Ciao zio. Ho pensato di scriverti, guardando le
tue foto su facebook, dopo aver ascoltato la bellissima canzone di Dalla che
Concetta ci ha regalato, accompagnata da quella strada senza fine, eterna, popolata
di stelle, da dove ci guardi adesso, da dove non si smette di guardare alla
Terra e a noi che ci viviamo. Stendere queste righe spero mi aiuti a elaborare
un lutto lacerante e completamente inaspettato; a salutarti da questo paese distante,
dove si sono versate lacrime non viste e condivise solo per telefono; a fare
memoria di te, che a me, a noi nipoti, a tutti, hai regalato sempre (insieme a
zia Graziella) affetto, accoglienza, nobiltà d’animo, ottimismo e sorrisi; a
dirti il bene che ti voglio, che ti vogliamo tutti, frutto del bene che hai
saputo seminare.
Come non sentire nostalgia della tua presenza
fisica, del saperti lì, malgrado le poche occasioni per incontrarci?!? Ora mi
piace immaginare che non ho bisogno di viaggiare per vederci. L’ultima volta
abbiamo parlato, passeggiando sul lungomare di Manfredonia, della mia
esperienza in Venezuela. Non è più necessario spiegarti, cercare di illustrare
i paesaggi naturali e del cuore, gli scenari sociali e politici. Sei venuto
incontro al mio mondo attuale e lo guardi da una prospettiva diversa, infinita
e vera. Mi sento “guardato” da te e dal tuo affetto di una vita. Sì, una vita,
la mia, popolata di tanta presenza tua. Mi è mancato lo scambio di impressioni
e ricordi con i parenti, momento catartico e di arricchimento interiore. I miei
sono iniziati presto, perché ho avuto la fortuna di vivere a Monte fino all’età
adulta. So anche che quello che scrivo è solo una piccola parte di ciò che si
potrebbe. Ho scelto solo delle immagini, significative per me, per ricordarti
come eri e cosa hai rappresentato per me, per noi. Quanti potrebbero scrivere
di te, tra parenti e amici, e si riempirebbero pagine...
Ti ricordo quando mi cercavi per andare a vedere
la televisione al circolo della “Kennedy” e poi mi riportavi a casa. Io che
impazzivo per quella scatola magica e cercavo ogni occasione per essere
spettatore di film e eventi. Con te, con i tuoi amici ho fatto il tifo per ogni
competizione sportiva. Ho appreso ad amare il calcio. Naturalmente eravate la
mia squadra nei tornei estivi che ci vedevano spettatori entusiasti. Inoltre,
aspettavo la domenica sera che tu rientrassi dai nonni per cambiare canale e
vedere con te, mentre cenavi, “La Domenica sportiva”, terminando mezzo
addormentado e portato in braccio da mio padre fino a casa. La tua Juve ha
vinto il campionato, già lo saprai da lassù, dove qualcuno in maglia bianconera
ti avrà dato la notizia, rallegrandosi insieme a te. Mi rendo conto che abbiamo
giocato poche partite insieme; ma mi contagiava il tuo entusiasmo giovanile per
questo splendido gioco, da te vissuto come divertimento puro, fino... all’altro
ieri, prima che il cuore decidesse di non seguire più la tua voglia. Credo che
tutti noi nipoti ci siamo stupiti nel conoscere la tua età. La tua vitalità
fisica e interiore ingannavano occhi e anagrafe. Ti eri ripromesso di
festeggiare i tuoi 70 anni nel campo di calcio. Suppongo senza nessuna
intenzione di appendere le scarpe al chiodo... Magari Dio ci concederà di
festeggiare quel giorno con una bella partita di pallone, in tuo onore, alla
tua presenza, orfani del tuo entusiasmo.
