mercoledì 20 agosto 2025

Cor ad cor loquitur

 

“Il cuore parla al cuore”. È il motto episcopale di San John Henry Newman, ed esprime l’idea che la comunicazione e la comprensione profonda tra le persone si raggiunge attraverso il cuore, più che con le parole o la ragione. Naturalmente, lo stesso vale – e forse anche di più – per quel che riguarda la comunicazione tra Dio e l’uomo. Dio si conosce più con il cuore che con la ragione.

Questa frase mi è venuta in mente quando, dopo aver saputo della mia nuova destinazione a Lanciano, al santuario del Miracolo eucaristico, qualcuno mi ha detto: “Passi dal cuore di San Giuseppe al cuore del Maestro”. Perché qui, tra il 730 e il 750 d.C., durante una celebrazione eucaristica, al momento della consacrazione, l’ostia si è trasformata in carne e il vino in sangue. Dalle analisi scientifiche fatte, risulta che la carne è parte del muscolo del cuore. Mentre il cuore di San Giuseppe, alla sua morte, fu trovato bruciacchiato, reliquia di un amore ardente per il suo Dio e per i suoi fratelli.

Insomma, passo da un cuore a un altro. La speranza è che il mio non rimanga freddo e indifferente difronte a tanto amore, quello di Cristo, e a così bella testimonianza, quella di San Giuseppe da Copertino. Nella Messa di saluti a Copertino ho detto che sento come se il Signore abbia voluto alzare l’asticella con me. Forse ne avevo bisogno.

Da una settimana mi trovo a Lanciano. Sono ancora un po’ accampato, con robe da sistemare in stanza. Ma si sa, sono lento in queste cose. Una lentezza che crea anche una certa confusione interiore e pratica, ma che mi permette di entrare poco alla volta nella nuova realtà, senza stacchi improvvisi. D'altronde, dopo otto preziosi anni a Copertino, un distacco graduale e nostalgico credo che ci possa stare. Qui sono stato accolto fondamentalmente bene dai frati e dai fedeli, e la nuova realtà non mi dispiace. So che il braccio provvidente e misericordioso del Signore non si è accorciato; spetta a me gioire ed arricchirmi di quello che ancora Lui vorrà generosamente donarmi.

Approfitto per ringraziare Copertino e i copertinesi, insieme ai frati con cui ho vissuto nel santuario di San Giuseppe, per gli anni belli di amicizia fraterna vissuta e condivisa. Dio vi benedica e custodisca.

martedì 8 luglio 2025

Cambio di comunità

I frati al capitolo provinciale

Ormai sono noti a tutti i cambi decisi durante la seconda parte del Capitolo provinciale e che avranno luogo nella comunità di Copertino a partire dal prossimo mese. In uscita: fra Donato, guardiano a Lucera, fra Matteo, guardiano a Lanciano; in entrata: fra Fabio, guardiano, fra Giovanni Iasi, fra Hermes Torres, fra Gianni Strafella. Come ogni cambio, anche questi sono accompagnati da sentimenti contrastanti, legati alla consapevolezza di ciò che si lascia e all’incognita di quanto ci aspetta: tristezza e speranza, perdita e sfida, conosciuto e novità…

Naturalmente, sarebbe da ingenui pensare che io non sapessi del progetto sulla mia persona, sul quale però, saggiamente, mi è stato chiesto di mantenere il segreto, visto che non è raro che le cose cambino in corso d’opera. Ma una cosa è saperlo e dare il proprio assenso, altro è vivere i momenti della preparazione del trasloco e del distacco. Sono i momenti più difficili. Una volta a Lanciano sono sicuro che mi proietterò nella nuova realtà e che sarà una esperienza arricchente. Nel mio caso poi, passo dal cuore di San Giuseppe da Copertino a quello del Maestro.

Vorrei condividere una curiosa coincidenza, o meglio, come si usa dire in termini cristiani con un neologismo, una “Dioincidenza”. La mattina del 30 giugno, giorno di inizio dell’assemblea capitolare, io e fra Donato abbiamo celebrato da soli in chiesa. Quel giorno il vangelo era quello di Matteo al capitolo 8, vv. 18-22: “Vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all'altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. Abbiamo commentato, sorridendo, che Gesù ci stava giocando un bello scherzo, con le esigenze e la radicalità della sequela, proprio adesso.

L’ultimo giorno del capitolo, venerdì 4 luglio, che vangelo ci è capitato nella liturgia?!? Mt 9, 9-13: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori»”. Mi sono sentito ancora una volta interpellato, e questa volta addirittura in prima persona, per via del nome dell’apostolo.

Due indizi non fanno forse una prova?!? Accolgo le indicazioni che mi sono venute dalla Parola e dal discernimento del Provinciale e dei suoi consiglieri. Non sarà facile lasciare Copertino dopo otto anni, benché non possa meravigliarmi o dirmi sorpreso di questo; devo anzi ringraziare Dio per un periodo giusto concessomi, accanto al cuore di San Giuseppe. So già che mi aspetta una fraternità bella e un lavoro pastorale ricco, accanto al cuore del Maestro. Grato a Dio per entrambe le esperienze, quella vissuta e quella che Lui ha preparato per me.

fra Matteo

I guardiani eletti, insieme al ministro provinciale

lunedì 17 febbraio 2025

66 anni

San Valentino 2024

Balorda nostalgia – Prendo in prestito il titolo della canzone vincitrice del festival di Sanremo, terminato ieri notte (15 febbraio 2025). Non ne conosco il testo, però il titolo fa al mio caso. È il primo compleanno da orfano di padre. Ne ho già parlato e non vorrei tediare i miei amici; tuttavia, non posso negare, forse pure per il numero di anni da me raggiunti, che questo e altri compleanni sono vissuti anche all’insegna della nostalgia, balorda o canaglia che sia, ma che sa essere spesso dolce e struggente. La orfanità, alla mia età, ti porta a guardare indietro, certamente con una pungente sensazione di assenza, ma anche, se richiama relazioni serene, con sentimenti di gratitudine; mentre suppongo che da ragazzi o giovani l’orfanità, in talune circostanze particolari, si accompagni a un senso di smarrimento, certo, ma anche a uno sguardo di speranza verso il futuro. Un bel regalo “nostalgico” me lo ha fatto Lina, mia sorella, inviandomi la foto dei miei il giorno di San Valentino dell’anno scorso: come sono cambiate le situazioni in così pochi mesi!!

