, di cui parla il Papa e che si esprimono attraverso una umanità ricca, calorosa e accogliente.

Caratteristiche testimoniate da tante persone che hanno scritto e parlato di lui, arricchendo la mia conoscenza. Ho appreso circostanze ed episodi, di lui e di mia madre, che mi hanno commosso. Al suo funerale erano in tanti, molti si sono fatti vivi e presenti, e penso di poter affermare con sicurezza che non lo hanno fatto per amicizia verso noi figli, ma per riconoscenza e stima verso di lui. Negli ultimi anni di vita, vissuti in casa di riposo, era riuscito a farsi accettare e voler bene da tutti per la sua gentilezza e amabilità; tutto il personale era sinceramente dispiaciuto per la sua morte e commosso al momento di darci le condoglianze.

Papà era poi grandemente, follemente ed eternamente innamorato di mia madre, la cui bellezza è riuscito a contemplare fino agli ultimi giorni di vita. Senza ombra di piaggeria e nella più assoluta convinzione ci ripeteva spesso e fino alla fine: “Guardate come è bella vostra madre”. Ai suoi occhi la bellezza di mia madre non è stata mai intaccata dal trascorrere del tempo. È stato il grande amore della sua vita. Le arrabbiature più vere e forti le aveva se qualcuno si permetteva di offendere sua moglie. Non erano reazioni violente, perché la violenza fisica o verbale non gli apparteneva (da lui non ho mai ricevuto uno schiaffo, pur avendone meritato a volte); ma metteva in chiaro il suo pensiero, disposto a difendere mia madre ad ogni costo. Nessuno la conosceva, stimava e amava quanto lui. C’erano a volte incomprensioni tra loro, come in ogni relazione umana, ma i loro litigi finivano subito e ritornava spontanea la complicità di una vita (si conoscevano da 82 anni, sposati da 67).

Da qualche mese la salute di mio padre era andata deteriorandosi. Non era più riuscito a rimettersi in piedi ed era spesso stanco, desideroso di rimanere a letto. Ultimamente le sue quasi uniche parole erano: “Dio mio, per favore”. Tuttavia, ogni volta che gli si chiedeva come stesse, rispondeva sempre: “Bene!!”. L’invocazione a Dio penso gli scaturisse dalla sua fede semplice, non bigotta. Da pensionati, sia lui che mamma, si sono potuti dedicare maggiormente a una pratica religiosa: messa quotidiana, rosario, lodi e vespri. Poi lui, mattiniero, recitava le sue preghiere del mattino, ad alta voce, in cucina, al piano di sotto. Non ha voluto mai appartenere a un gruppo; però aiutava mia madre in tutto ciò che si riferiva all’OFS, da preparato simpatizzante. Tutti i vicini poi ricordano la sua opera samaritana per portare in chiesa alcune anziane bisognose di accompagnamento, dopo aver lasciato mia madre, e a volte in condizioni di disagio per pioggia o neve.

Pertanto, abituato a un padre brillante e affabulatore, ho avuto difficoltà a riconciliarmi con le fragilità del suo stato presente. Aveva ormai smesso di leggere, forse perché faceva fatica a ricordare la trama di un racconto o di un articolo. Benché, avendolo spinto a farlo pochi giorni prima di morire, sono rimasto sorpreso dalla sua capacità di leggere correttamente e fluidamente, pur avendo difficoltà a coglierne senso e significato.

Avvisato il 25 settembre da mio fratello e mia sorella sulle sue condizioni peggiorate, il 26 mattina sono partito da Copertino alla volta di Monte. Il pomeriggio siamo stati tutti e tre nella stanza, accanto a lui ormai agonizzante, alternandoci nella compagnia a mamma, ignara della gravità della situazione. Dopo cena eravamo tutti attorno al suo letto. Io ero sulla sua sinistra; Lina gli teneva la destra. Ogni tanto alzava il braccio sinistro e io gli prendevo la mano, pensando che cercasse un contatto fisico in un momento tanto forte; ma appena gliela prendevo lui abbassava il braccio, per poi tornare ad alzarlo. Questo si è ripetuto finché siamo dovuti venir via, intorno alle 21.00; Lina insisteva per rimanere, ma non era consentito. A mezzanotte ci hanno chiamati per dire che era spirato. Secondo i nostri calcoli dovrebbe essere morto tra le 22.30 e le 23.00.