Ricordo i miei momenti al bar, quando sostituivi
nonno, mentre eri iscritto all’università di
Urbino come studente non residente. Il clima cambiava tu presente, per
la tua pazienza e allegria. Cresciuto ho appreso che fosti costretto a
rinunciare allo studio di Chimica, perché necessaria la frequenza, che
l’aiutare in famiglia non ti permetteva. Però, come penso ti sia capitato
spesso, di una avversità ne hai fatto una occasione: professore di lettere
venerato dai suoi alunni, amati da te. Ascoltavo con partecipazione le tue
prime esperienze a Germignaga. Luino, il lago, le montagne, i tuoi alunni mi
erano familiari. Descrivevi tutto come luoghi incantevoli, che non ho fretta di
conoscere, per non rompere la magia della immaginazione frutto dei tuoi
racconti. Mi ha commosso sapere che con zia Graziella avete ripercorso quei
luoghi che vi hanno visto giovanissimi iniziare la vostra splendida vita
matrimoniale. E a Manfredonia non è stato diverso. Quanti ragazzi ti hanno apprezzato
come insegnante e amico!! Passeggiare con te era prepararsi a salutare un numero
grande di conoscenti di tutte le età.
E poi il “tuo” libro, omaggio alla vita e alla tua
infanzia. Il tuo “piccolo mondo antico”, narrato con la nitidezza della memoria
e lo sguardo riconoscente dell’adulto. Un amarcord, fatto di fotogrammi color
seppia, con la infanzia negli occhi e nel cuore, condizione spirituale scevra
da ingenuità di facciata. Mi hai dato da leggere le bozze. Ti confesso oggi che
ho pianto. Hai saputo descrivere, fotografare situazioni, luoghi e persone di
un mondo che è stato anche il mio, e verso il quale ho lo stesso ricordo grato
tuo. Fotogrammi di un microcosmo svanito pochissimi anni dopo il mio passaggio
per l’infanzia e l’adolescenza, difficile da immaginare oggi, fatto di voglia
di vivere e fantasia, semplicità e condivisione. Valori che ti hanno
accompagnato sempre. Grazie per questo omaggio al paese e al nostro quartiere
di San Oronzo, particolare e nobile, a una memoria che hai reso storia con la
tua narrazione. Grazie per il tuo tentativo poetico di strappare il velo
dell’oblio e restituirci la nostalgia di cose belle da rivivere, o almeno non
disperdere, nella nostra attualità.
Infine, ultimo fotogramma, porto fortemente
impressa nel ricordo la splendida giornata passata con te, zia Graziella e
Flavia lo scorso ottobre. Abbiamo parlato, passeggiato, giocato con Flavia. Il
solito sguardo vivace e ottimista sulle cose e la vita. La complicità serena di
una vita con zia. Il tuo orgoglio di padre per il cammino umano e professionale
di Lino e Marino. La tua verve fanciulla con Flavia, alla quale mancherà il
protagonista principale di “zumb e zumbett”, e di tanti altri momenti vissuti con
la gioia serena e contagiosa del sorprendente dono di essere nonno.
Hai deciso di andartene il giorno del tuo quasi
onomastico: 8 maggio, data in cui si celebra la prima apparizione di San
Michele. Quante ore hai passato nella “colonna” del santuario, insieme ai tuoi,
per guadagnare quei pochi soldi che permettessero di sopravvivere. Voglio
immaginare la tua tomba come la grotta dell’Arcangelo, luogo familiare, pieno
di vita vissuta e ascoltata, dove ci si rifugia per ricevere conforto, o si
scende grati per celebrare circostanze ed esperienze. Avrai un tuo luogo nel
profondo del nostro cuore, dove sarà un piacere incontrarti ogni volta che se
ne ha voglia. Ci accompagnerai con la tua serenità, il tuo sorriso, l’ottimismo
progettuale e la voglia di andare avanti, vivendo la vita con la semplicità e
la gioia della quotidianità. Anche se ci sentiamo già, inevitabilmente, tutti
un po’ orfani...