Ho ripensato ai compleanni vissuti con mio padre e la famiglia al completo. Non sono stati tantissimi. Quelli fino ai 19 anni, quando sono andato via da casa. Fino a 18 anni il mio compleanno coincideva con la festa nazionale (e quindi niente scuola) per l’anniversario dei Patti Lateranensi. Non ricordo però festeggiamenti particolari con gli amici, così come si usa oggi; spesso solo un semplice e verbale scambio di auguri. Ricordo i miei 18 anni perché segnarono per la prima volta, per lo Stato italiano, il passaggio alla maggiore età dai 21 di prima, e quindi la possibilità di votare, come poi avvenne per il referendum sul divorzio. Inoltre, al mio paese, almeno prima, era quasi più importante l’onomastico del compleanno.

01/02/2025: 92 anni di mamma

Comunque, per le feste e gli anniversari, a casa non mancava mai il dolce. La nostra “pasticceria” distava pochi metri dalla “sala da pranzo” (il retrobottega del negozio). Puntualmente, dopo il pranzo, si percorrevano quei tre quattro metri per prendere una “Fiesta Ferrero” per ciascuno, e quello era il nostro dolce. I miei sono sempre stati golosi di quella merendina, forse perché richiamava loro momenti familiari sereni e belli. In verità, mia madre non aveva tempo per preparare torte, e forse non era nemmeno brava a farlo. Una zia, non ricordo chi, mi disse che il cucinare non rientrava tra le passioni di mamma, essendo stata incaricata da bambina non di aiutare in cucina, ma di badare ai piccoli di casa, diventandone quasi una seconda madre. Non so se fosse brava in cucina, ma di fatto sono cresciuto con i suoi odori e sapori; adoravo la pasta e fagioli con il sugo di seppia, o la pasta e ceci con il sugo di baccalà, il ragù domenicale, il pesce in bianco, le bietole con l’uovo, i carciofi ripieni, ecc. Sono contento quest’anno di aver potuto essere presente ai suoi 92 anni, il primo febbraio, ancor più del mio compleanno.

Torta per i 66 anni

66 anni: il gioco dei numeri – Fino allo scorso anno ho giocato con i numeri rovesciandoli  in modo speculare e cercando di fare memoria di quello specifico anno; ma ai 66 sono obbligato a fermarmi. Allora ho pensato a una riflessione sul numero “6”. Come mi ha fatto notare un sacerdote amico, scherzando sul valore dei numeri nella Bibbia, è bene fermarsi a due “6”; tre avrebbero un brutto significato (cf. 666 nel libro dell’Apocalisse: l’imperfezione umana con la sua ribellione a Dio). In generale il numero sei, nella simbologia biblica, rappresenta ciò che è imperfetto, creaturale, inferiore al sette, numero perfetto divino-sacrale, simbolo della totalità voluta da Dio.

Non capisco molto di psicologia evolutiva, ma mi viene da pensare che forse a sei e a sessanta anni  (i due numeri di 66) uno prende consapevolezza, in modo maggiore, della propria imperfezione e fragilità. Il bambino si scopre parte di un mondo che è più grande di lui e della sua comfort zone, con tanto di splendide aperture e nuove scoperte, ma anche con l’incognita di sfide da affrontare e relazioni nuove da intessere. L’uomo di 60 anni si ritrova ricco di relazioni e storie di vita, ma più fragile fisicamente e con molti meno anni davanti rispetto a quelli già vissuti, pur nella consapevolezza di dover affrontare altri tipi di sfide, si spera ora con la saggezza degli anni e l’accettazione serena delle proprie fragilità, da usare magari come punti di forza. E a 66?!? Mi auguro, nel presente anno e nei prossimi, che il vecchio e il bambino, così come cantava il buon Guccini, si tengano per mano e vadano insieme incontro alla sera.

Festival di Sanremo – Quest’anno la kermesse festivaliera è iniziata proprio il giorno del mio compleanno, con l’inedito videomessaggio del Papa sulla musica promotrice di pace ed unità tra i popoli e le persone. Tra le canzoni in gara, presentate tutte il primo giorno, la critica ha parlato bene di quella di Brunori Sas e di Simone Cristicchi, che sono andato ad ascoltare per curiosità (tanto so che tutte o quasi le passeranno poi nelle varie radio e trasmissioni televisive). Le due hanno testi belli e profondi, e infatti non hanno poi vinto. Ho guardato solo alcuni brevi momenti del festival. Al di fuori delle altre canzoni, che non conosco e non posso giudicare, mi sono piaciuti molto la breve, esilarante e acuta performance di Benigni, nonché, tra le co-conduttrici, Cucciari, per la sua fulminea verve ironica, e Balti, per la sua bellezza fisica e umana e il suo sorriso sincero, pieno di gioia e voglia di vivere, nonostante la sua lotta contro un tumore.