Il giorno dopo è stato un viavai di persone commosse, grate per la sua esistenza terrena. La loro presenza e le tantissime testimonianze di affetto e stima sono state un balsamo per il nostro dolore. Lina si rimproverava del fatto che papà fosse morto solo, senza la nostra presenza. Carmen, da buona venezuelana, mi ha fatto leggere il gesto di alzare il braccio da parte di papà in un modo molto latinoamericano, frutto di una fede semplice, che mi ha dato certa consolazione. Secondo lei, e ne condivido l’interpretazione, in quei momenti la stanza di mio padre si è riempita di spiriti di persone defunte a lui care, per cui non è morto solo, ma in grande compagnia, accompagnato e consolato da quelle anime buone. E poi certamente era presente Gesù con sua madre.

E allora mi piace pensare che ci fossero i suoi cari genitori: mia nonna Maria, donna volitiva e determinata, dolce e generosa; mio nonno Matteo, persona mite e di umore fine, come mio padre; i nonni materni Pasquale e Caterina, che lo hanno accolto in famiglia da adolescente, in qualità di apprendista sarto, quasi come un altro figlio; la sorella unica di papà, zia Libera Maria, morta giovanissima di setticemia, della quale egli non parlava, credo per non riaprire una ferita mai chiusa, lasciando orfano mio cugino Franco, “adottato” dai nonni e considerato come figlio da mio padre, con un affetto ricambiato; i due cognati Michele: quello di Roma, per lui un fratello amato e atteso durante i giorni delle vacanze a Monte per la leggerezza che gli trasmetteva con le sue iniziative e il suo umore, e zio Michelino, considerato un fratello minore, la cui morte ha fatto soffrire tanto lui e mamma; zia Enza, di due anni più piccola di mamma, e perciò da sempre nella sua geografia affettiva; e poi tanti amici e parenti con i quali si sono voluti molto bene. Insomma, quella stanza, la sera del 26 settembre, credo che fosse piena all’inverosimile di belle e buone presenze. Mio padre non è morto solo, decisamente.

Il giorno del funerale ho ringraziato tutti i presenti, e i tanti assenti, per il bene voluto a mio padre, certamente meritato. Papà ha da sempre desiderato essere seppellito nella tomba insieme a sua madre, e ha chiesto che la lapide fosse semplice, senza luce e portafiori, naturalmente per non arrecare il benché minimo fastidio a noi figli, come sempre si è premurato di fare. Queste indicazioni le abbiamo rispettate. Non siamo riusciti ad adempiere le altre due richieste: quella di non piangere, e quella di andare, dopo il funerale, a bere un caffè al bar; ma penso che ci avrà perdonati.

Lapide provvisoria

Oggi mi sarebbe piaciuto andare a fare una visita alla tomba di mio padre, ma non mi è stato possibile. Lina però c’era, a rappresentare me e Pasquale. Mi sono ricordato della frase che mio padre ripeteva spesso: “Venitemi a trovare ora che sono vivo, perché da morto non serve”. Noi figli abbiamo condiviso con i nostri genitori il tempo che gli impegni ci hanno permesso; Lina più di tutti per i mesi che trascorrevano da lei dopo la pensione, e finché hanno potuto viaggiare. È vero però che serve relativamente andare a trovarlo al cimitero – anche se non smetteremo mai di farlo ogni volta che ne avremo la possibilità – perché ora è lui che viene a trovare noi, anzi ci accompagna dovunque siamo. Tanto è vero che poco fa Lina, in visita a Monte, essendo andata alla casa di riposo a trovare mamma, non riusciamo ancora a capire quanto consapevole del fatto di papà, mi ha raccontato che avendola portata nella stanza delle visite, come si è soliti fare, lei le ha chiesto dove fosse mio padre e perché non portasse anche lui, visto che le era stato accanto tutto il pomeriggio. La cosa non ha spiegazioni logiche o razionali. Abbiamo concluso che in questo giorno particolare lui abbia voluto farle compagnia. D’altronde si sono così tanto amati, che neanche la morte riuscirà a separarli; sarà impossibile staccarli, finché non si ricongiungeranno ancora, per l’eternità.